Una vita a foglietti

Rassegna Li Curti – Paolo Caiazzo con “Non mi dire te l’ho detto”

Paolo-CaiazzoDalla pubblicazione su Vivimedia l’articolo sulla serata con i testi di Paolo Caiazzo.

La serata della rassegna Li Curti, coincide con una partita del Napoli. Inizia un po’più tardi per dare modo a tutti noi di renderci conto che forse anche il calcio Napoli voleva essere a Cava piuttosto che a Verona e dunque ha fatto i capricci e si è dimenticato di giocare. Cose che capitano!!!

Ma noi che invece lo spettacolo l’abbiamo visto per davvero, abbiamo subito  perdonato i giocatori monelli: avevano ragione ad essere arrabbiati per non averlo visto!

In scena c’era “Non mi dire te l’ho detto” con l’Associazione artistico – culturale Tisette-Gruppo del Pierrot di Napoli, scritto e diretto da Paolo Caiazzo, in arte Tonino Cardamone di Made in Sud, uno  a cui “a cap’ nunn è bon” dice, ma che invece riesce a tirar fuori cose decisamente ottime.

La sala era piena al Social Tennis, ma è anche periodo elettorale e molti invadono spazi diversi per darsi nuova visibilità, ma non importa, la nostra attenzione è tutta per il palco, per le prime note jazz che lo svelano…

La compagnia della serata è decisamente numerosa, a partire da Paola Maddalena (Miss Eiffel), Luciano Cimmino (Guglielmo), Gianni Romano (Uomo Ragno), Antonio Gargiulo (don Giusto), Gaetano Cacace (ispettore), Anna Prinster (assistente sociale) e Maria Pennacchio (Pussi). Il contesto è la casa di una coppia benestante ma poco felice, con lui medico “libertino”, Guglielmo, lei isterica moglie tradita, infelice, insoddisfatta e traditrice, in arte Miss Eiffel. L’altro è l’amico caro di Guglielmo, l’Uomo Ragno, che resta invischiato nelle bugie dei due e di seguito anche delle sue. Loro sono i tre protagonisti e a guardarli recitare, ti chiedi cos’altro possono fare nella vita se non quello. Bravissimi, disinvolti, credibili, davvero un’interpretazione eccellente.

La storia è una tipica farsa napoletana che rischia di degenerare in sceneggiata, un quasi Felice Sciosciammocca in una realtà attuale, dove compare Facebook, il viagra, i nick name, dove tanti equivoci danno vita ad altri, in un susseguirsi di intrecci e imbrogli, che hanno lasciato poco spazio alle considerazioni, perché l’unica cosa certa erano le risate. Risate che sono aumentate con l’ingresso di don Giusto, prete di famiglia, depositario di tanti segreti che non riesce a mantenere, un po’ per indole, un po’ aiutato dai bicchierini di rhum e dell’aglianico delle messe, e che snocciola come grani di un rosario.  Risate a go go anche con Pussi la cubista coinvolta nel tradimento di Guglielmo, parcheggiata da una parte all’altra della casa, a volte diventandone la padrona, altre la “donnaccia”, ma tutto questo sempre ubriaca e allegrotta, e tale da subire la situazione. Chi entra in scena con il suo vero ruolo è l’assistente sociale, con l’accento del nord, quella “Tedesca” venuta a controllare l’integrità della famiglia che chiede un bambino in adozione, ma che rimane soggiogata dal fascino di un intraprendente Uomo Ragno, rimasto quasi prigioniero in quella casa che doveva diventare la sua alcova per un incontro al buio con la misteriosa Madame Eiffel, e che maledice continuamente il momento in cui ha accettato l’invito dell’amico Guglielmo che lo ha condotto quasi al cimitero. Ultimo personaggio, ma grandioso ed eccellente quanto gli altri, è l’ispettore, quello con la passione della “divisa” che sembra più il tenente Sheridan che un incaricato del tribunale.

La recitazione da parte di tutti è stata stupenda, il ritmo superbo, la mimica del volto e del corpo assolutamente efficace e coinvolgente. Gianni Romano che un po’ nell’aspetto ricorda Vittorio Gassman, ha preso davvero il comando della scena e il suo ruolo è certamente determinante, quello che doveva essere dello stesso autore Caiazzo, anche se annuncia e “minaccia” con il sorriso sulle labbra, che se anche fosse stato presente Caiazzo, la parte sarebbe stata comunque sua. E devo dire che l’ha meritata.

Anche Carmela Novaldi quasi non riusciva a trattenersi quando è venuta a presentarli tutti, ma la sua professionalità ha sempre il sopravvento. E Paola Maddalena quando riceve il microfono, non può fare a meno di ringraziare la platea, perché la partecipazione attiva e coinvolta del pubblico, ha spinto tutti a dare il meglio di sé: la sinergia tra chi dà e chi riceve, è fondamentale nel mondo del teatro. L’attore regala e se chi riceve apprezza, allora il cerchio è chiuso, il traguardo raggiunto.

Ma nonostante il grande risultato ottenuto, mi hanno confessato che in realtà hanno dovuto sacrificare molto della loro reale scenografia, per problemi di spazio. Dunque possono ancora migliorare! E allora vi anticipo una promessa fatta da Geltrude Barba, visto l’enorme successo: li rivedremo alla Rassegna estiva, per cui non vi svelo altro di questa rappresentazione che merita di essere vissuta in prima persona, anche perché, da buoni napoletani, sapete quanto sia difficile riportare una battuta in cui non ci sono solo parole, ma tono, espressione, contesto. La prossima volta che Cava li ospiterà, preoccupatevi di esserci, in modo da vivere, come chi era presente, una serata assolutamente coinvolgente, travolti da doppi sensi, battute e perché no, situazioni di vita che si vivono tutti i giorni, che forse non fanno ridere tanto quando si subiscono, ma qui, sulle assi di un palco, si accettano con una leggerezza diversa. Grandi. Non è semplice far ridere, ma far ridere per quasi due ore è decisamente più difficile. E l’autore e la compagnia sono riusciti benissimo nell’intento.

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E così noi, quelli che arrivavano con la testa nel pallone, visto che lassù a Verona ci hanno mandati “a quel Paese”,  in questo nostro paese ci torniamo e ci stiamo volentieri. Qui, se non ci fanno piangere, sappiamo ridere come da nessun’altra parte.

 

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