Una vita a foglietti

I lager della mente

lagerQuando usiamo o ascoltiamo questa parola, le prime immagini che nascono sono i campi della morte, spazi circoscritti entro i quali l’uomo ha saputo dare sfogo alla sua ignobile indole violenta. Disumana soprattutto.

Ma per noi è rimasta appunto l’idea che il peggio fosse avvenuto entro quei recinti, dietro quei fili spinati, dentro le baracche luride, tra le mura dei forni che cancellavano persone come se fossero state mosche.

E ne abbiamo avuto orrore, condannando quelli che avevano immaginato di poter fare ciò che hanno fatto.

Ovviamente non sono state quelle le uniche piaghe della nostra storia, talmente tante da non poterle né citare, forse ricordare e purtroppo prevedere, perché il cammino per noi è in discesa.

Ma poco fa mi soffermavo su quelle piccole, grandi tragedie che accadono nel nostro quotidiano, quelle che non spargono sangue, quelle di cui molti non si accorgono, ma che sono il concime per ciò che poi l’uomo diventa.

Non voglio parlare di ciò che è il particolare, non lo merita. Io analizzo i contorni, quelle responsabilità di noi adulti che non riusciamo ad immaginare la possibilità di poter chiedere scusa.

Ma esiste ancora questa parola nel nostro vocabolario?

È ancora un verbo che si può coniugare?

A me piacerebbe chiedere scusa. Se avessi fatto del male a qualcuno, mi piacerebbe che me lo si facesse notare perché questo mi darebbe una possibilità, mi permetterebbe di capire che i miei comportamenti hanno in qualche modo offeso la sensibilità di altri. E così facendo, non solo rimedierei all’offesa, ma avrei un’occasione in più per crescere, per migliorare.

Eppure non vedo mai questi atteggiamenti. Di fronte a dei muri, si è capaci solo di alzare altri muri. Ed è dietro queste barriere invisibili e ormai quasi indistruttibili che noi stiamo rinchiudendo la nostra vita. Come un vecchio, fetido, inavvertibile campo di concentramento, dove siamo aguzzini di noi stessi.

E noi genitori, educatori, datori di lavoro, ogni persona che ha un ruolo di responsabilità, siamo colpevoli. E alla fine siamo colpevoli tutti. Ogni nostra azione ha uno spettatore, attivo o meno nella disputa c’è qualcuno che guarda ciò che si fa. E questo ci rende tutti educatori. Ogni stile di vita diventa esempio per chi ci guarda.

Per questo non può esistere la superficialità

Per questo non si può essere egoisti

Per questo non si può essere falsi.

Sincerità. Nessuno è perfetto. Nessuno. In ogni situazione ci sono due punti di vista ma l’opportunità è da cogliere, quando si offre una mano per capire, per chiarirsi.

Dovremo analizzare attentamente le nostre vite, i nostri ruoli, le nostre azioni. Usando la gentilezza, l’intelligenza, l’umiltà, il confronto.

Quando di queste qualità ne abbiamo poche o forse nessuna, dovremmo imparare quell’altro dono: quello del silenzio.

Perché le bugie, non ve lo dimenticate mai, non solo hanno le gambe corte, ma procurano danno.

Le bugie fanno male, a chi le riceve e anche a chi le dice, perché col tempo, i bugiardi, saranno sempre più circondati da esseri simili a loro: quelli che avranno le chiavi per rinchiuderli dentro il prossimo forno crematorio.

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