Una vita a foglietti

Il giorno del voto

Una domenica di maggio che forse neanche voleva venire; siamo alle porte di giugno e piove e fa freddo e portiamo giubbini e ombrelli. Non c’è traccia della bella stagione, non si vede un raggio di sole, non siamo ancora andati a fare una passeggiata al mare.

Ma dobbiamo andare a votare! Qui il grigio del cielo è più adatto all’umore della scheda elettorale. Ma se per il tempo abbiamo speranze, per la politica abbiamo solo certezze: del nulla.

Sono anni, tanti, che mi impongo di avere un peso nella vita del paese. Ho sempre ritenuto il voto un’arma unica per poter contare sulle decisioni della vita sociale. Ho anche completato la mia scheda elettorale e sono andata a prenderne una nuova “per fare il mio dovere”.

Poi, al chiuso, dietro una tenda nera in una classe di giovani ingenui bambini di un istituto elementare, devi prendere una decisione.

Non sto qui a dirvi quale sia stata, il voto è segreto, come diceva una barzelletta un tempo!

Vi dico cosa ho pensato, che riflessioni sto facendo da giorni, mentre cercavo di dare una ripassata alle promesse, alle litigate, alle risse che ormai si fanno per nascondere quella parvenza di dialogo che dovrebbe esserci tra chi si vuole confrontare. Ma qui nessuno ha niente da dire. Di certo non a noi.

Qui ognuno apre solo la bocca, incurante del suono che ne esce.

E senti chi usa il Rosario e la Madonna, chi chiede aumenti delle pensioni d’oro, chi si vende col reddito di cittadinanza, chi ancora nomina l’operaio… e voi metteteci il resto.

Io avrei preferito ascoltare qualcuno che dicesse “Non vi prometto niente”, perché una volta al potere sembra che tutto quello che si trova del vecchio, impedisca in ogni caso il nuovo. C’è sempre qualcosa che frena le migliori intenzioni, c’è sempre qualcuno che cambia direzione e fa rotolare tutti quelli che seguono.

Quale via d’uscita ci state offrendo? Ve la chiede qualcuno che sta qui, in basso, che se urla non lo sentono, che se parla non ha seguito, che se agisce probabilmente sbaglierà, perché le sue azioni saranno dettate solo dalla rabbia. L’unica cosa gratis che ancora ci rimane.

E non è la rabbia contro i migranti, contro il lavoro che non c’è, contro la grande miseria che avete generato. No. La rabbia è verso questa necessità di ignoranza che avete creato.

E non parlo di quella che indica il Partito Comunista, quello che da anni si è arrogato il diritto alla cultura. Ignoranti siete anche voi. Come tutti quelli che cavalcano un’onda e vedono solo quella. Il mare è pieno di correnti, ognuna porta con sé qualcosa. E qualcuno. Il rispetto è fatto per tutti. E quello che si dovrebbe insegnare è questo senso civico e civile che noi non conosciamo da tempo.

I vari Salvini, Di Maio, Berlusconi, Renzi, sono figli di questa ignoranza. E sono stati generati da D’Alema, Fini, Rutelli, Andreotti, Napolitano e tutta quella discendenza di politici che hanno sempre più calpestato il pubblico per tutelare il privato. Che hanno legiferato guardando i propri interessi e oggi siamo alle strette.

Ma per noi piccoli, sia chiaro. Per loro la torta diventa sempre più grande.

Noi quaggiù, e non in senso geografico, pensiamo che ci sia crisi, che non ci siano soldi, che non si possono migliorare le cose perché mancano i fondi. Invece manca solo la volontà.

Un giorno mio figlio, la considerazione è sua e non me ne approprio ma la condivido, mi fece notare che noi (sempre i poveri), non rappresentiamo nessun interesse per la catena economica che si è creata.

Cosa posso significare io per un’economia che ha bisogno di mettere sul mercato pezzi che abbiano un costo elevato per generare grandi guadagni? Io sono il nulla. Io e le persone “povere”, rappresentiamo lo scarto. Noi non generiamo ricchezza. E a fronte di questo ruolo che ricopriamo, che peso dovremmo avere?

E la prova è sotto gli occhi di tutti. La ricchezza è per pochi. La forbice della disuguaglianza si è aperta sempre di più, il che dovrebbe mettere i più bisognosi in una situazione di inferiorità economica ma di superiorità numerica; eppure non ci teme nessuno! Se milioni di persone sono ridotte male, se a milioni di persone si sta togliendo dignità, perché nessuno si muove e nessuno ci calcola?

Perché siamo ignoranti. Perché riescono a farci credere che stiamo male per colpa dell’Europa, dei migranti, dello spread, del rating, e di tutte queste grandi parole che ormai dominano nelle nostre teste e non ne conosciamo forse neanche il significato. Hanno spostato l’attenzione. Il mirino non è puntato su di loro, ma “sugli altri”. Tutti si riempiono la bocca di buoni propositi, tutti si battono il petto dichiarandosi puri d’animo e tutti sono cavalieri senza macchia: all’apparenza.

Qui senza macchia non c’è nessuno secondo me! E non parlo di politici soltanto ovviamente. Perché quelli che sono in alto spesso sono la facciata di ben altre persone che tutelano grandi interessi senza neanche esporsi. E in nome di quegli interessi, sono pronti a gettare a mare tutto ciò che potrebbe ostacolarli.

Ci si scaglia verso l’uno o verso l’altro, e non si vede il gioco comune. Sono settanta anni che convivono governi e opposizioni, ognuno ha creato qualcosa e ne ha distrutto altre. Tutti insieme nella spartizione apparente. Quando qualcuno ha provato a fare una vera alleanza, è stato prontamente tolto di mezzo, perché i veri accordi mettono in mostra la realtà, e qui di verità non se ne deve parlare, altrimenti dietro cosa ci si nasconde?

Il nostro ultimo governo è la farsa per eccellenza. Uno che viene da un’alleanza che ha prontamente tradito e un altro che è nato condannando il vecchio sistema, ma adottandone il sempre attuale assistenzialismo (reddito di cittadinanza), che è la prova assoluta che niente cambierà mai in questo paese.

Quale direzione stiamo seguendo? Ci dicono di non essere pessimisti con i nostri figli altrimenti li rendiamo perdenti; sono d’accordo. Ma essere realisti è concesso?

Noi non viviamo in uno Stato, noi siamo attaccati ad una sanguisuga che ci succhierà quanto sangue abbiamo in corpo e poi ci getterà via.

Io oggi penso che davvero, mi fate talmente schifo, che mi sento bene solo dicendovelo.

Non mi importa chi lo leggerà, chi sarà d’accordo, chi mi condannerà. Mi importa avere un pensiero.

Per anni ho creduto che la libertà dipendesse anche dal voto, oggi sottolineo che l’unica libertà, personale, viene dalla capacità di ragionare.

Non con la pretesa di essere nel giusto, ma con la certezza di essere in grado di generare nella MIA testa pensieri pensati e non introdotti.

Buon voto a tutti!

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