Una vita a foglietti

Violenza e non violenza: due volti del Novecento

autoscontro 3 blogEra il titolo di una delle tracce della maturità di ieri. Non voglio svolgere il compito anch’io, mi sento semplicemente interrogata da queste parole.

Stamattina mi sono scoperta curiosa di leggere le tante pagine che i nostri giovani hanno scritto al riguardo. Curiosità che nasce dal bisogno di spiegare  a livello di massa cos’è che succede nella testa di tutte quelle persone che decidono di esercitare forme di violenza verso gli altri. E verso se stessi.

Abbiamo raggiunto tali limiti di follia da aver sentito la necessità di coniare un nuovo termine per indicare un altro fenomeno: il femminicidio. Ce n’erano già tanti, uxoricidio, infanticidio, omicidio… ma evidentemente non bastavano, e siamo riusciti a migliorarci; l’uomo appartiene alla specie evolutiva. Ma non è il caso di fare battute.

Da anni ormai i TG sembrano essersi sostituiti a bollettini di guerra o meglio, di follia. Perché ancora mi costringo a pensare che questa malattia che sta contagiando tante, troppe persone, sia frutto di momenti di perdita di coscienza. Perché ci credo, ci spero, che esista ancora una coscienza.

Ma gli ultimi giorni hanno messo a dura prova i miei convincimenti: la cattura del (presunto) assassino di Yara, la confessione del marito che uccide moglie e figli, mi hanno costretta a rivedere qualcosa.

Quattro anni sono passati dalla sera in cui Yara non è tornata a casa? Già tanto tempo! E in questi anni quest’uomo di cui non voglio ricordare né citare il nome, perché lo identificherebbe con una specie a cui credo non appartenga, ha continuato a vivere la SUA vita. In compagnia di moglie e figli, a cui ha donato attenzioni, insegnamenti, e da cui ha ricevuto affetto, amicizia, compagnia.

Pochi giorni invece sono bastati per far crollare il castello di carta in cui si era rifugiato l’altro disgraziato padre di famiglia a cui la sorte aveva donato amore e figli.

Ne abbiamo sentite tante e mi chiedo perché queste due storie, così simili purtroppo a tante altre, mi sembrano allucinanti.

Mi sono immaginata per un solo istante, ma non è possibile capire, cosa devono provare i genitori di Yara. Se i dettagli che oggi ci raccontano a loro erano già conosciuti o se li scoprono ora per la prima volta: violenze, sevizie, agonia, forse l’ultimo disperato tentativo di ritornare a casa, una muta richiesta di aiuto che non è giunta a destinazione. E poi solo la fine. Ma solo per lei. In quella casa dove non è arrivata, la fine forse è il sempre. Sempre un pensiero, sempre domande, sempre quei perché. Perché? Ce lo chiediamo anche noi perché un essere umano, forte, maturo, con una vita già scelta, ha voluto per qualche ora cambiare il corso di tante altre vite. Perché? Come mai ci facciamo prendere da istinti che non possiamo nemmeno definire animaleschi, perché gli animali attaccano per difendersi o per sfamarsi, non per abusare, come invece viene fatto ripetutamente, sempre più spesso.

E l’altro? Voleva essere libero da quella famiglia che lui stesso aveva voluto e costruito. Un peso che non sopportava più. E un coltello risolve il problema. Ma quale libertà è pensare di uccidere moglie e figli per non avere più legami? Cosa c’è dentro quell’involucro che portiamo in giro per poter credere di essere “liberi” dopo aver compiuto un gesto del genere? Non lo so.

La tristezza è infinita. Cosa siamo diventati. Anni di continui martellamenti ci hanno ridotti così? Poi ci meravigliamo che gli islamici fanno attentati e li riteniamo vittime di “lavaggi del cervello” da parte di chi li comanda. Ma noi non siamo un po’ tutti destinati ad essere vittime di questo linciaggio morale a cui veniamo sottoposti ogni giorno?

Quando si parla di economia, politica, storia, educazione, ignoranza, sempre, in ogni campo, quello che dovrebbe dominare è quel senso di moralità, di etica che non può prescindere dal nostro vivere in società. E’ questa coscienza che non esiste più. Un tempo si aveva il timore della sgridata, della punizione, dell’essere additati come “cattivi”. Oggi non ce ne curiamo più. Tutti siamo autorizzati a fare del male, tanto c’è sempre qualcun altro che ne fa più di noi. Così per chi ruba, per chi tradisce, per chi ammazza. Non riusciamo a fermarci? Non riusciamo a pensare alle vite che si spezzano per un mostruoso gioco di  superficialità?

BASTA ve ne prego, davvero basta. Sembra che le nostre vite siano dominate dal gettone dell’autoscontro. Il giro iniziato come divertimento poi diventa tragedia perché la macchina esce dalla pista e comincia a correre per strada, impazzita, senza controllo e non ti travolge per darti una spintarella più in là, ma per eliminarti. Fermiamoci. Abbandoniamo questi mostri di ferro che hanno bevuto la nostra umanità, riprendiamoci le nostre vite, cominciamo a volerci bene di nuovo, ma prima di tutto a noi stessi. Siamo convinti di risolvere i problemi eliminando l’ostacolo che ci si presenta davanti, ma non è così. Il nemico, ammesso che ci sia, è dentro di noi. Se provassimo veri sentimenti d’amore, non potremmo mai compiere gesti che possono volutamente danneggiare altre vite umane. Rispetto, ricordiamoci di questa parolina: RISPETTO. A tutti i livelli. In questa scelta non conta essere grande o piccolo, bello o brutto, ricco o povero, non c’entra nulla. E’ per tutti e bisogna alimentarlo, farlo diventare contagioso, questo sì, altrimenti sarà troppo tardi per fermare la giostra.

 

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