Una vita a foglietti

L’obiettività, questa sconosciuta (parte prima)

In una giornata frenetica, mi arriva una telefonata e una comunicazione veloce e affannata, mi anticipa una situazione sconvolgente da lì a poco e una realtà stupefacente nel pomeriggio.

Il tutto condito da altri dettagli della mia altra vita che nemmeno sono di poco conto, ma che interessano molto meno. Per ora.

Qual è la storia?

Il Covid ha imposto nuove regole, nuove convivenze, sottolineando però vecchie magagne, antiche frustrazioni, ataviche forme di onnipotenza che le varie generazioni si tramandano da secoli.

Ma di discorsi pomposi ne ho già letti abbastanza ieri, ora mi limito a evidenziare una cosa gravissima accaduta in un istituto superiore.

Alunni di una delle numerose classi suddivise in gruppi, decidono di voler cambiare la rotazione in maniera più equa secondo il loro punto di vista, e chiedono verbalmente il permesso a due docenti. La presunta risposta dei due insegnanti è “SI”.

L’intera classe, che ovviamente vive di concetti super democratici ed è abituata al confronto, soprattutto se il confronto è univoco, non ascolta la voce di una sola ragazzina che, semplicemente, fa notare che forse, quanto chiesto ed apparentemente ottenuto, non è legale in questo specifico momento storico.

Potrebbero già partire forme di Ola da stadio, scroscianti applausi e inchini ammirati, nel sentire tanta responsabilità e lungimiranza in una giovane ragazzina. Ma non è così. In questa nostra società che cammina al contrario, che parla di valori ma non ama rispettarli, la ragazzina matura viene messa al bando perché “fuori dal coro”.

Ma la ragazzina, le regole ama rispettarle e si presenta a scuola quando deve. Purtroppo “gli amici” la invitano ad andarsene perché già sono in cinque, e la professoressa a cui si rivolge per chiedere spiegazioni, l’accompagna gentilmente fuori dall’aula. Sorvolo sul vostro certo stupore.

Sondaggio: cosa avreste fatto voi al posto della ragazzina?

Io dò due opzioni, quelle che escono dalla mia piccola testa. 

  1. Andare direttamente dalla Preside e chiedere supporto
  2. Avvisare mia madre che non sono nel posto dove lei crede che io sia.

Sia chiaro che ognuna delle due possibilità è pericolosa, perché la ragazzina in questione, da anni è sempre lontana dalle decisioni della massa. È anche stata vittima di episodi di bullismo, per cui voi ci credete che potesse avere davvero delle opzioni e non sbattere, sempre e comunque, contro un muro di pregiudizi?

La scelta comunque cade sull’opzione 2.

Altro quesito: Cosa avreste fatto nei panni della madre?

Qui opzioni non ve ne dò perché nella mia solita piccola testa, non ce ne sono. Si va a scuola.

Ed evidentemente, pure nella testa di quella mamma, c’era solo questa pensiero.

Quando ha la possibilità di far presente alla Dirigente quanto era accaduto in una delle sue classi, in presenza di suoi professori, la Preside va in escandescenze. Non le pare possibile che, con tutte le regole ferree che sono state stabilite in questa emergenza e con tutte le responsabilità anche penali che incombono su potenziali errori di gestione, qualcuno possa aver fatto quello che hanno fatto.

In presenza degli attori della patetica sceneggiata, i professori smentiscono il loro coinvolgimento e i ragazzi provano a discolparsi rifacendosi a quell’autorizzazione verbale così in fretta svanita al cospetto della maggiore autorità.

Cosa state pensando?

A me viene in mente la professoressa che ha accompagnato fuori la ragazzina: se non sai niente e non approvi quanto sta accadendo in quella classe, parli e intervieni in modo diverso. Se invece la fai accomodare altrove, stai avallando la scelta dei giovincelli. Ma sembra un dettaglio di secondo piano…

E gli stessi giovincelli, di fronte ad un tale smacco da parte di quei professori che, secondo loro, li avevano autorizzati e ne erano certi, hanno fatto marcia indietro, come si sarebbero dovuti sentire? Come minimo traditi, offesi, vittime certo di un cattivo esempio, di professori che dovrebbero essere stile da imitare non solo di parole lette sui libri, ma anche di moralità nel comportamento innanzitutto. Altro dettaglio…

Passano altre quattro ore in quella classe in cui la ragazzina è stata reintegrata.

Quattro lunghe ore in cui l’argomento non si affronta.

Come se ognuno si stesse leccando le ferite in un silenzio introspettivo e costruttivo, perché certe esperienze possono essere la molla per tante riflessioni.

Ma la campana suona, si torna a casa e voilà, il mistero è svelato.

Il giovane portavoce della classe insorta e rimessa a posto, invia, nella chat del gruppo scuola, un testo lungo, lunghissimo. Un testo che se fosse stato scritto come compito in classe, con un titolo tipo “Parlami della teoria delle parole grosse spese in un’occasione inutile”, avrebbe preso dieci con lode e plauso della commissione, se presente.

Uno sproloquio scritto davvero molto bene, per cui faccio ancora i complimenti al giovanetto, che però non fa altro che offendere indovinate chi? Lo so che avete indovinato, voi siete lettori attenti!!! Sì, la ragazzina indisponente.

Non volete che sia lei la colpevole di tanto scempio? Non vi sembra logico accusare chi li aveva già avvisati, per iscritto, di qualcosa che non andava fatto? Non vi sembra più che giusto che, dopo il “la” dato dal giovanetto, tutti si fiondino sulla stessa chat protettiva per aggiungere ognuno un’offesa personale? Ma certo che funziona così. Perché la ragazzetta è una traditrice, perché la ragazzetta non ha rispetto della decisione della maggioranza, perché la ragazzetta non sa vivere in democrazia e quindi sarà una fascista, perché questa ragazzetta, che era stata previdente e matura, va stroncata.

Ma ancora una volta, quella ragazzetta lì, quella con tutti quei difetti, fa solo notare al branco dei democratici, che a voler fare tutte quelle offese, poteva pensarci durante la vicinanza a scuola, quando sono usciti a voler essere enormemente precisi, ma invece nulla. Però lei è testarda e anche un po’ antipatica probabilmente, sapete perché? Perché invece di tremare per quell’enorme sfilza di nuove offese, semplicemente si offre ancora una volta disponibile al dialogo. Ma che pazienza che ci vuole con questa qui. Non molla mai.

Però ci sono cose che potrebbero interrompersi e invece, per dei disegni curiosi e capricciosi del destino, tutta la conversazione, sulla questione in atto, si allarga a molti più personaggi, molti dei quali, a questo punto, adulti.

E le conclusioni sono tutte in una direzione, ma che non vi svelo, perché non si può dire chi è l’assassino prima dell’ultimo capitolo.

E questa storia il suo ultimo capitolo ancora non l’ha scritto.

Perché di nuovo, dopo tante parole, arriva un messaggino, in serata, sul tardi, quando le acque sembravano più calme per alcuni e per altri invece erano ancora agitate per la delusione, la meschinità, la pochezza con cui si deve combattere.

Un nuovo messaggio che chiede di nuovo un confronto, quello che era stato già offerto, ma che a quell’ora tarda, dopo che erano state prese delle decisioni con conseguenze anche potenzialmente gravi, sembrano una passata di cipria sul livido fatto dal pugno del nemico.

E il seguito deve essere ancora scritto…

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