La domenica degli scribi
Gli scribi sono (erano) personaggi importanti. Di quelli da prendere a esempio, quelli da cui dipendeva l’interpretazione degli antichi testi, quelli che conoscevano le regole e le leggi e le facevano rispettare.
Per cui andavano in giro con le belle vesti, facevano vedere a tutti quanto fossero lunghe le proprie preghiere, insomma, nessuno poteva dire di non vedere la loro fede. Il problema era forse che quella fede non si sentisse.
Millenni e siamo ancora qui a guardare scribi. Scribi con altri nomi, con altre mansioni, scribi moltiplicati, ma che nell’essenza non hanno cambiato una virgola dell’atteggiamento falso e vuoto dei loro predecessori.
Apparire senza essere. Mostrare senza donare. Fare senza poter insegnare.
Nella domenica degli scribi, l’immagine più bella che resta, è il dono della vedova che lascia il suo unico soldo. Gesto che la rende magnifica. Se dai tutto, anche se così poco, il valore di ciò che hai saputo lasciare, si moltiplica all’infinito. Mi è stato spiegato che la vedova, in quei tempi, non era la condizione migliore in cui potesse ritrovarsi una donna. A loro, come agli orfani, non era riconosciuto alcun diritto. Se aveva la sfortuna di perdere il marito, lei, come la sua casa e i suoi averi, potevano essere comprati. Come oggetti al mercato. Ed era quello che normalmente facevano appunto gli scribi. Quelli che conoscevano le leggi e le applicavano.
Noi non possiamo certo condividere questa assoluta mancanza di considerazione per persone deboli e in difficoltà e di sicuro ce ne scandalizziamo. Ma come mai riusciamo a rimanere così indifferenti o peggio, ad avere come esempi di vita, la falsità e la pochezza d’animo di quegli scribi antichi, ma terribilmente attuali?
Qual è la nostra ricerca? Dove abbiamo posto la nostra meta?
Queste forse sarebbero le domande da porci. E la cosa assolutamente assai gradita, sarebbe una risposta. Di quelle sincere. Di quelle che non dobbiamo dare al mondo, perché quelle sono di convenienza, di apparenza, rientrano nel circolo dell’apparire e non dell’essenza.
No. Io per risposta intendo quelle silenziose che gli altri non dovranno mai ascoltare, dovranno solo scoprirle nel nostro fare. Quello vero.
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