Una vita a foglietti

“La pizza incontra il mare”, da Lamberti food un’esperienza di “gusto”.

Non so se è stato più complicato, emotivamente, ritornare in una sala di esperti dell’arte culinaria, o ritrovarsi dopo, a casa, a fare i conti con la propria cucina!

L’evento in questione, “La pizza incontra il mare”, si è tenuto presso l’azienda Lamberti food di Cava de’ Tirreni e, come ospiti d’eccezione, erano presenti lo chef stellato Pasquale Palamaro del ristorante Indaco di Ischia e Tiziano De Filippis, direttore della scuola italiana pizzaioli.

Avrei diversi punti di vista da cui trovare spunto per questo mio racconto che, come sa bene Michele Lanzetta di MTN che mi ha invitata, e il padrone di casa Vincenzo Lamberti, non ha radici nell’arte della cucina, nei dettagli tecnici, nella ricerca del giusto termine per definire un piatto o un condimento; sono piuttosto una che cerca e che “racconta storie”, il termine che ho utilizzato per presentarmi a fine manifestazione per salutare e ringraziare i due protagonisti, che mi hanno dato l’opportunità, in queste poche, ma intense ore insieme, di “sentirne” diverse.

Quando sono arrivata, sono rimasta sorpresa dell’ambiente accogliente che è stato creato all’interno dell’azienda Lamberti; una sala degustazione, forni, cucina… Le prime impressioni si concentrano su quanto un mondo possa essere così nascosto a chi passa velocemente lungo questa zona industriale, senza sospettare la ricchezza, l’avventura la definirei, che questa azienda ha voluto intraprendere ormai da anni.

E poi ci sono gli ospiti, le presentazioni con i convitati, le piacevoli conversazioni che aprono scenari su un mondo che ama le etichette e i ruoli, ma che a me regala l’opportunità di non rappresentare nessuno oltre me: piccoli piaceri della vita, niente a che vedere con quelli che mi avrebbero poi offerto i protagonisti dalla cucina.

Per chi conosce il mondo Lamberti food, non ha difficoltà a fare un abbinamento con le classiche farine, ma oggi non c’è niente di classico in ciò che viene presentato. La Marentìa, acqua di mare che arriva dalla Sardegna rappresentata da Leopoldo Casti; Stefano Pistollato, Direttore Commerciale dell’azienda 5 Stagioni che fornisce le particolari farine MIA (macinazione integrata autentica), che De Filippis trasformerà e ci spiegherà; i prodotti Marificio, il mare trattato con l’amore dei pescatori e la dovizia di un Maestro del calibro di Palamara.

Non avevo mai pensato ad un impasto fatto con acqua di mare, ma quanto viene raccontato stuzzica tutta la mia curiosità perché ci sono tanti modi di approcciarsi ai numerosi lavori, eppure solo alcuni riescono a farla diventare vera Arte.

Un po’ come le presenze in sala: c’è chi ha da guardare anche aspetti tecnici, foto particolari, inquadrature, interviste, e purtroppo subisce una sorta di distrazione dai tanti dettagli che si colgono dagli interventi di Tiziano e Pasquale.

Si parte dal sale, da quest’acqua già così ricca non di cloruro di sodio, che è quello che di solito ingeriamo, ma di tante delle caratteristiche naturali che contiene proprio un tesoro come l’acqua marina. Una scelta, quella della Marentìa, che ha guardato alle vecchie abitudini, all’uso che da sempre i pescatori hanno fatto dell’acqua di mare, ma trattandola con macchinari all’avanguardia brevettati che ne garantiscono l’uso alimentare.

Da qui la possibilità di ottenere degli impasti dove non sarà necessario un’aggiunta di sapidità, per ovvi motivi e creare un aroma assolutamente unico nel risultato finale.

L’appuntamento però è di quelli veramente seri e per un’acqua così unica, non potevano mancare i rappresentanti dell’AIBES, nella persona del presidente Luigi Gargiulo, accompagnato da Alfonso Lazazzera, Luigi Sgaglione e Gianni Anselmo che, come barman di eccellenza, hanno valorizzato questo prodotto particolare, creando dei cocktail che hanno stimolato non solo il palato, ma anche la vista.

Intanto Tiziano continua ad armeggiare vicino ai suoi forni, mentre Pasquale apre contenitori che contengono le sue particolari creazioni, come scopriremo col tempo.

La prima pizza, del tipo “in padella”, merita una lunga storia, che ci porta indietro negli anni, alla tradizione napoletana che si è sviluppata quando il lavoro mancava, con i tanti pizzaioli che hanno esportato questo prodotto oramai conosciuto in ogni angolo del mondo. Ma allo stesso tempo, proprio la difficoltà della lavorazione manuale ha dato ad altri, che non erano altrettanto capaci, la scorciatoia del panetto semplicemente schiacciato in padella, nel tegame, dando così vita ad una sorella parallela e che noi abbiamo ritrovato nel piatto; una meraviglia dalla crosta tutta croccante e all’interno una pasta morbida e alta, condita da un leggero broccolo con alici marinate. Che meraviglia!

Perché queste storie, così amorevolmente narrate, si sono davvero materializzate davanti a noi, abbiamo potuto assaporarne il cammino, la passione, la cura che le ha accompagnate negli anni.

E non solo gli impasti, ma il condimento; Pasquale ci ha messo del suo su quegli impasti. Le alici marinate, così come tutti gli altri condimenti che troveremo sulle successive pizze, nascono dalla sua di tradizione, pure lei legata al mare, stavolta quello di Ischia, e l’infanzia, i sapori che l’hanno accompagnata e le abitudini che si è rischiato di perdere.

La risposta è dunque nella linea Marificio, un marchio che raccoglie e racconta le eccellenze del pescato, lavorato e conservato per chi vuole gustare anche a casa i salumi di mare.

Coccolati da queste bontà, ascoltiamo gli interventi di alcuni degli ospiti, che danno le proprie impressioni su quanto stanno assaporando, e con le varie sfumature che il mondo della ristorazione oggi propone.

Vincenzo Lamberti, come padrone di casa e conduttore dell’evento, lancia numerosi assist agli ospiti e ai suoi preziosi maestri di cucina, come l’importanza del gluten free che, secondo lui, non deve più essere considerato come un’offerta a parte, che divide quasi il commensale celiaco dagli altri. E come fanno sempre le persone di lunga veduta, ad un appunto fa anche seguire una proposta: un “menù del benessere”, dove trovare tutta l’attenzione per chiunque abbia delle reali problematiche, dal lattosio al glutine, piuttosto che a intolleranze più leggere, ma che non ha voglia di sentirsi servito “a parte”.

Intanto noi siamo stati già deliziati da altre pizze, di cui Tiziano continua a spiegarci la particolarità degli impasti, delle lunghe o brevi lievitazioni, al significato della “sete” dopo una pizza probabilmente poco lievitata e tante piccole cose che fanno diventare interessanti tutti i suoi racconti.

Così assaggiamo la pizza condita con scarola riccia, finocchio di mare, fior di latte, pesto di limone, noci e Lonza di Morone, talmente buona, talmente insaporita da quest’ultimo ingrediente, che ce ne concede un assaggio a parte che non fa altro che esaltare la meraviglia non solo di questo pesce così prezioso, ma della sua lavorazione e conservazione.

Negli altri due assaggi ci viene proposta la pizza con Zucchine, cacio e bresaola di tonno e la Diavola di mare, con la Nduja di spigola, paprica piccante, origano, salamella dolcemare…

Siete abbastanza curiosi voi che leggete? Spero di sì.

Spero che vi sia arrivata la stupenda sensazione di sapori particolari, curati, assolutamente ben abbinati. E il tutto su un impasto di pizza fatto “per non avere il predominio sul condimento”, come spesso ha detto Tiziano, non volendo assumere un ruolo da protagonista, in un contesto che non lo richiedeva, ma che glielo ha concesso a prescindere.

Perché ci sono cose che possono essere raccontate da tutti, ma non a tutti è concesso di catturare l’attenzione di una sala che ad un certo punto ha rischiato di essere distratta dai discorsi  ad alta voce di un singolo tavolo, mentre invece quello che voleva era seguire il filo degli ultimi discorsi.

Vincenzo ha introdotto il tema dei costi, del momento storico che stiamo vivendo e dell’influenza che avrà dal prossimo autunno nel settore alimentare e nello specifico per il campo della ristorazione; un tasto che sia Tiziano che Pasquale accettano di affrontare.

Per Tiziano il ristoratore ha da fare una scelta; chi arriva in un locale deve saper per che cosa ci va, qual è l’esperienza che vuole scoprire, quale lo spirito che guida le preferenze di quella cucina perché ne diventano il marchio di fabbrica, il tema portante.

Pasquale invece fa un giro dentro le cucine rispetto ai costi: per lui la soluzione non è modificare i prezzi, ma rendersi conto che il vero guadagno di un imprenditore della ristorazione è nei “rifiuti”: lo spreco è la vera piaga del nostro tempo.

Ma qui arriviamo ad una filosofia di vita: la sua visione in cucina, quella che condivide con 32 chef, non è solo sulle tecniche per la preparazione di un piatto, anche se è quello che ti conferisce la stella che è poi vanto del tuo ristorante, ma sul far accettare questo basilare concetto del “rifiuto”.

Guardare a ciò che si ha tra le mani non come qualcosa che può essere sprecato perché ne puoi avere dell’altro, ma come il tesoro che può farti fare la differenza nel rispetto di ciò che hai avuto da trasformare e in quella lungimiranza che poi diventa anche il tuo ulteriore guadagno.

Questo il breve ma spero, intenso, racconto di una incontro che mi ha permesso di andar via felice.

Quando sono arrivata avevo appuntato dei piccoli pensieri, un modo per farmi compagnia in un mondo che non conosco, che non è “ufficialmente” il mio, ma, come scrivevo, “…non è necessario avere un solo posto. Sono qui per un racconto, uno dei tanti che spero di voler raccontare dopo. Ore a verificare la mia voglia di “sperimentare” e di questi tempi, mi sembra una delle migliori occupazioni che mi possano capitare…”

Mi colpiscono queste parole col senno di poi, perché il termine “sperimentare” è stato molto presente durante la mattinata da poco conclusa e ne ha avuto pieno diritto, perché tutti i presenti hanno avuto il coraggio e la voglia proprio di sperimentare, di mettere conoscenze vecchie dentro nuovi progetti.

E per me tutto questo ha un significato speciale, è uno dei tanti segni che colgo nel mio presente, in quello di ciascuno: non aver timore di osare. Se per noi c’è qualcosa di speciale in quello che facciamo, è giusto trovare il coraggio di portarlo avanti. Potrà non piacere a tutti, ma sarà come il gusto di una pizza: ti piace la mangi di nuovo, se non l’hai gradita farai una nuova scelta.

Ma questa scelta deve essere data, da chiunque ha qualcosa da dare, col coraggio del proprio pensare, del proprio fare.

Tutti qui hanno “raccontato” le loro passioni, lo hanno fatto con le parole, ma ancora di più lo hanno regalato con gli sguardi, con le mani, con la cura che ci hanno dedicato mentre cuocevano le pizze, mentre le condivano, mentre sudavano per regalare a noi un’esperienza che si fissasse come speciale nella nostra mente.

Ci siete riusciti e io ringrazio, perché quando sono tornata a casa, nella mia di cucina, ho ritrovato il solo ingrediente che posso avere in comune con voi, l’Amore per chi lo faccio. Grazie.

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