Il terrazzo sul mare
Di questo terrazzo ho sentito parlare anni fa. È stata la prima cosa che mi hanno raccontato di una casa che stava diventando “la casa”. Sono passati anni da allora e solo oggi ci sono arrivata. Una frase l’aveva sempre accompagnato “Hai voglia a scriv’”, perché con Antonello e Pasquale ho sempre da raccontare qualcosa. E in effetti…
Mai una casa mi aveva dato quelle sensazioni, in verità mai avevo “sentito” una casa così.
Quando entri ci sono braccia che ti accolgono davanti alla porta e ti portano in giro. Tu non te ne accorgi, credi di decidere di avviarti verso una direzione, credi di voler cercare “il terrazzo” e vai proprio lì, ma una scia di oggetti “grandi” ti seguono, ti guardano.
Ci arrivo e ci resto sul terrazzo, faccio una bella chiacchiera con Teresa, conosco sua figlia e guardo un mare che è coperto da un cielo grigio e pesante e lo rende scuro, piatto e lucido, ma sempre affascinante immenso e ispiratore. Aria calda, buona compagnia e un’attesa, qualcosa di sospeso sembra che stia aspettando per compiersi.
Antonello arriva con il solito sorriso radioso, sincero, caldo e indagatore: “Ma non la vuoi vedere la casa?”.
Non voglio vederla? In verità penso che sia lei a guardare me. Ci sono volti ovunque: sul bordo del terrazzo, a terra, sui mobili. Ospitano piante, candele o, semplicemente vuote, aspettano che tu posi su di loro il tuo sguardo e ci lasci qualcosa.
Il mio Cicerone mi fa strada. Non so spiegare la sensazione contrastante di uno spazio relativamente piccolo, ma infinitamente espanso. In questa casa non c’è un posto libero. Non è possibile esprimere un parere di bellezza. Non si può perché quello che arreda questa casa non sono “gli oggetti”, ma sono anni di vita. E la vita non la giudichi: la guardi, la senti.
La scrivania dove studia, la libreria alle sue spalle, la cristalliera antica che raccoglie una miriade di pastori colorati e silenziosamente in attesa di un Natale che li vedrà di nuovo protagonisti. E la loro storia raccontata come se fosse un piccolo dettaglio, ma gli anni che ti formano non sono mai un dettaglio. L’amore e la passione per la carta, per la “messa in scena”: piccoli segnali di quello che sarebbe stato. Prime testimonianze di voci e presenze che da sempre esistono nei suoi spettacoli e che proprio da sabato scorso mi inseguono, come chi gioca a nascondino e sa che sta per essere scoperto.
E libri, e raccolte, e Cristo e la Chiesa e la Bibbia sparpagliati ovunque, con ordine e precisione, con distacco e rispetto, con reverenza e indipendenza.
La stanza da letto e anche qui tutto completo, tutto presente. Il grande busto alle spalle del letto e cornici vuote che circondano quadri, il pezzo ottomano, le farfalle di Carotenuto… e la vista sul mare.
Tutto casuale, tutto minuziosamente voluto e scelto.
In questo giro di perlustrazione scopro una fetta del rapporto tra Antonello e Pasquale. Qui dentro c’è la vita di Antonello, la sua arte, il suo passato, le sue passioni, il futuro che verrà. E c’è il grande amore di Pasquale. Lui non c’è in tutti questi oggetti, eppure senti che per ognuno di loro c’è il suo sguardo attento, la sua protezione, il suo voler difendere quella vita e tutti i tesori che si è portato dietro.
Poi ci sarà ancora la cucina, il bagno con tanto di corona che troneggia sulla porta e la Madonna che saluta all’ingresso; ma anche la veranda e le piante e il quadro di due Santi che si godono un paesaggio unico. Ma non ce la faccio a conservare tutto. So che a voler mettere fretta perderei dettagli che meritano di essere scoperti.
Avevo visto foto di cene e incontri fatti in questa casa, ma mai, assolutamente mai, avrei sospettato di trovarci ciò che ho visto.
Le case raccontano molto di noi. Quello che ho trovato qui è stata mostra di una vita. Dalla nostra chiacchierata ho ricevuto risposte per quella curiosità che era salita forte durante lo spettacolo di “Ferdinando”: “perché la necessità di avere tante anime, perché il pensiero di uno si esprime con le voci di tanti?”
Penso che siano troppe le vite che si sono aperte davanti ad Antonello. La sua storia lo ha obbligato ad ascoltare vedere e ingoiare tante altre vite, tante altre sofferenze a parte le sue. E lui, che generosamente le ha raccolte tutte, gli ha ridato dignità nel lavoro che svolge ogni giorno.
Quando tira fuori i macigni che i suoi ragazzi si portano dentro, forse gli sembra di tagliare il pezzo di una delle tante catene che ha visto chiudersi su quelle altre storie, su quelle altre giovani voci.
È ora di andare. Lascio il mare il terrazzo i quadri e i volti e so che non ci lasceremo più. Ora che li ho conosciuti, ora che mi hanno raccontato un piccolo pezzo del loro significato, so che è nato qualcosa che è destinato a crescere.
Ci sono incontri che nascono per caso, ma voi sapete bene che io non credo al caso!
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