Una vita a foglietti

Risposte pubbliche a pubbliche accuse

Due giorni fa ho pubblicato un articolo per la serata del Premio Li Curti. In seguito a questa pubblicazione ho ricevuto diversi attacchi e accuse sia verbali che sul web. Premesso che le opinioni sono per tutti, le accuse sono un’altra cosa.

Ho aspettato 24 h perché, in democrazia, si offre a tutti la possibilità di dimostrare le proprie ragioni, ma non avendone lette, allora pongo io la questione, così i soggetti che si sono sentiti in dovere di esprimere delle osservazioni, forse avranno modo di chiarirsi e di chiarirmi le idee.

Qualcuno può negare che la serata di domenica 3 aprile sia iniziata con circa 55’ di ritardo?

Qualcuno può dire di aver sentito delle scuse, delle motivazioni per giustificare un ritardo di tali dimensioni? 55’ per poi vedere uno spettacolo che forse è durato meno?

Se questo ritardo è stato da me sottolineato, non poteva fungere da monito per chi lo ha causato? E io non lo sapevo con certezza cosa lo avesse causato ed infatti ho ipotizzato.

Le spiegazioni in verità mi sono state date in un secondo momento, per telefono, dalla responsabile Geltrude Barba. Ma se vorrà, sarà lei a ripeterle alla cittadinanza, visto che normalmente ha un rapporto molto stretto tra le cose che fa e la pubblicazione quasi contemporanea sul web. Dicendo però quello che ha detto a me!

In realtà il mio poteva essere sfruttato come un richiamo a questo pubblico cavese e forse non solo, primo indiziato, che potrebbe fare di più per rispettare il grande sacrificio che proprio Geltrude Barba profonde in ogni cosa che fa e che sottolinea spesso, per cui tutti lo sanno.

L’altra risposta che devo dare è alla signora Angela Vitaliano la quale mi ha accusata di parlare di ritardi e non di abbandoni. Mi chiedo: per quale motivo dovrei parare di qualcosa a cui non ho partecipato, non ho assistito e che soprattutto non mi riguarda e non mi sembra sia accaduto domenica 3 Aprile? Se avessi voluto non avrei aspettato mesi per farlo, non avrei associato le cose alle serate degli spettacoli visto che ce ne sono state altre, ma ancora adesso non trovo un solo legame tra le due cose. Dunque supposizioni cara Angela.

Alla signora Rosanna De Bonis poi mi sento di spiegare con altre parole ciò che pensavo di aver già fatto nell’articolo, ma forse mi sbagliavo. “Super partes” era un monito a me stessa. L’attesa inutile, e lei ben sa a cosa mi riferisco perché eravamo vicine di sedia e qualcosa si è sentito delle sue conversazioni su parcheggi vari, mi aveva innervosita, mentre dovevo essere serena nel guardare lo spettacolo per poterlo raccontare con il rispetto che meritava. Dunque non conflitto d’interessi, ma semplice onestà lavorativa.

Poi Ivana Giugliano. Al di là della fretta del “Mi piace” messo e ritirato, non mi è chiara l’accusa sullo stroncare le persone “che mi hanno concesso un posto in prima fila”. Quel posto cara Ivana, non mi è concesso da nessuno, mi spetta in quanto rappresentante del giornale Vivimedia per il quale scrivo e che permette visibilità al Li Curti come ad altre attività cittadine. Non me lo ha regalato nessuno e non mi sembra che in questi anni qualcuno me lo abbia rinfacciato quando raccontavo di altre belle serate che sono state recensite.

A Pasquale Petrosino, che nel frattempo però devo dire si è già scusato, ripeto il monito che in realtà ho già fatto dove ho letto tutti questi commenti: se avete discussioni private da chiarire fatele in altro luogo, senza approfittare della mia presenza.

Questo è quanto mi sento di scrivere per una necessità personale che credo rispecchi il mio dire di sempre: amo dire la verità e lo faccio pubblicamente.

Non parlo per sentito dire, non faccio pettegolezzi ma mi baso su fatti reali. Quando racconto le serate, non lo faccio mai per adulare ma per  riportare, per lasciare segni di qualcosa che deve darci un mattoncino in più nella crescita di cui tutti abbiamo bisogno.

Si è parlato tante volte di come bisogna ambire a fare cose qualitativamente migliori, a sposare progetti che portino maggiore visibilità alla nostra città e maggiori esperienze a noi cavesi, ma non è con le fazioni, con le scuse ad ogni costo che si raggiungono questi risultati.

Premiamo il lavoro di chi lo fa ed evidenziamo carenze. Non è detto che si parli per criticare, lo si può fare per migliorarsi, per capirsi e lasciare che quelle parole che sappiamo “fanno più male di un coltello”, assumano solo il loro semplice significato. A volte sono i condimenti messi sopra che rovinano le pietanze.

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