Una vita a foglietti

Considerazioni sulla convivenza

follaNel mondo siamo circa 7 miliardi di persone.

7 miliardi sono un numero esorbitante; ma se poi aggiungiamo tutti gli ipotetici stati d’animo, positivi o negativi che ognuno vive, ci rendiamo conto che andiamo incontro ad una serie di possibilità che sfiorano l’infinito. O forse lo superano. Quella famosa frase “la realtà supera la fantasia”, forse ha radici in questa considerazione.

Perché stamattina penso questo? Perché ho cercato di semplificare l’esercizio della convivenza ad un ristretto nucleo familiare.

Da 7 miliardi l’ho ridotto più o meno a tre. La differenza è notevole, ma il risultato delle considerazioni è spaventoso. Bisogna rifletterci.

Se tre persone che si trovano a vedere una situazione hanno tre reazioni differenti, che cosa succede quando un’azione è pubblica e la guardano migliaia di persone? O come è possibile prendere decisioni che soddisfino tutti o la maggioranza degli uomini, se in pochi, non riusciamo a spiegarci?

Una telefonata, un oggetto lanciato via, un abbraccio e un’intromissione verbale.

Un gesto, tre reazioni. Ognuno con l’esatta convinzione di avere le giuste motivazioni per quello che ha fatto o pensato.

È la fotografia di quasi la quotidianità di ogni famiglia, di ogni gruppo di amici o di lavoro nel mondo. Credo. Anzi, sono quasi certa che ad ogni avvenimento, si reagisca in maniera unilaterale. Io guardo e interpreto ciò che ho davanti agli occhi con gli occhi di quel momento, con lo stress o la calma del momento, con la disponibilità o meno che ho nel cuore. Tutte variabili. Niente a parametro fisso e il risultato non è completamente esatto.

E allora reagisco al tuo gesto violento, mi libero dall’abbraccio, resto in silenzio perché non mi hanno compreso. Tre persone che potevano risolvere o affrontare insieme un ostacolo, restano vittime dei loro umori personali. E li fanno diventare arbitri di una situazione. Di un giorno della loro vita o di una decisione che porta gravi conseguenze.

Non credo che l’esempio sia difficile da comprendere, o meglio spero di essere stata chiara nell’esposizione del concetto.

Se noi guardiamo nei nostri atteggiamenti quotidiani, quante volte scopriamo di affrontare in questa maniera le nostre divergenze? Sono quelle che scoppiano dopo altri giorni di silenzi, di incomprensioni, di interessi diversi e alla fine si raccolgono cocci. E non riusciamo ad evitarli.

Ma come possono comportarsi diversamente quelli che in cima ad un monte guardano le masse muoversi nella vallata, non ne ascoltano nemmeno le voci, non ne percepiscono le esigenze, non provano i loro stessi dolori. Come? Non ci saranno mai decisioni volte a tutelare gli interessi di quegli sconosciuti che di fondo, dimostrano di non saper parlare neanche tra di loro.

Se quelle masse laggiù in fondo, sapessero mettere da parte l’orgoglio del momento, la rabbia per ciò che è accaduto, la voglia di giudicare senza sapere tutto, ma decidessero dopo essersi confidati, dopo aver accolto, dopo aver saputo la verità, potrebbero scoprire che la conoscenza e la condivisione di un problema, può dare a molti la possibilità di esprimere un parere, tra i tanti trovare la soluzione migliore, e poi mandare rappresentanti a parlare con quelli lassù in alto. Per far sentire le loro voci, per far conoscere le loro esigenze, per raccontare i loro dolori. E insieme e mai più da soli, trovare soluzioni.

Questa è democrazia, questa è convivenza.

Ma se non sappiamo ascoltare e aver fiducia in chi vive con noi, se guardiamo il nostro vicino non come un potenziale alleato ma come il possibile nemico, allora non possiamo proprio sperare che capi di stato e personaggi pubblici possano agire nei nostri interessi.

Perché neanche noi, nel nostro piccolo sappiamo farlo. Ma possiamo provarci e capire che risultato sorprendente si potrebbe raggiungere.

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