Un messaggio

Stasera, il Presidente del Consiglio Conte ha tenuto una lunga conferenza. È iniziata con un lungo applauso ai grandi sacrificati di questi giorni, in termini di vita e di dedizione e ovviamente parlo del personale sanitario, un vero e proprio esempio di responsabilità e professionalità. Giusto. Giustissimo.
Sono state dette tante cose e lo spirito, il tono, sembravano quelli di una persona veramente colpita.
Ad un certo punto però, quando il discorso è caduto sui grandi numeri, sulle cose da fare “DOPO”, è stato come riascoltare un nastro vecchio.
Io stavo ascoltando senza guardare e quindi erano solo il tono e le parole che acquistavano senso, senza condizionamento alcuno. Ebbene, quello che ascoltavo mi ha fatta rabbrividire.
Ma davvero questo signore, nostro Presidente del Consiglio dal 1° giugno del 2018, OGGI, STASERA, dice all’intero Paese che quando questa tragedia diminuirà, sarà necessario snellire la burocrazia, ripristinare la Sanità, investire nella Scuola, nelle infrastrutture….
Scusate, ma ci sta prendendo per i fondelli? Ma che ca…o hai pensato di dover fare in questi due anni? Quali sono stati i problemi che hai affrontato? Cosa c’era di più importante di questi problemi che oggi hanno tanta priorità? Lo spread, il PIL, i conti da far visionare all’Europa mentre noi restavamo fuori, nelle sale d’attesa degli ospedali, mentre cercavamo di capire come avere attenzione, mentre si chiedeva un’assistenza, un supporto, un aiuto, un lavoro garantito e dignitoso. O mentre a Genova si aspetta un nuovo ponte; come si può comprendere che paghiamo tanti soldi di pedaggio e non abbiamo manutenzione sulle strade? Come paghiamo accise altissime sulla benzina che non cala mai il suo prezzo anche se il petrolio cade a picco? Come mai non sappiamo mai cosa succederà domani perché non puoi capire se le leggi che vengono emanate sono proprio quelle che pubblicizzano? Come mai non abbiamo ancora saputo in un anno di reddito di cittadinanza, cosa si è raggiunto, visto che arrivano solo notizie di falsi aventi diritto e nemmeno di un nuovo occupato? Come mai facciamo raccolte differenziate da decenni e la nostra spesa cresce anno dopo anno tanto da non poter essere pagata dalla maggioranza delle famiglie? Come mai la Sanità, che viene gestita dalle singole regioni che ricevono i sovvenzionamenti dallo Stato, non hanno tutte le stesse opportunità? Come mai siamo nella m…a fino al collo?
Si cercano strutture e si fa la conta di quelle abbandonate, lasciate nel profondo degrado e qualche politico dice che non si possono riutilizzare in tempi brevi, mentre uno che un po’ se ne intende, un certo architetto Fuksas, dice che si può. Si potrebbe, a volerlo fare. Dunque nemmeno la pandemia cambia certi soggetti.
Mi sono tornate in mente le tante parole che sono state dedicate in passato ai terremotati, agli alluvionati, alle tante vittime di tragedie a cui erano di certo destinati contributi, aiuti e che hanno visto scivolare via tutte quelle promesse come le pietre delle loro case e come l’acqua che li affogava.
Anche le parole uccidono mio caro Conte. Lo dico a te come a chi ti ha preceduto. In questi giorni si parla di milioni di euro come se fossero i pochi spiccioli che usiamo per fare la spesa. Milioni di euro e la paura è che certe cifre faranno di certo gola a troppi avvoltoi. Chi ci tutelerà? Tu Conte, che sembra che ti sei svegliato adesso nel Paese delle Meraviglie? Tu che solo oggi riconosci tutte queste priorità per il Paese che guidi?
Considera però, che ci sarà qualche differenza mio caro Conte quando riapriremo le nostre porte. Saremo forse affamati. Saremo forse disoccupati. Forse saremo anche arrabbiati perché nonostante le belle cose che si dicono in televisione, ci sono tante persone che a lavoro ci vanno lo stesso perché il loro servizio serve, ma non vengono ripresi dalle telecamere e nessuno vede che lavorano senza protezione, che continuano ad assembrarsi come facevano fino ad un mese fa. Uguali e precisi.
Non dovrete scherzare con queste nostre difficoltà. Per anni abbiamo avuto larve incompetenti seduti su banchi di un Parlamento che sempre più era un circolo di ignoranti ma che aveva titolo per deliberare e legiferare sulla nostra pelle. Colpa nostra ovviamente, ma ora dovrebbe essere molto chiaro a tutti quello che siete capaci di fare. Sono spariti quasi tutti e la parola è stata data “a persone competenti”. Persone competenti. Ma scusate, c’era bisogno del coronavirus per scoprire che un qualsiasi quasi analfabeta non può occuparsi di Economia o di Sanità o di Istruzione o di qualunque Ministero per cui c’è bisogno di competenze e non di “giuste amicizie”?
Il ministro britannico, con il quale sono stata molto arrabbiata per motivi personali, sapete cosa ha fatto in due giorni? Ha già fatto sapere a tutti cosa riceveranno come sussidio in questo periodo. Lo ha detto lui per i dipendenti in generale e per i lavoratori autonomi ha creato linee di assistenza che hanno già dato risposte. E poi ha inviato, ai suoi cittadini, una bella app, in cui ognuno comunica ogni giorno il proprio stato di salute e la posizione. Sono loro a monitorarli da casa. E se in qualche zona si dovessero verificare troppi sintomi sospetti, potrebbero subito intervenire per circoscrivere i quartieri. Vi sembra fantascienza? Noi ci stiamo sbattendo da un mese e ancora non sappiamo se tutte le persone che ancora girano per strada ci possono veramente stare o no. E se devono, se sono davvero tutelate o no.
Abbiamo fatto tante cose in questo mese, siamo apparsi come i precursori di un’attenzione che gli altri non hanno avuto, abbiamo aiutato e ricevuto aiuti. Abbiamo fatto, grazie all’intervento di persone competenti. Bene. Benissimo. Ma noi purtroppo siamo abituati ai grandi proclami e alle poche azioni. E mi riferisco al dopo. Alla fine della quarantena, alla ripresa delle vite normali. Non lo so cosa ci sarà di così normale nella nostra futura quotidianità, mi auguro che quelle promesse diventino fatti.
Confesso di non crederci perché sono vecchia, perché ne ho viste tante di occasioni sprecate nel non fare silenzio ma a procurare danni con parole come proiettili. Ma questa volta siamo in tanti ad aver guardato ed ascoltato, perché siamo dovuti rimanere a casa, ad aspettare i vostri bollettini come la cura quotidiana, che ci deve dare sollievo o ulteriore danno.
E noi ascoltiamo. Tante cose. Dei tamponi fatti prima o dopo, di informazioni ritoccate, di chi lo può fare a pagamento e con priorità, mentre persone che hanno parenti in ospedale non vengono controllati, ma solo lasciati in quarantena. Sono differenze, le solite, quelle che non si dicono in televisione, quelle che restano tra le confidenze di messaggi che raccontano gravi preoccupazioni e gravi ingiustizie. Ora non possiamo fare niente, ma quando usciremo sì, potremo.
E spero che il desiderio di ognuno sarà quello di riprendersi non solo la libertà, ma anche quel concetto che non è meno importante, e che si chiama dignità.
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