Una vita a foglietti

Un cappello pieno di ciliege

Cava 14/05/12

Non ci troviamo con le date, oggi non è il giorno in cui ho finito di leggere il libro di cui parlo, ma molte volte delle cose vanno metabolizzate. “Un cappello pieno di ciliegie”, quando lo prendi in mano, ti chiedi perché mai un libro dovrebbe avere questo titolo. Dopo mesi che lo hai letto sai perfettamente la risposta. Un cappello è stata la massima forma di ribellione di una donna secoli fa. La ferma convinzione di vivere secondo i propri pensieri. Femminista? Non c’erano queste parole, non c’erano questi obiettivi, ma proprio questo rende grandissime quelle figure. E la Fallaci ha compiuto un’opera splendida. Al di là della fatica che compare ad ogni pagina e mentre ti avvicini alla fine, il sudore di ogni parola è anche sulla tua fronte, senti qualcosa di veramente importante che ha compiuto. Ha reso giustizia. Non solo alla sua famiglia, ma alla storia di quest’Italia. Ma una giustizia che non deve essere stata molto apprezzata se qualcuno ha voluto vedere un indirizzo al suo scritto. La sua famiglia ci ha raccontato la storia: la storia scritta da Mazzini, Garibaldi, Vittorio Emanuele, Napoleone, ma fatta dai piccoli. Dalle sue nonne, dai suoi uomini. Da coloro che le hanno trasmesso nel sangue valori che non si possono ignorare. Per questo è stata sincera. Non ha risparmiato quelle che sono critiche valide ad un popolo che si è lasciato conquistare, che ha evitato di guardare cosa era giusto, ma ha colto l’opportunità del momento.

Forse i suoi occhi hanno cercato la storia, le radici di una famiglia hanno visto molto altro. E l’intelligenza che ha contraddistinto la sua mente, le ha permesso di trasmettere a tutti noi, un quadro con meno ombre, che mostra un po’ di più il  nostro passato.

Questa è la storia che andrebbe studiata, non quella ricopiata e indirizzata.

E d’altra parte, se il suo essere così sincera l’ha fatta additare come “traditrice”, la dice lunga su chi ha il potere di parlare.

Ma altri hanno pagato il voler raccontare altre verità senza rimanere legati ad un’etichetta (Tamaro, Panza) e sono stati indicato come “traditori” appunto.

Ma questo dovrebbe essere il nostro compito. Capire la storia, conoscere il passato così come il presente, senza doverlo bere attraverso i filtri  che ognuno vuole mettere a seconda dei propri interessi. Ma il viaggio è lungo.

Il sudore di quei fogli, noi non lo vogliamo “sprecare” neanche per leggerlo un mattone di quasi mille pagine, figuriamoci studiarlo.

E’ questa la nostra condanna. L’ignoranza: quella interiore che però nascondiamo, o tentiamo di farlo, “condividendo” tante belle frasi che dimentichiamo mentre leggiamo il prossimo “post”.

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