Una vita a foglietti

La Cotta Italia

img_07_0314No, non ho sbagliato. Partiamo è vero dalla Coppa Italia, ma andiamo a finire proprio qui, in questa Cotta, stracotta Italia.

Mi ero impegnata a non fare commenti su un ennesimo fatto vergognoso: se ne perde il conto. Ma quello che sta venendo fuori da questa cosa che non sai se definire solo un agguato, solo minacce, solo offese, solo sdegno, forse sono solamente l’insieme di tutto, e come spesso accade nel Bel Paese, quando c’è di tutto un pò, si rischia di non avere mai nulla di certo tra le mani.

Noi eravamo tra i tanti che sabato aspettavano l’inizio della partita. Già da un pò i vari social avevano parlato dell’aggressione, del ferito in fin di vita, insomma noi, a Cava dei Tirreni, già sapevamo che a Roma qualcosa non fosse andato per il verso giusto. Ma forse nella capitale il traffico deve aver rallentato le notizie e dunque, al momento del fischio d’inizio, invece dell’arbitro, ci siamo ritrovati con Hamsik circondato da giornalisti, statali e parastatali, energumeni e razzi vari, ad aspettare che qualcuno prendesse dure, delicate, drastiche decisioni. A noi sembrava che l’unica cosa da fare fosse giocare, ma noi ragioniamo semplice, senza capire le varie sottigliezze che accompagnano momenti di così alta tensione sociale, quindi chi di dovere, ha ritenuto opportuno dare vita ad una sceneggiata degna del caro defunto Mario Merola e, in mondovisione abbiamo fatto l’ennesima figura di m… (sono sempre la stessa signora).

Da lì poi è iniziato un crescendo di orrori, notizie, smentite, bugie, correzioni, io sono, tu sei, lui ha fatto, quello ha detto, per arrivare a oggi senza aver capito niente.

Abbiamo un ragazzo in fin di vita che la mamma crede”piantonato”, poi c’è il cattivo che è stato cattivo agli occhi di tutti senza possibilità di errore fino ad oggi e ha pagato il suo fare da pistolero, con un piede quasi staccato e la testa fracassata, ma che al TG dell’una, non risultava più così colpevole, perché il guanto di paraffina (si dice così nei films), non dà certezze, ma non smentisce. Ieri c’era stata una testimonianza di un giornalista che riportava la ricostruzione del questore, quindi quasi verità, ma che oggi cambia di nuovo. Poi la “carogna” Genny, ormai famoso in tutto il mondo quasi quanto il tifoso serbo di Genova, che forse farà prossimamente una serie televisiva sulla sua vita, visto che ne hanno dette talmente tante in due giorni da poter riempire mesi di programmi TV(a me sembra che già quella maglia che indossava doveva vietarne non solo l’ingresso  in campo, ma anche il mettere piede fuori dalla porta di casa, ma questo è uno dei tanti pareri che gira nell’etere finto del cielo italiano). Le continue frasi di sdegno pronunciate dal nuovissimo “patron” Renzi, giovane ma con linguaggio degno dei suoi più vecchi amici, a partire dall’altro famoso napoletano Napolitano: “cose che non si dovranno più ripetere”, e perché sono anni che permettete che succedano? I giornalisti che si sono fiondati sulla notizia in cerca di uno scoop, ma che si sono ritrovati in mano il loro stesso scalpo, perché non si sono messi d’accordo su quale versione dare e ne è venuto fuori di tutto un pò, ma tutto sicuramente di dubbio gusto, qualcuno con il reale timore di pestare i piedi a qualcuno. Che rischiava, il posto?

L’Europa pensa a punirci, Prandelli vuole chiudere gli stadi, il Napoli calcio rischia squalifiche, però per stasera, campionato in vista, sono previste 30000 maglie al San Paolo con la frase che invoca la libertà per Speziale. Rabbrividisco al pensiero di tante pecore messe nello stesso recinto!

Non a caso, per ultimo, vi cito uno degli episodi di quel famoso sabato sera che ha poi anche visto disputare una partita che il Napoli ha vinto 3 a 1, ma che non ha dato gioia a nessuno: i fischi all’inno di Mameli. La delusione e l’imbarazzo negli occhi della giovane Alessandra dicono già tanto di cosa deve significare sentire migliaia di persone che prendono a metaforiche “pallate” quello che è il simbolo dell’Italia; ma noi siamo davvero tanto scandalizzati? L’inno d’Italia simboleggia appunto un’Italia che oggi, ma ormai da anni, è rappresentata da persone ignobili, inguardabili, inimitabili, vergognose. Genny, Speziale, De Santis, sono il risultato del vostro schifo, della vostra pochezza, del vostro prezzo. E per un Italia di ultrà cafona e ignorante che fischia l’inno nazionale dimostrando tutto il disprezzo e la non fiducia per chi rappresenta questo paese, perché facciamo passare in secondo piano le frasi e le scelte del magico, fine, colto, ricco, vincente ma “muccusiello” signor Agnelli? Come funziona in Italia, la legge non è uguale per tutti? La Juve è stata condannata per qualcosa. Se realmente ha compiuto quegli illeciti, e la legge dice di si, deve pagare e scendendo in B ha pagato, posando i due scudetti ha pagato, ma allora perché nel loro pallottoliere se ne contano ancora due in più? Perché dire che la stella sulla maglia non la metterai per ora, ma solo quando qualcun altro si dovesse avvicinare con due, tu cucirai quella terza per sottolineare un distacco con la bassa plebe? Qualcuno ricorderà che anche altri personaggi irridono la giustizia, come Berlusconi, che sconta i servizi sociali e continua a parlare da un pulpito per la campagna elettorale. Ma essere in due tre o quanti siete a fare schifo, non diminuisce la colpa di nessuno di voi.

No  cari signori. Non ci siamo proprio. Noi vogliamo la moglie ubriaca e la botte piena. Sappiamo puntare il dito per trovare colpevoli e nessuno mai quel dito prova a passarlo sul nero della propria coscienza, del proprio operato, delle proprie scelte. Se ad Agnelli, Berlusconi è concesso di insultare la giustizia, non vi meravigliate che poi anche qualcun altro, chiunque altro, possa pensare di essere autorizzato a farlo.

Che poi possano avere ragione a non fidarsi della giustizia, questo è fatto ancora più grave, su cui il signor Napolitano in primis, dovrebbe meditare a lungo.

Noi nel frattempo assistiamo e subiamo l’assurda farsa di violenze fisiche e morali pensando di dovere prendere le parti di uno o dell’altro, senza capire forse, che da tutti questi soggetti, in ogni caso, bisogna stare alla larga.

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