Alla scoperta di Carolina Damiani attrice, insegnante, volontaria del sorriso
L’incontro con Carolina Damiani giovane e talentuosa attrice emergente di origine cavese doc era già stabilito; l’occasione era stata offerta dalla sua partecipazione al film “Volevo solo vivere – treno 8017 ultima fermata”, in cui si parla della tragedia di quel treno diretto a Potenza che, il 3 marzo del 1944, rimase intrappolati in una galleria, causando la morte di quasi tutti i suoi passeggeri, soffocati dalle esalazione di carbone della locomotiva.
Carolina non era semplicemente nel cast, ma è anche nipote diretta di una delle vittime di quella tragedia. La strana combinazione che ha voluto che fosse chiamata a partecipare alla rievocazione, è uno dei tanti “segni” che hanno accompagnato la sua vita.
Eppure alla sera della prima, all’Orizzonte di Passiano, il 27 marzo scorso l’emozione era troppo forte e dai suoi occhi lucidi mi sono allontanata per rispetto, ma quando poi ci incontriamo diversi giorni dopo, davanti a un caffè, mi colpisce sempre allo stesso modo: da lei scaturisce una dolcezza e una sensibilità che la rendono quasi fragile, ma parlarle in qualche modo conferma sì la profondità della persona, ma aggiunge una forza e una coerenza nelle idee che me la fanno apprezzare ancora di più.
Riprendiamo dal film o meglio dalla realtà.
Come ti sei sentita a dover essere professionista in una storia che ti ha accompagnata da sempre e che sai che ha condizionato la vita dei tuoi cari?
All’inizio quasi non ci credevo alla straordinaria combinazione che mi si era presentata, ma poi, quando mi sono ritrovata a girare le scene del film, mi sono resa conto di dover essere solo l’attrice, distaccarmi dall’emozione personale, altrimenti non avrei retto.
E quell’emozione era presente ancora tra di noi, perché la storia che molti hanno voluto cancellare in maniera frettolosa, è rimasta indelebile nella vita di chi è rimasto a casa, di chi ha aspettato tempi lunghissimi di capire il perché di tanto silenzio. Ma poi si apre la porta del privato e la penna tace…
Nasce però la curiosità di sapere come è iniziata questa carriera di attrice e lì si scopre quella determinazione che serve a chi vuole coronare un sogno iniziato a soli 13 anni, quando comincia a frequentare corsi di recitazione, fino alla laurea “per mamma e papà” in Lettere con indirizzo “Arte e spettacolo”, con la tesi di laurea su Achille Campanile. A quel punto la decisione di andare a Roma per studiare, capire quale doveva essere la strada da percorrere. Anni di studio, di sacrifici che si concretizzano nella vincita di una borsa di studio presso la scuola di Silvia D’Amico, l’unica Accademia ufficiale di Arte Drammatica in Italia, una delle più prestigiose, quella che può essere considerata un’Università per lo Spettacolo.
Un anno che le permette di capire ancora di più che quella è la sua strada, anche se il carattere sempre molto restìo ad apparire, a frequentare gli ambienti “giusti”, forse non fanno scoccare la scintilla della notorietà al grande pubblico.
Ma il talento è indubbio. Alla fine dell’anno di studio, vince un altro concorso per entrare a far parte del cast di una rappresentazione sulla figura di Luisa Sanfelice che si sarebbe svolto nel castello di Agropoli. È un modo per tornare a casa, anche perché poi all’interno delle prove, a lei viene affidato proprio il ruolo di protagonista: Luisa Sanfelice è Carolina Damiani. È un ulteriore conferma che chi la vede lavorare non può fare a meno di scoprire il suo innato talento, la sua dedizione al lavoro, il suo sapersi rivestire completamente dei personaggi che le vengono affidati e ai quali regala un nuovo tocco di vita.
Ma il talento di Carolina non è solo scoperto da registi e colleghi di lavoro, lei ha altre passioni: i bambini. Questo la porta a dedicarsi a loro attraverso due strade.
La prima è una scuola di recitazione per ragazzi che nasce a Cava dieci ani fa, HoMe e l’altra è il volontariato. Anche questo però fatto in maniera professionale, studiando come Arte terapista, che le permette di essere vicina ai bambini del reparto oncologico di Nocera Inferiore.
All’inizio è stata supportata dalla presenza dell’AIL, ma poi, come per tante le cose che servono a chi ha realmente bisogno, mancano i fondi. Sono dunque i medici ad organizzarsi in un’associazione, l’OASI, dove Carolina è una figura determinante. È proprio lei che loro vogliono perché permette ai bambini di affrontare le giornate in ospedale, le cure e gli esami anche invasivi con un sorriso che nessun altro potrebbe regalare.
Credo che questo sia il successo più grande per una persona come Carolina. Quello è il ruolo da protagonista che si è saputa creare e meritare non con la capacità di recitare, ma con la consapevolezza della donna meravigliosa che è. I suoi occhi brillano mentre mi parla della gioia che le regalano quei bambini che possono vedere solo lei mentre i dottori “lavorano” sui loro corpi, che dimenticano dolore e solitudine perché lei è lì, senza lasciarli mai.
La sua sensibilità però non le fa dimenticare che ci sono tante altre persone che hanno bisogno di aiuto e sostegno, per cui ha anche seguito un Master per il Teatro Sociale, per potersi rivolgere con competenza non solo agli ospedali, ma anche ai centri di recupero e alle carceri.
Ma i ragazzi sono il futuro ed è questo il motivo per cui lei li ha scelti. Il teatro serve a superare molte insicurezze, serve a farti conoscere altre vite, allarga il modo di vedere e scoprire il mondo; tante cose fa il teatro e lei vuole trasmettere questo amore ai giovani, anche se alcune considerazioni che ci facciamo, confermano che molte cose sono cambiate negli anni e molta capacità di relazione si è persa. Tanti ragazzi vivono la vita in maniera troppo superficiale, in cui si possono usare frasi tanto “che fa? poi si dimenticano”, come se le parole non avessero peso e importanza! Ma arriviamo a cose più attuali.
Da tempo hai aperto un sodalizio fecondo con il regista-atttore salernitano Antonello De Rosa: come vi siete incontrati?
Anche questo “un caso”. Amicizie comuni, prove e proposte e poi la realizzazione di due spettacoli, “Le Troiane” e poi l’ultimo “Sola come un cane”, tenuto proprio a Cava, davanti ad amici e parenti.
Non solo! Ricordo, la sala gremita, la capacità di riempire uno spazio grande quanto la sala intera e uno spettacolo portato avanti come unica protagonista. Quanto tempo richiede la preparazione di un lavoro del genere?
Più del tempo che avevamo a disposizione. In poco più di una settimana abbiamo fatto tutto, con Antonello che mi ha lasciata libera di esprimermi e accettando indirizzi e valutazioni fatte durante le prove.
Rispetto l’uno dell’altra. Antonello è persona dotata di grande sensibilità, quanto pensi che conti avere il giusto feeling con i colleghi di lavoro?
Fondamentale. Se non riesci ad appropriarti dei personaggi a cui dar voce, non nasce la magia che il teatro invece deve regalare.
Hai qualche rimpianto nella tua carriera?
Forse il non avere avuto la grinta giusta per essere più incisiva, di imporre la mia presenza. Ma è una cosa che non fa parte del mio carattere e quindi non è un rimpianto, solo una considerazione.
E i sogni per il futuro?
Continuare a recitare, a insegnare, a dedicarmi ai bambini. Non ho mai pensato di fare nient’altro nella vita che non fosse legato al teatro. Per me è tutto, è parte della mia quotidianità. I copioni mi accompagnano anche nelle giornate a casa, quando dovrei essere da sola, mentre scopro che odori e ricordi mi raccontano di persone che sono ancora vicine a me anche senza esserci più fisicamente dandomi la certezza che sto facendo la cosa giusta.
In un momento di fermento politico per la nostra città, cosa chiederesti al futuro sindaco?
Un teatro sicuramente, ma in generale possibilità di sviluppare cultura. Non mi appoggio ad una forza politica specifica, non ci sono cose che si devono fare perché vengono concesse da uno schieramento o da un altro: ci sono cose che vanno fatte per il bene della città, per la crescita morale e culturale di una popolazione che deve trovare dentro di sé il modo di migliorarsi, per poter essere un nuovo esempio per le generazioni future.
Quando ci lasciamo sono convinta di aver avuto un bell’incontro. Sono le persone come Carolina che danno la forza per poter fare ancora dei progetti, di poter realizzare ancora dei sogni.
Lei ha voglia di essere se stessa, di difendere i suoi desideri ma questo non la fa scendere a compromessi. E in un mondo dove ci si “vende” per molto poco, per molto meno, è bello trovare questa sensibilità, questa forza, queste emozioni, tutte concentrate in una donna piccola ma grande allo stesso tempo, che pensa di rimanere in disparte, ma dovunque passa, lascia un segno indelebile, armata della sua “gioia anarchica”, che sembra solo una parola, ma è molto, molto di più.
- “Tu mi fai piangere”
- Compagnia del Futuro – Scarrafunera di Cristian Izzo