Una vita a foglietti

A Salerno, Vladimir Luxuria presenta “Perù aiutami tu” con Scena Teatro

Chiesa di Sant’Apollonia a Salerno, è questa la sede che Antonello De Rosa e Pasquale Petrosino hanno scelto, sabato 10 novembre, per accogliere l’amica Vladimir Luxuria per la presentazione del suo ultimo libro “Perù, aiutami tu” (PIEMME).

L’ingresso che fanno sembra davvero quello di una sposa verso l’altare. Solo che l’altare non è quello consacrato, ad aspettarla c’è la giornalista Annalisa Vecchio che condurrà la serata e la “damigella-amica” Nadia Girardi, rischia di rubarle per un attimo la scena con la sua notevole presenza e l’abito scintillante. Ma l’attesa è per Luxuria e il numeroso pubblico lo sottolinea con un lungo e caloroso applauso.

La serata vede subito protagonisti i ragazzi di Scena Teatro che si avvicinano per leggere brani dal libro.

Luxuria, con il suo abito a stampe floreali, segue con attenzione. Ascolta, negli occhi forse il ricordo delle scene della partenza, ma ora gli stessi occhi guardano il pubblico, la sala, tutti quelli che sono qui per lei. Un po’ qui e un po’ più lontana, uno sdoppiamento, un essere corpo e anima. Ancora una volta.

Ai piedi dell’altare Antonello prende la parola e spiega, soprattutto a Pasquale, perché non ha la giacca: “Io gli amici li accolgo in libertà e Vladimir per me è un’amica e qui mi sento come a casa mia”.

Annalisa inizia il suo intervento sottolineando le molteplici attività della sua ospite, come giornalista, politica, attivista impegnata nel sociale e allo stesso tempo innamorata del teatro. E poi nella nuova versione di narratrice di un viaggio. E primi perché di una scelta così diversa.

Vladimir parla e come prima cosa ringrazia per l’invito, che le ha dato la possibilità di vedere Salerno nel momento di maggior splendore, in concomitanza cioè delle Luci d’artista. Poi passa alle risposte:

“Il libro nasce innanzitutto come scelta lavorativa. La mia editrice mi ha chiesto di scrivere ancora, vista la buona esperienza della prima pubblicazione. Dall’incontro viene fuori occasionalmente il viaggio che ho deciso di fare in Perù e da qui la proposta di raccontarlo, di farlo diventare un diario. Una sfida per me che volevo solo visitare quel paese a cui pensavo con attrazione quasi mistica e che non volevo confondere col lavoro. Ma poi c’è stato un incontro, e mi sono decisa”.

È così che ci siamo ritrovati tutti ad essere spettatori curiosi di questa vacanza che si è rivelata ben altro. Scoperta, confessione e anche promessa. L’incontro di cui Vladimir ci parla è quello con Sara, la piccola guerriera a cui è dedicato il libro. La storia è semplice e rivelatrice. Durante una presentazione a Cerignola, le chiedono se può incontrare una persona che ci tiene tanto a conoscerla. Il sì viene spontaneo perché la disponibilità è una delle sua doti naturali, ma la cosa strana è la richiesta di doversi recare a casa di questa persona: “E chi è la Regina?” la prima reazione. In realtà Sara è un’adolescente costretta a letto dalla spina bifida e dunque impossibilitata a seguire il mondo da vicino. L’incontro avviene e, come spesso accade, è il malato che aiuta il sano. Ed è proprio Sara, “un angelo con neri e lunghi capelli profumati”, a chiederle di prendere appunti in quella vacanza che farà, “viaggia e raccontami le tue emozioni, sarà come essere con te”.

Ed è stata questa richiesta a trasformare un viaggio in racconto.

“Si scrive da soli, ma, come tutti quelli che creano qualcosa, non si è mai soli. Teatro e scrittura sono l’elogio della lentezza”. La differenza viene sottolineata da Luxuria perché per lei c’è anche la grande esperienza televisiva con numerosi programmi di successo, come anche Annalisa ricorda e il tubo catodico ha tempi precisi, spazi pubblicitari, insomma, troppe interferenze che spesso mortificano il contatto col pubblico ma ripagano con più visibilità.

Altri ragazzi si accomodano sui gradini dell’altare e riprendono la lettura. La guardo e la vedo sorridere al ricordo di Julio Iglesias, al sospetto della passione di sua madre, alla necessità di distrarsi dalla realtà. Fa sempre effetto risentire le proprie parole lette con altre voci, con altre emozioni.

Annalisa riprende il discorso con la sua ospite, con la quale c’è una sensazione di feeling naturale. Sarà perché hanno gli stessi ricordi generazionali, che oggi si potrebbero quasi definire “archeologici”.

Eppure, tra il reale e il narrato, tutto sembra confondersi.  È il momento della lettura di Antonello. Ha scelto le pagine di Lux, la bambina dei giochi, del viaggio in autobus. Ma anche quelle del dolore.

Lo sguardo di Vladimir è basso, il ricordo nelle parole fa male. Neanche gli applausi fermano il luccichio degli occhi.

Quando comincia a parlare non è più la scrittrice, il personaggio pubblico che sta presentando il suo libro. È una persona che ha nelle mani e nella voce il peso dei ricordi, le lotte contro la realtà, il confronto con se stessa e il resto del mondo. La mamma di Lux le aveva rivolto questa frase “Quelle come te ci sanno fare con i bambini”. Parole che si pronunciano senza immaginare quanto in profondità potranno cadere, quanta strada percorreranno, quanta polvere sporca alzeranno. Perché qualcuno, in passato, l’aveva allontanata dal proprio bambino, non le aveva concesso né una carezza e nemmeno uno sguardo.

“Quando sei sola è più facile far riemergere i ricordi”

Ed è stato bello ascoltare tutto quello che ha scelto di raccontare a noi che restavamo seduti davvero in raccoglimento, come ad una funzione, senza voler essere blasfema. Ma il Signore si svela nell’Eucarestia e noi stavamo ascoltando una persona che stava buttando via tanti veli del suo passato, del suo dolore, del suo vissuto per raccontarlo a noi. O forse lo stava raccontando a se stessa. Perché chi ha un passato fatto di tante cicatrici, di tanti mattoni tirati su a protezione, spesso si ritrova prigioniera di se stessa. Ed aprire uno spiraglio, respirare un po’ d’aria fresca è una necessità che cogli. È sopravvivenza.

Come la storia della prima volta che confessa ad un amico il suo disagio di vivere nel corpo di un uomo e che subito diventa di pubblico dominio perché è più facile puntare il dito che comprendere. È più facile emarginare che accogliere. Ma la vita, se abbiamo pazienza e fiducia e fede, ripaga. “Le nuove esperienze con i ragazzi sorridenti del Perù, mi hanno regalato un po’ di pace.” Pace per quelle ferite che non passano mai, ma con le quali si impara a convivere.

A questo punto siamo tutti commossi. Chi intervista chi si confessa chi ascolta…

Il ritorno dalla “città perduta”, l’augurio della vecchia “Mucha suerte”, fatto con un sorriso “dove c’era l’umanità”, con pochi denti di cui uno d’oro. Quello è il vero oro, la vera ricchezza di un popolo che i loro conquistatori non sono riusciti a portar via. Quando la ricchezza, il desiderio di possesso ti fa dimenticare “gli altri”, allora si è in pericolo.

L’intervento di Anna De Rosa, con considerazioni e brevi domande, ci riporta un po’ tutti con i piedi per terra.

Ne abbiamo bisogno, perché il racconto di Vladimir non è finito. C’è ancora la parentesi della famiglia, il confronto scontro con chi non accetta e non comprende un’esigenza diversa e ti mette al bando, anche durante una cena di Natale!

Stavolta è Annalisa che torna in nostro aiuto, presentando nuove letture e chiedendo poi informazioni su progetti futuri e soprattutto se ci sarà altro teatro a breve termine. Ancora una volta si sottolinea la profonda differenza di una tua emozione che arriva al pubblico e ti ritorna moltiplicata e un programma in TV che serve a farti dire “Ti ho vista in televisione!” Prezzo della fama.

Siamo arrivati alle ultime battute. La serata, come spero di avervi trasmesso, è stata ricca, sincera, emozionante. Condotta con discrezione e professionalità, dedicata ad un personaggio che non ha rivelato nulla del suo essere protagonista, ma molto del suo essere persona. Anche quando accetta la maglietta creata per la recensione del suo libro, e confessa di non aver mai ricevuto un regalo durante le sue numerose presentazioni!

C’è ancora una poesia da leggere e sono io a doverlo fare. Lettera al Perù, di Alberto Hidalgo Lobato.

Mi alzo e dovrei solo leggere. Invece cado in questa dichiarazione d’amore, in questa descrizione di un luogo, di chi lo ha abitato e lo ha reso ciò che noi scopriamo “…come da una serratura rimasta senza sogni”.

Per le ultime parole ho bisogno di un respiro più profondo. Ripenso ad una piccola frase che Vladimir ha pronunciato nel corso di questa serata “Mi travestivo da uomo” e sento il peso di tutte le vite che non sono vissute “veramente”. A chi non si conosce a chi non può conoscersi a chi non può rivelarsi. Ai popoli sottomessi e a quelli cancellati. A chiunque è nascosto dietro un desiderio o solo dentro una paura.

 

 

foto Felice Capasso, grafica T-shirt Giuseppe Senatore (Peppe cioccolata)

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