Klaidi Sahatçi e Merita Rexha Tershana con violino e pianoforte creano magia alle Corti dell’Arte
Ho impiegato qualche giorno in più per scrivere il pezzo della penultima serata delle Corti dell’Arte e non me ne spiegavo il motivo. Poi ho voluto riascoltare qualche nota di quei brani che Merita Rexha Tershana al pianoforte e Klaidi Sahatçi al violino ci hanno regalato nella Corte del Teatro Comunale a Cava, e ho immediatamente pensato che ne ero stata così colpita da aver avuto bisogno di molto più tempo per assaporare fino in fondo la bellezza di una tale esibizione.
I due maestri hanno iniziato con Edvard Grieg, Sonata n. 3 in do minore per violino e pianoforte, op. 45 ed è stato subito chiaro lo spessore della serata che ci aspettava e d’altra parte, Eufemia Filoselli, nel presentarli, aveva ancora una volta sottolineato il target internazionale e l’alto livello dei due talenti che avevamo a disposizione.
Merita Rexha Tershana è una delle pianiste più attive in Albania e tiene i suoi concerti in tutta Europa. Si presenta con un abito lungo, dello stesso colore ramato dei suoi capelli e un sorriso luminoso, quasi quanto le sue dita che voleranno dolcemente sulla tastiera.
Klaidi Sahatçi è un virtuoso del violino e porta con sé uno Stradivari del 1719 che in qualche modo garantisce e annuncia le sue capacità. Che, assolutamente, non saranno per niente disilluse.
Piccoli tocchi per dare il via all’esibizione e subito si crea una seduzione, come un mago che raccoglie note dall’aria e le trasforma in un legame di complicità. È un movimento unico, il corpo che segue il ritmo come a sottolineare uno sforzo quasi fisico, per cercare un riparo ma non un riposo. Il cammino è ancora lungo. Lui segue il suo ritmo, lei fa lo stesso con la morbidezza delle mani, per regalarci un suono che è sempre esplorazione, ricerca.
Nel secondo brano non c’è più lo spartito: Camille Sait-Saëns Introducion et Rondò capriccioso, op. 28. La tentazione di chiudere gli occhi e lasciarsi andare è troppo forte. Un viaggio sulla fiducia senza conoscere né la meta né il mezzo di trasporto. Unica certezza è l’andare. Profondi sospiri, come ad assaporare il gusto di queste note che saziano l’anima. Passaggi ripetuti fino allo sfinimento, a voler sottolineare l’importanza di qualcosa, come una preda che non deve scappare al suo inseguitore.
Un violino mozzafiato. Un vero fuoriclasse.
Si conclude con Brahms, Sonata n. 3 in re minore per violino e pianoforte, op. 108.
Ormai tutta l’aria si è riempita di questa dolcezza. Né è talmente satura che nulla, dall’esterno, si è permesso di disturbare un tale incanto. Perfino le mura si sono nutrite di quelle ombre che, come il loro originale, ovunque regalano qualità immensa.
Siamo stati dissetati per oltre un’ora e all’improvviso ci sentiamo aridi senza quella musica, che per fortuna ritorna con “Sicilienne” di Maria Theresia von Paradis.
Le mani morbide di lei, i movimenti, delicati, a volte impercettibili, che senti più che vederli, grazie a quell’armonia che creano per noi.
L’applauso per loro, lunghissimo, sincero, sentito e dovuto, cerca di ripagare per quanto abbiamo ricevuto.
Eufemia torna, visibilmente emozionata quanto noi e, oltre a ringraziare Giuliano Cavaliere, Direttore della Rassegna, per aver portato qui da noi ancora musicisti di eccezionale caratura, può solo aggiungere “Che meraviglia”.
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