Una vita a foglietti

25 anni, prima e dopo

Ci sono momenti importanti da vivere, ma che sembrano cominciare quasi per caso.

La festa dei nostri 25 anni di matrimonio non è arrivata a sorpresa ovviamente, ma il modo in cui ha preso forma è stato forse un’intuizione. Che come sempre parte da un desiderio: condividere con chi non sarebbe stato qui, l’attesa e la realizzazione di un traguardo che segna molto la nostra vita.

E quindi siamo partiti dalla cosa principale che volevamo, celebrare una funzione per noi, nella stessa Chiesa dove tutto era iniziato, con don Antonio che ha segnato fortemente il cammino spirituale della nostra famiglia e con le persone che hanno condiviso con noi la storia che abbiamo vissuto.

E per tutti, pensandoli, nasceva spontaneo un pensiero, un ringraziamento, perché non c’è nulla di scontato nel restare insieme; ogni rapporto va costruito, tutelato, messo alla prova e chi supera tutti questi ostacoli, merita di essere ricordato, E come una catena di pensieri che si accavallavano, nasceva un’organizzazione, un motivo comune per ogni azione che andavamo a compiere. E dunque perché non trasformare questi pensieri in una “bomboniera” personale, dedicata a…

E, ritornando al racconto che è iniziato per la grande assente, Camilla, ho scritto per lei quelle pagine che mi arrivavano da ricordi, emozioni verso ognuna delle persone che sapevamo ci sarebbero state.

Iniziamo dagli amici.

La prima è Annalisa. Lei è con noi da oltre 25 anni eppure ancora adesso ho impresso nella mente il suo volto quando entrò in serigrafia con quella busta in mano. Non so se ti è mai più capitato di portare una notizia così. Allora non lo sapevamo cosa poteva rappresentare quel risultato “Positivo”, oggi lo sappiamo benissimo. Quella tua emozione mi è rimasta addosso sempre in questi anni, legata ad uno dei momenti più belli che una vita può regalare: la scoperta di essere mamma. Quindi grazie, per quella buona novella che è ancora fonte di gioia infinita.

Annamaria: cosa dire di lei. Noi ci siamo conosciute sui banchi di scuola delle nostre figlie e gli anni insieme ci hanno portate a condividere momenti bellissimi e altri tragici. Ma lei ha saputo fare, passo dopo passo, tutto il cammino fino ad oggi. Ha condiviso la felicità della nostra famiglia senza mai paragonarla alla solitudine del suo essere vedova. Tra di noi lacrime, ma soprattutto sorrisi. E rispetto. Grazie per avermi insegnato, col tuo dolore, quanto conti la vita.

Samantha e Patrizia. Amiche nuove di zecca quasi rispetto agli altri, ma di quelle con cui ho condiviso giorni, mesi, anni interi. Quelle che mi hanno conosciuta in ogni mio aspetto, personale, familiare, lavorativo e che mi hanno dato la gioia di sapermi sopportare sempre.

Marco poi, il più “vecchio” perché siamo cresciuti insieme ma negli anni in cui la vita ci segnava fortemente non c’eravamo l’uno per l’altra. Una Chiesa ci ha fatti ritrovare ed oggi siamo testimoni della bellezza di un’amicizia che non ha interessi, ma solo voglia di condivisione delle piccole grandi gioie che la Parola del Signore ci regala.

 

Arrivo alla famiglia. I Capasso, quella acquisita, che oggi non so più distinguere dalla mia. 37 anni sono una vita. Noi siamo cresciuti insieme, ci siamo dovuti conoscere, confrontare, scontrare e poi rispettare. Grazie a Emilia, Annarita, Cinzia e alle loro nuove famiglie, per come mi fanno sentire da anni “una di casa”.

E Salvatore. Come definirlo suocero? La prima cosa che ricordo di lui sono le coccole che dedicava alle sue figlie. Gesti sconosciuti per me. Ma ha dovuto scoprire a caro prezzo cosa vuol dire perdere i gesti affettuosi della compagna di vita. Una mancanza difficile da accettare e che oggi cerca di compensare occupandosi delle famiglie dei figli come qualcosa da tenere insieme a tutti i costi, perché il dolore che lui vive, non arrivi troppo presto per nessuno di noi.

Nipoti. Ne abbiamo tantissimi. Belli, bravi, talentuosi, educati. Sono il nostro futuro, non il nostro riscatto.

Per il capitolo La Valle dirò poco, che è comunque tanto. Eravamo… eravamo qualcosa e siamo diventati altro. Abbiamo perso dei pezzi, ma quelli che sono rimasti hanno voglia di scrivere pagine diverse. Ce la faremo, ne sono certa.

Di Camilla e Salvatore ho sempre detto molto, in tanti altri appunti. Camilla non c’è e la sua assenza pesa. Mi mancano i suoi occhi brillanti, la gioia che sa riflettere per quello che siamo, la sua forza talmente grande da non saperla riconoscere tutta. Per Salvatore dovrei aprire parentesi grandi, immense. Se Camilla è stata l’inizio della nostra famiglia, tu sei stato la sorpresa perfetta. Non so ancora definirti con precisione: sei antipatico, testardo, sensibile, intelligente, delicato, trascinatore, sognatore. Non mi aspetto nulla di banale da te, ma non significa che ho aspettative su di te. Spero che saprai ben metterle insieme, meglio di un’altra persona che aveva alcune di queste caratteristiche,e riuscire a far esplodere quell’amore per l’arte, per il bello, per la vita, che hai dentro quella testa che è sempre accesa, ma sempre in un posto diverso da dove vorrebbe il tuo papà.

Papà Felice. Eccoti qui. Sei ultimo nell’elenco, ma mai ultimo nella mia vita. Dirti “grazie” sarebbe riduttivo. In 37 anni sei riuscito sempre, anche quando le cose andavano a pezzi, quando si litigava, quando eravamo sull’orlo di un burrone, a farmi sentire la TUA persona importante. Forse nessuno ha mai detto tante parole d’amore ad una donna, senza pronunciarne quasi mai una. Su quei due ragazzi che avevano gli stessi capelli non avrebbe scommesso nessuno e forse neanche noi lo abbiamo fatto. Per questo abbiamo continuato a crescere insieme coltivando i nostri sogni, che poi abbiamo scoperto essere uguali. E arrivare al primo traguardo in questo modo, è di certo la risposta migliore alle possibili domande che ci siamo posti durante il cammino.

Queste pagine sono state il mio ringraziamento in Chiesa. Ma ovviamente quando le avevo scritte eravamo nel “prima” e non sapevo che cosa ci avrebbe regalato il “dopo”. Ma poi l’ho scoperto.

Preparare tutto quello che dovevamo in due giorni, è praticamente da folli, ma non fa altro che confermare quello che siamo. Abbiamo deciso di fare cose semplici e di farle con le nostre mani. Un modo per coccolare ancora un po’ i presenti, perché oltre a quelli citati ce n’erano altri che ritroveremo in seguito. Non dimenticherò nessuno. Tutti questi impegni, dalla cucina alla sala alle fedi alla torta ai fiori, passati ognuno per le nostre mani, ci hanno portati a dieci minuti di ritardo. Ne siamo dispiaciuti, ma vi assicuro che abbiamo lottato contro il tempo.

La Chiesa era già piena dei nostri cari, la celebrazione era solo per noi e quindi don Antonio ci ha perdonati. La tensione che avevamo Felice ed io si tagliava a fette, non riuscivamo quasi a parlare. Solo quando la musica è iniziata ci siamo presi per mano.

Le parole di don Antonio sono state una gioia per la nostra anima. Quando una persona può parlare di te perché è anche testimone della tua vita, riesce a percepire sfumature leggere ma profonde, che fanno la differenza tra una festa dovuta e un’avvenimento vissuto.

Il momento della conferma della promessa, Salvatore che ci ha portato gli anelli e che ha letto per noi, sono stati tutti di grande intensità. Mi rendo conto di aver avuto un sorriso stampato in faccia per tutto il tempo ma non riuscivo a trattenere la gioia e l’emozione che provavo.

Quando don Antonio mi ha portato il microfono per farmi leggere il mio “foglietto”, non sapevo neanche se la voce mi sarebbe uscita, ma, con qualche pausa ce l’ho fatta. Mi sembrava di non sentire neanche un respiro, ma so che ogni parola è arrivata al cuore di chi l’ha ricevuta, perché da un cuore sono partite.

La festa che è seguita dopo, è stata la degna continuazione di una serata perfetta. Tutti i presenti si conoscevano in un modo o in un altro e tutti potevano stare insieme. Felice ed io giravamo tra loro cercando  di approfittare della presenza di ognuno per scambiare due chiacchiere, perché non abbiamo occasione di vederci sempre. E questo forse ha reso l’atmosfera ancora più vera. Non è mai la quantità che fa la differenza, ma solo la sincerità con cui si trattano le persone.

Ci è toccato poi il ballo sulle note di Romeo e Giulietta, anche se mi sono permessa di confessare a Felice che a noi è andata decisamente meglio, visto che la nostra storia l’abbiamo potuta vivere!

E allora spazio agli altri amici, quelli che erano fuori del foglietto della Chiesa per questioni solo di tempo, mai di  trascuratezza.

Rino Mercone. Lui è l’amico della neve, dei computer, delle cene, delle grani risate ed è stato testimone di un grande dolore. Ci siamo conosciuti da giovani, ci siamo confrontati da adulti e oggi ci ritroviamo con le nostre famiglie a trascorrere insieme ancora momenti felici.

Nino e Maria Pia. Loro stati i primi amici a dare l’esempio, e sono stati i primi ad aver “il coraggio” di affidarmi la primogenita Rossella. Un impegno che, anche a distanza, sento fortemente. Grazie perché anche con voi il passare del tempo non è stata una sconfitta.

Angelo e Giovanna. Dopo i vostri 25 anni, ci ritroviamo con i nostri. Abbiamo rischiato anche con il lavoro di toccare lo stesso traguardo, ma non si può avere tutto dalla vita 🙂 🙂 :). Ma non disperiamo, tutto può sempre succedere.

Luciana e la signora Anna. Ci conosciamo da talmente tanti anni che nel pentolone della vita abbiamo messo di tutto. Sarà alla fine del percorso che scopriremo il vero sapore di ciò che abbiamo costruito.

Alla signora Maria, persona che ci ha regalato il suo affetto nella maniera più semplice e spontanea e allo stesso modo è stata ricambiata.

A don Osvaldo che ci ha ospitato nella sua Casa diciamo grazie per l’accoglienza non solo di stasera, ma da sempre. Il piacere di un sorriso sulla porta di casa è un valore inestimabile.

Al nuovo giovane don Giuseppe. Chi ti ha preceduto ha speso parole importanti su di te e non credo si sia sbagliato. La gioia e l’entusiasmo che trasmetti nel parlarci di Dio sono tasselli importanti di un percorso che, speriamo, riusciremo a fare insieme senza troppe interruzioni.

Per don Antonio si dovrebbero concentrare moltissimi momenti, tante parole e sensazioni indimenticabili. La sua presenza durante anni troppo difficili ha rappresentato davvero un’ancora di salvezza. Non capita spesso che una persona riesca, in così poco tempo, ad occupare tanti spazi che in una famiglia erano vuoti senza averlo mostrato. Grazie dunque per l’amicizia, per la presenza, per la Parola che ci regala e che sempre ci rasserena l’anima.

La serata è finita. Qualcuno ha fatto notare che però mancava qualcosa: le parole di Felice. Ma lui non è uno che parla facilmente in pubblico, anche se qualcosa da dire l’aveva.

Ne abbiamo parlato a casa e mi ha confessato il suo pensiero. Da piccoli Camilla e Salvatore, in occasione di una festa del papà, gli avevano regalato un libricino tascabile pieno di frasi dedicate ai papà. Lui le ha lette spesso, come se ognuna fosse dedicata proprio a lui e tra tante una l’ha colpito particolarmente:

“Il regalo più bello che un padre può fare ai suoi figli, è amare la loro madre”.

Questo siamo. Queste parole pronunciate in silenzio, in privato, sono state davvero il regalo più bello che ancora mi potesse fare.

Grazie a tutti per essere stati ed essere ancora, testimoni di una bella storia d’amore.

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