I giorni prima del giorno con Joe Black
Ci sono diverse prefazioni a questo foglietto. Ha una data vecchia e un’altra ancora, ma erano rimasti nascosti tra cose che non aprivo da tanto. Le solite briciole di Pollicino che però portano sempre da qualche parte…
Quei giorni erano iniziati così, semplicemente con un sogno. O almeno così credeva. Perché tra i vari foglietti che dappertutto si trovavano, aveva notato che questo pensiero della morte non era proprio nuovo.
Diceva così quel foglio datato 23/9/2015
Storia di una malattia non scoperta. Occhi che guardano le cose di tutti i giorni immaginando che non saranno più così. Che non saprai di ciò che faranno i tuoi cari, non ci sarai quando avranno bisogno di una tua parola.
Perché ci pensava così tanto e poi quel sogno a quasi un mese di distanza?
Cava, 22/10/2015
Ho conosciuto Joe Black. Mi ha regalato occhi nuovi. E tanto altro.
La prima cosa che mi viene in mente è la differenza della percezione del tempo. Per me non saranno passati più di 30 minuti, ma quello che ho visto, quello che mi è stato raccontato, avrebbe bisogno di ore per essere descritto. E il racconto non aveva parole, solo emozioni. Grandi, forti, gioiose, dolorose, intense. La certezza del peso delle notizie, confuse con il dolore fisico e la convinzione che le grandi decisioni erano state prese. Sapete cosa è strano? Che una volta realizzato chi è che ti sta “parlando”, ti sorprendi non perché è lui, ma perché hai sempre saputo che c’era, che sarebbe arrivato. Ma molti non aprono gli occhi per guardare, o forse li chiudono, spaventati per quello che possono vedere. Ma non è una visita che fa paura. Davvero. In alcuni momenti ho anche ringraziato, perché ora so e so che avrei dovuto sapere da tempo, come tutti, ma fingiamo. E sbagliamo.
Fa differenza però, questo voglio dirlo per discolpare chi, come me, anche dicendolo tante volte, in realtà non aveva “prove”. È come dire che sappiamo che esiste l’amore, ma fino a quando non lo sentiamo nel cuore, non possiamo dire di conoscerlo. Sapere, conoscere, sentire. Verbi simili, ma con profonde differenze. Perché mi sento nuova stamattina. Nuova in un modo strano, mai provato. Come se volessi afferrare tutto e sapere di non poter prendere niente, ma cogliere, si, forse è questo il temine giusto. Cogliere tutto quello che mi gira intorno, che vedo, che sento. Cogliere ogni attimo che mi è concesso, pensare a tutto quello che voglio dire e che non ho ancora detto. Del fare non mi viene in mente molto. Ieri ho finito anche gli appunti di Jennifer. È la mia unica fatica in corso. L’ho inviata, se pure dovessi assentarmi, ci sarebbe tutto il materiale per andare avanti.
Se potessi farvi vedere il mio volto, vi stupireste del mio sorriso. Sorrido con gli occhi lucidi. Sono felice per tutto quello che ho avuto e preoccupata per qualcuno che forse non sarà così contento. E anche questo è normale.
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