“Nina…” un libro da leggere. Perché?
Perché leggere Nina, la storia vera di un sogno americano? La prima risposta che mi viene in mente è: perché l’autore è Franco Bruno Vitolo. Eppure potrebbe essere un limite perché Franco Bruno qui a Cava lo conosciamo tutti, ma questo libro viaggerà ben oltre i confini cavesi e quindi potrebbe non bastare a chi non ha il piacere di conoscerlo.
Da leggere quindi perché è una storia vera, che viene raccontata mentre si sveste del suo abito da favola e acquista una prospettiva diversa, che dà spazio a nuove letture.
Da leggere perché alla storia vera che diventa diversa da come è stata sempre raccontata, si aggiunge una lettura contemporanea, che intreccia mondi distanti non solo gli oltre settant’anni reali, ma i tanti cambiamenti che ci sono stati, nel bene e nel male. Anche se a prima vista, potrebbero essere solo in bene!
La storia di Nina ha qualcosa che va dalla disperazione al quasi sogno passando per una filosofia di vita che faccio quasi fatica a definire tale, ma lo è. Una partita a ping pong dove tutto viene rimbalzato continuamente dentro uno spazio brevissimo e allo stesso tempo dilatato nel tempo.
Nel libro ci sono gocce di una vita lunga, quella di Nina, ma chi vi si affaccia anche per brevi istanti, ha comunque giocato il suo ruolo.
Noi cerchiamo protagonisti nelle storie, ma tutti coloro che hanno incrociato quella vita, quella storia, hanno mosso una pedina che ha generato quel futuro, questo presente che ci troviamo davanti, negli appunti di Arianna, la giovane giornalista che si occupa di catturare la testimonianza di Nina, donna quasi novantenne, dall’apparenza ancora giovanile, che parla oggi di sé, dopo che per anni lo ha fatto il mondo al posto suo.
È paradossale questa immagine che mi viene in mente.
Una bambina, ha solo 9 anni Nina quando entra in questa storia, a cui sembra che il mondo abbia voluto dare un peso immenso, tutta la fatica di anni spesi in una guerra che pareva aver consumato l’ossigeno del cuore e ne rivolesse in parte, ne avesse bisogno per ricominciare a battere con una parvenza di normalità e che solo una storia d’Amore poteva restituire.
L’Amore, si, quel sentimento lì, quello che sembrava sepolto sotto le macerie e negli olocausti. Eppure, ironia della sorte, non c’è amore in questa storia. Ce ne sono tanti altri di sentimenti, ma l’amore da favola impacchettato per la stampa del tempo davvero non si trova, anche a cercarlo con minuziose lenti.
Perché allora questa storia diventa importante? Se non racconta la fiaba, se non conferma la vita da sogno americano, se non dettaglia momenti di complicità amorosa, se resta come un punto interrogativo nella testa, perché merita di essere letta e conosciuta?
Perché Nina bambina, non la donna di oggi, ma quella del 1951, quella che si trova sottobraccio ad un uomo che diventa suo marito e si imbarca per un viaggio lungo e faticoso fatto di sofferenze e solitudine, ci mette sotto gli occhi una realtà che per noi è lontana anni luce.
Arianna, la ricercatrice che raccoglie quei ricordi, ha un bel da fare a inquadrare la miseria, l’arrendevolezza, la sottomissione non solo al marito, ma al padre, alla suocera, a un mondo che le stava chiedendo tanto e non le chiedeva il permesso di accettarlo.
Nina che racconta i suoi ricordi e sottolinea spesso due momenti: la sofferenza di George nella malattia e nelle ferite di guerra e la presenza dell’amore verso sua madre, scomparsa troppo presto, ma che per lei è il riferimento, è la Luce, è l’ancora di salvezza.
Due appigli, come ganci sul ciglio di un burrone, come rifugio dalla perdizione, dalla sofferenza, dalla follia.
Nina non aveva mai immaginato di poter reagire al suo destino o forse il suo compito era proprio quello di accettare un salto nel buio così traumatico da renderlo quasi inevitabile, catartico.
In questa lettura la vediamo quindi come vittima di eventi giganteschi, ma anche come esempio. Non ci sono mai cose più grandi di noi da affrontare, cambia solo il nostro modo di affrontarle.
Nina poteva lasciarsi andare alla deriva o ricordare che la sua vita doveva avere comunque un senso e ha scelto la seconda strada, con tutto quello che ha comportato.
Nina è una Storia. Un piccolo dettaglio dentro uno scenario molto più grande, dai contorni infiniti, indefinibili. Una Storia che non è più importante di tante altre che di certo sono state vissute in quegli anni e in quelli a venire, ma che ha avuto il pregio di essere “vista”.
In questo forse la storia di Nina e quella di Arianna si incontrano, ancora una volta tra realtà e fantasia. Nina con la saggezza che la vita le ha offerto e Arianna con la saggezza di un mentore che sa cogliere i sentimenti, ma che mette in evidenza il valore della Ragione.
Due vite dentro la Vita più grande, due persone che cercano il loro posto in questa esistenza partendo da convinzioni e conoscenze ed esigenze diametralmente opposte, ma che si ritroveranno in un abbraccio, quello del saluto.
Gli esseri umani percorrono km e km, anni e anni, evoluzioni su evoluzioni, ma hanno sempre bisogno di una cosa che non può mancare: l’Amore.
E per Amore non intendo quello della favola di Cenerentola e del Principe Azzurro ma quello Universale, verso la Vita, verso quel dono che riceviamo e che ci chiede in cambio di accettare l’esperienza di viverla, senza buttarla via, senza soffocarla, senza sprecarla. Mai.
Anche quando tutto sembra tragedia e miseria ci può essere altro: possiamo esserci Noi.
- Serata per “Nina, la storia vera di un sogno americano” di Franco Bruno Vitolo.
- Ciao Doc
Sempre molto precisa nelle tue recensioni, Paola. Ho letto anch’io Nina, e ho constatato che ha fatto proprio come dici, nonostante abbia vissuto una vita scelta da altri, non l’ha sprecata, anzi, ha contribuito a renderla migliore per se stessa soprattutto, se lo doveva. Dopo tutto il suo senso del dovere, la sua obbedienza, il suo spirito di sacrificio, ha meritato tutto il successo imprenditoriale che ha avuto. E credo che nonostante non sia mai riuscita a colmare la solitudine che l’accompagna, Nina sia una donna felice, che non ha nulla rimproverarsi, che può perdonarsi ogni errore, visto che allora, a quell’epoca, tutto si faceva “accussi” e non era semplice cambiare le regole soprattutto se ogni decisione era dovuta a ragioni di salvezza e sopravvivenza. Il confronto generazionale è enorme, c’è un divario grande tra Nina e Arianna, che in questa esperienza di stagista ha ricavato una grande lezione di storia, di usi e di vita del nostro paese. Per questo anche, le storie come quella di Nina devono essere raccontate. Ci servono per comprendere e apprezzare tutti gli agi e le libertà di oggi, conquistate e troppo spesso trasformate in libertinaggio.
Ogni storia è sempre una storia da raccontare, appunto per la sua unicità. Questo dovrebbe dare il senso del valore della vita che va, come ha fatto Nina, comunque vissuta, con le possibilità che si hanno a disposizione. Arianna (noi) ha avuto una bella chance a guardare in faccia, oltre che la sua, anche quella vita. Grazie Teresa