L’attesa
Questo foglio è stato scritto stanotte, ma non davanti ad un monitor e non accompagnato dal picchiettare di una tastiera; c’era il caro vecchio sfrigolio di una penna su un foglio, con le parole un po’ allungate dalla scomoda seduta di un divano.
Parole che mi avevano accompagnata tutto il pomeriggio e che sono venute fuori alla fine della visone di un bellissimo film. Perché l’animo umano è una cosa strana e semplice allo stesso tempo. Sa attraversare grandi difficoltà, ma trova sempre la sua pace nell’Amore.
Scrivevo così…
È una serata che potrebbe durare fino al mattino. È una notte che è stata partorita da tanti pensieri e da un grande film. È una notte che potrebbe portare una notizia speciale. È una notte che conserva un sogno e non si può calcolare il valore di un sogno.
I pensieri di oggi erano tutti di aspettative. Ho cercato di ricordare e fissare ogni momento, in casa e fuori; la pioggia, il freddo, il sole che combatteva con le nuvole, quei piccoli raggi che chiedevano di essere dove ci aspettavamo che fossero e che non riuscivano a trovare un loro spazio.
Guardavo i volti della gente, l’andare del tempo che sembrava fermo e allo stesso tempo sfuggente. Mi sentivo come se avessi saputo che poteva arrivare un terremoto e che ogni cosa poteva cambiare, non ne ero certa, ma provavo, allo stesso tempo, di ricordare il prima e il dopo.
Conosco quest’attesa. Rosa e Marco no. Domani una risposta potrebbe davvero arrivare da loro come un terremoto dolce, travolgente ma gioioso, come possono essere quelli che arrivano per togliere il vecchio e portare nuova vita.
Per questo la notte è lunga. Perché in queste poche ore è concesso di tutto. È il sabato del villaggio, è l’attesa di ciò che potrebbe essere e che non sappiamo ancora se sarà. Non puoi rinunciare a sognare, ma non puoi completamente abbandonarti al sogno. Un limbo in cui hai sperato di poter essere da anni e che ti viene concesso adesso, non sai se per sbaglio o per miracolo. Ma è qui. Un sogno, Il sogno. E merita di essere ricordato. Uno di quei momenti che dopo potrebbero essere cancellati dal turbinio della novità o messo in uno di quei cassetti della memoria che col tempo un po’ sbiadiscono, ma che hanno avuto grande peso in un certo momento della nostra vita.
E l’ho legato a questo film “Ostili”.
L’America dei soldati che rubano la terra e la storia agli indiani con violenza, provocandone altrettanta e generando quindi morte, dolore, rabbia, paura. Da cosa nasce cosa? Chi ha potere, chi deve soccombere?
Un film fatto di pochi dialoghi, ed è stato una pace per le nostre orecchie martoriate dalle abitudini di chiacchiere vuote, di concetti urlati e non capiti e tanto meno rispettati.
Lì c’era la vita che parlava, la realtà. Uomini che si erano odiati perché ad uno era stato imposto di fare il proprio dovere combattendo e l’altro cercava di difendere il suo mondo. Ognuno vittima dell’altro. Ma se l’animo è aperto, se non è marcio dentro, è ancora capace di guardare ciò che vede, di capire ciò che c’è dietro un’apparenza. E da grande lontananza, può nascere grande rispetto.
Sentimenti raccontati da gesti intensi, una forza testimoniata da occhi che non si abbassavano mai, neanche di fronte alla paura, alla morte e al dolore più feroce. Perché era un dolore condiviso. Ognuno, in quel viaggio verso il Montana delle origini, sapeva rispettare ciò che all’altro veniva negato.
Grandi panorami, praterie e montagne mozzafiato, amicizie spese fino alla morte e cattiveria portata dentro fino alla morte. Gli uomini fanno la storia, quella piccola che nasce dalle scelte di ogni giorno e che trasmette valori che, se ti appartengono, non ti tradiscono mai.
Poi la fine. Ancora lacrime e tutto sembra continuare in quella pozza di fango che prova a cancellare tutto. Quegli occhi che avevano visto tanto orrore ma non si erano mai piegati, ora venivano nascosti da lacrime pesantissime che si portavano dentro tutto il vissuto ma non nascevano solo dall’orrore condiviso, ma dalla certezza che si stava consumando un’ennesima perdita, quella di una persona “vera”.
Ma mentre tutto è lento e pesante, un sorriso nasce spontaneo sulle mie labbra.
Una mano afferra quel treno in partenza: non si vede nessun incontro, ma sai che ci sarà.
Non è il solito finale rosa, anzi. In una storia dove sembrava prevalere solo la follia, l’ignoranza, la cattiveria, nasce una possibilità. L’Amore può sopravvivere oltre la Morte, più forte della Morte.
Gli uomini, quando incontrandosi decidono pure di conoscersi, piantano semi: uno dentro l’altro e nuovi insegnamenti nascono e nuove prospettive dovrebbero crescere.
Mi è piaciuto abbinare l’attesa a questa storia. Mi è piaciuto pensare alla bellezza del messaggio in questa giornata di speranza.
Siamo fatti di Amore, solo che troppo spesso lasciamo che la gramigna del male infetti il nostro cuore.
- Il giorno del voto
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