Temprart – “Casa di bambola” al Teatro del Giullare
Ci siamo trasferiti. La compagnia Arte Tempra di Clara Santacroce e Renata Fusco ci porta a Salerno, al Teatro del Giullare con alcuni dei suoi magnifici ragazzi: Giuliana Carbone (Nora), Luca Senatore(Torvald), Brunella Piucci (Christine), Gabriele Casale (Krogstad), Lello Conte (dott. Rank), Giulia Tramice (Helene la cameriera).
In scena Casa di Bambola, di Ibsen, e la storia è quella di Nora, quella che molti considerano una delle prime femministe, colei che passa da “bambola” ad essere pensante.
Nora, bellissima sposa di Torvald, “allodola” di casa e madre di tre bambini, civetta tra le stanze con la preoccupazione di spendere e togliersi capricci, visto il raggiungimento di una nuova promozione dell’irreprensibile marito che li renderà ancora più ricchi; ma in realtà nasconde un piccolo segreto. In un momento difficile per la salute del marito, che ha rischiato di morire, lei, contravvenendo a tutti i principi del consorte, ha chiesto soldi in prestito per permettere alla famiglia una vacanza ristoratrice che avrebbe ridato nuova forza alla debole vita di Torvald. Quell’obiettivo raggiunto era divenuto per lei motivo di orgoglio, perché nel suo piccolo ruolo di donna di casa, aveva risolto un grave problema.
Non riesce proprio a immaginare come quel gesto avrebbe mai potuto crearle fastidi. La sua vita era fatta di normalità, Torvald al lavoro, il dott. Rank divenuto ormai abituale frequentatore della loro casa, i bambini e la sua civetteria. Una casa di bambola.
Ma si sbaglia; Krogstad, a cui doveva la somma di denaro, bussa alla sua porta. E lo fa proprio mentre Nora riceve l’amica d’infanzia Christine, ora vedova e sola. Intrecci, azioni che si susseguono, portano tutti alla resa dei conti. Rank le confessa il suo amore, Christine e Krogstad si riuniscono dopo che il loro amore giovanile era stato bruscamente ostacolato dagli eventi, e Torvald, una volta scoperto che la moglie aveva falsificato una firma pur di ottenere il prestito che gli avrebbe salvato la vita, le rimprovera tutta la sua negligenza, le sue cattive origini. Insomma, la bella bambolina ora rischia di gettarlo nel fango.
Eppure il destino sembra sorridere a Nora, perché Krogstad, ritrovata la felicità, rinuncia al suo denaro e anche alla denuncia che ne conseguirebbe e Torvald ritrova immediatamente il sorriso, dimenticando le gravi offese che ha rivolto a Nora.
Tutto sembra rimettersi a posto. Tutto potrebbe ritornare alla normalità se… se a Nora quell’esperienza non avesse squarciato il velo dell’oppressione in cui viveva, mostrandole la meschinità della sua esistenza, la sua incompiutezza, la sua quasi inutilità. Un oggetto posto in quella casa per soddisfare i desideri del marito e le esigenze dei bambini, e che lei aveva creduto che potesse essere tutto il senso della sua stessa vita. L’essersi trovata di fronte ad una realtà nuova, l’aveva costretta ad aprire gli occhi e a guardare veramente come stava trascorrendo la sua esistenza.
Questa la trama di un testo scritto alla fine dell’800, quando era impensabile credere che una donna potesse sottrarsi alle decisioni del marito. Eppure Nora, con i suoi valori semplici, non riuscì a rientrare in quel personaggio che la società le aveva imposto e pur di ritrovare se stessa, rinunciò a quanto costruito fino ad allora.
Difficile non trovare la fortissima attualità in tutto questo. E per assurdo, diventa molto più incomprensibile che ancora oggi, a distanza di oltre un secolo, si debba ancora sottolineare questa differenza tra uomo e donna. Il discorso non è unilaterale. Non sono solo gli uomini a dover riconoscere alle donne gli stessi diritti, ma le stesse donne dovrebbero sempre tenerli bene in mente. Non tirarli in ballo quando se ne ha maggiormente bisogno. Ovviamente non è questo il luogo per un discorso sulla parità dei sessi, ma va davvero sottolineata la profondità del testo e, a questo punto, la grande qualità del lavoro a cui abbiamo assistito.
Giuliana, donna che conosco da una vita e che so perfettamente molto lontana dall’essere “civettuola”, ha saputo calarsi in quel ruolo come se passasse ogni giorno a sorridere e a sbattere le ciglia, in cerca di approvazione dal proprio compagno. Un’ochetta perfetta, e allo stesso tempo una donna innamorata che pensa che l’amore può giustificare ogni azione, anche quella fuorilegge.
Un giovanissimo Luca poi, che dovrà aver pensato spesso al ceffone da rifilare all’amata mogliettina. Un gesto che non gli appartiene di certo, ma che abbiamo vissuto come la normale conseguenza dell’ira di un uomo che vede messa a rischio la carriera e la reputazione.
Brunella, Gabriele e Lello sono i veterani. La loro bravura è scritta nelle pagine della storia di questo gruppo. La capacità di recitare anche in silenzio, con la sola presenza scenica, cosa non nuova, rende sempre più apprezzabile le loro performance.
E poi una sottolineatura che mi sembra doverosa; lo spazio della scena era davvero ristretto. Per questo motivo non compaiono neanche i bambini, e riuscire a muoversi, con gesti anche ripetuti, senza mai diventare noiosi, è un merito ulteriore che riconosciamo agli attori e alla regia delle due signore del teatro, Clara Santacroce e Renata Fusco. Quasi due ore di recitazione perfetta, (segnalo per dovere di cronaca di una sola parola accavallata e di una sedia investita), per non sembrare di parte o almeno distratta, dialoghi tenuti con una intensità davvero notevole, con la capacità di trasferire stati d’animo complessi. E a questo proposito, come non sottolineare il volto nuovo di Nora – Giuliana nel momento della presa di coscienza. Se non avesse proferito parola, e poche ne ha dette in verità, avremmo capito allo stesso modo il profondo mutamento e il turbamento che l’aveva scossa.
Grazie dunque ancora una volta per la qualità del lavoro svolto, per le profonde riflessioni che inducete a porci e per l’amore che portate in giro per quest’arte magnifica.
- Apartheid
- La sosta del tempo