Incontri e rivelazioni
Anche questo scritto raccoglie due pezzi. La distanza tra di loro è di più di dieci anni. Ma sapete che il tempo non conta. E’ solo una nostra costruzione, per certe cose un decennio è un attimo
Rossano 7/8/2002
Il rumore della chiave che gira. E’ Salvatore che si è alzato. Lo sento girare fuori. Va in bagno, lo sento con i suoi sandali aperti. Qui finirà questa notte. Un notte che ho cercato di allungare quanto più ho potuto. Più che la notte il sogno. Perché quello di stanotte mi è sembrato proprio vero.
Una presentazione. E lui l’ho sentito. Il suo affetto, la bocca fresca, il mio riconoscerlo. E ogni volta che aprivo gli occhi, li richiudevo per paura di perderlo, di dimenticarlo.
Sento di ricordare benissimo, poi vedo sparire le immagini ma non il sentimento, l’emozione provata nel guardarlo. Ho sentito che era una persona per me particolare. Abbiamo bevuto un caffè e al secondo incontro mi ha semplicemente detto “Vieni via con me”. Non conosco il suo nome, né lui il mio. Mi ha baciata dolcemente sulle labbra. Erano fresche forti grandi sincere. Dentro di me ho gridato “Sì”. Ma poi il pensiero della realtà mi ha zittita. Sorridevo, forse come una deficiente, ma in quel sorriso c’era tutta la gioia, la gratitudine per quell’incontro. Perché la vita può regalarti qualcosa anche in sogno. Nella speranza di un incontro che forse avverrà o nella consapevolezza che un tempo, in un’altra vita, abbiamo vissuto un amore così.
E c’è il risveglio, perché quella realtà tenuta così lontana è arrivata lì, vicinissima a te, ti salta addosso, cerca le tue braccia, si rannicchia contro di te, vuole un rifugio, una certezza.
E stranamente stamattina non pronuncia le solite parole “Ho fame”. Come se in questo momento di grande sentimento che mi avvolge, questa concretezza fosse davvero inopportuna.
Ma cambia poco. Ha il muso, è triste, forse ha fatto un brutto sogno e scappa via. A quel punto ti alzi perché di fronte alla bellezza della tua incoscienza, si oppone la tristezza di un esserino che è tuo figlio. Quella parte di te che hai voluto mettere qui, nel mondo, che ti ha dato gioie, ti ha fatto arrabbiare, ma che ti adora e che tu adori. E così decidi. Decidi di abbandonare il rifugio dove speravi di potere avere un nuovo appuntamento con quel Sogno, dove potevi ricordare tutto perché lì era Realtà. Hai deciso. La tua realtà è chiedere perché lui è triste, preparargli il latte, trovare il modo di allontanare quelle rughe dalla fronte. E nel frattempo prendere a calci quelle immagini che tornano, prepotenti. Le vedi lì, davanti a te, ti chiedono di non dimenticarle, come se poi, vivendole davvero, potessi non riconoscerle.
Una, due ore? Un attimo, una vita. Quanto vale il tempo? Lo misuro con i pensieri che mi nascono nella testa. Il ricordo sembra già sbiadito, ma resta la certezza di qualcosa che è successo, anche senza succedere. Un sogno può rivelarti che esiste l’Amore a prima vista, quello per cui vale la pena di lasciare tutto e abbandonarsi. Viverlo senza contare i giorni, senza sapere se avrai un domani, non vivere nel passato, ma solo la gioia di ogni momento che ti fa sentire viva e grata per esserlo.
E così, alla ricerca di questo amore, perdere ogni paura. Perchè qualunque cosa accada, in qualunque posto del mondo ci porti la vita, potrebbe essere quello giusto per incontrare lui. E allora vivi anche così, nell’attesa, per essere quello che devi, per poter essere in grado di riconoscerlo, sentirlo.
E’ questo il senso della vita? Potrebbe, e non sarebbe male!
Cava 21/5/2012
Ci sono episodi forti, cattivi che segnano la tua vita. Da quei momenti arriva inizialmente solo dolore. La certezza di non poter condividere, la solitudine che scava fossati profondissimi.
Ma vivi, comunque. E poi un giorno scopri che da quella sofferenza hai vissuto proprio la tua vita. Per arrivare ad una certezza. AMORE. E’ l’unica cosa che davvero ha un senso. Lo dico da tanto, è quello che ricerco e che noto prima di tutto nelle persone, nei libri, nella natura, in tutto ciò che mi arriva vicino. Ma ieri ho capito anche di che amore si tratta.
L’ho scoperto, direi “per caso”, se credessi che esista un caso, ma non è così. Esiste un percorso, una strada su cui viaggiare in un certo modo. L’imbocchi e non sai dove porta, non conosci i pericoli e le gioie, ma sai che non puoi fermarti. E poi, in una domenica, in un banco di chiesa, un prete che non sa di te, della tua vita e della tua storia, pronuncia delle parole che ti spiegano un po’ tutto quello che stavi cercando. A partire da quel sogno di dieci anni fa circa. Come si fa a ricordare un sogno per così tanto tempo? O meglio, come si può ricordare quella sensazione di gioia assoluta che ho provato quella notte? Eppure è così, mi viene da ridere in modo assurdo, ma non posso in chiesa. Eppure sono Felice. Sì, la felicità è questa. Avere la mente sgombra da dubbi, il cuore ricolmo di gratitudine. Non mi chiedo più nemmeno perché proprio io ho avuto questa gioia, me la prendo e basta. So che domani arriveranno altri dubbi, perché, come quando parlavo di Libertà, la conoscenza porta anche delle scelte che noi umani non sempre sappiamo mantenere tutti i giorni per tutta la vita, ma alcune certezze sono una conquista che vale la pena di conservare e andarne fieri.
- Un cappello pieno di ciliege
- Riflessioni vecchie e nuove