Alle Corti dell’Arte i Rosa’s Quartet: e la magia continua
Quando entro nel portone di Palazzo Benincasa, ricordando le emozioni dello scorso anno nel vivere le Corti del Borgo, penso di essere pronta ad un certo tipo di accoglienza, ma mi sbaglio. È un portone che avrò superato migliaia di volte nella mia vita e mai avrei immaginato che potesse nascondere un interno così: scale da salire e all’improvviso, con immensa sorpresa, ti affacci in un prato. Scale di ferro per arrivare al terrazzo dei condomini che ci ospitano: “Un giardino incantato”, come sarà definito, a ragione, tra poco. Nell’aria continua a risuonare una nota che sembra voler continuare all’infinito, ma è l’accordatore che regola il piano del quartetto che si esibirà stasera. Tra il palco e il pubblico un arancio, e il primo pensiero è per il meraviglioso profumo che regala quando è in fiore. Quando arriva Eufemia Filoselli a presentare, aggiungerà l’idea delle zagare per immaginare la serata perfetta.
Le Corti dell’Arte, la Rassegna curata da Felice Cavaliere, stasera ci regalano, grazie all’ospitalità del signor Mario Benincasa, i Rosa’s Quartet, quattro grandi musicisti che eseguiranno musiche composte esclusivamente per loro. Cosa che li rende unici o quasi. I nomi sono di elevatissimo spessore: Luca Cola al contrabasso, Ettore Belli alla viola, Adriano Ranieri alla fisarmonica e al bandoneon e Gilda Buttà al pianoforte. Su quest’ultima si sofferma Eufemia, non per sminuire gli altri, tutti valenti insegnanti di musica, ma perché lei ha studiato con Jacopo Napoli, colui a cui Felice Cavaliere ha voluto intitolare la sua Accademia musicale; un talento rivelatosi prestissimo che l’ha portata dalla lontana Sicilia fino a Milano a coltivare l’enorme potenzialità prontamente scoperta. Non a caso ha collaborato con Dalla e Vasco Rossi e partecipato a quasi tutte le esecuzioni discografiche e cinematografiche di Ennio Morricone.
Ma vi assicuro che nonostante la presentazione, le grandi aspettative, quello che abbiamo potuto scoprire di persona, è stato molto di più. Meraviglia per noi. Ci aveva definiti privilegiati Eufemia, e così è stato.
Sono tutti vestiti di nero, l’unica cosa diversa che si nota sono i chiari capelli di Gilda e il suo bianco sorriso: sembra quasi mingherlina davanti a quel piano immenso. La bambina è ancora lì.
Le note della fisarmonica si presentano senza prepotenza, leggere e delicate, introducono la viola, il contrabasso e il piano, che sottolinea note più forti. Quando tutti ormai suonano, è meravigliosa la sintonia e l’emozione che regalano. Poi di nuovo le note solitarie della fisarmonica. Non voglio scrivere, non voglio perdere niente del movimento che si apre in un mondo di sospiri, di opportunità, di scoperte. I suoi tasti sono come quelli di una vecchia tastiera e di emozioni ne racconta. Anche la gestualità del corpo, del capo, accompagna quei tocchi delicati che si sovrappongono alle note degli altri strumenti.
È un cocktail nuovo quello che hanno preparato. Un misto di sapori che accompagnano una splendida serata: quattro ingredienti che mescolano con profonda sapienza, in modo sempre nuovo, diverso, originale. Forse in loro stessi, nella loro unione spicca il quinto elemento, quello segreto della complicità, della passione, che non ammette copie, non consente imitazioni.
Le stesse note eseguite con strumenti diversi? Che effetto. Eleganza, semplicità, maestria: sembra quasi facile quello che stanno facendo, ma è quella polverina che rende unico ciò che stiamo ascoltando.
Alcune voci provano ad intromettersi da un lontano vicinato, ma è solo un attimo. Niente può turbare questa atmosfera perfetta. Chiusura con svolazzo. Sembrava davvero una pennellata quell’archetto della viola!
Consapevolezza e leggerezza, queste le sensazioni forti che arrivano, padronanza assoluta degli strumenti, profonda sensibilità da donare ed il risultato è una melodia dolcissima. Che rapisce.
Ad un certo punto sembra comparire un grande porto, una nave che parte per un viaggio lunghissimo e quegli ultimi saluti, tanto brevi, ma che dovranno durare per la lunghezza del viaggio. Sono così quelle note. Un saluto infinito (Sobre el otono – di M. Palmieri)
È una storia di città che adesso leggono su quegli spartiti? Il contrabasso sembra ripetere il rumore ossessivo del traffico, rumore che spera di trasformarsi in suono e gli altri lo accompagnano in questo cambiamento. Piccoli tocchi sulle corde della viola, leggeri passaggi sui tasti del piano e la città è alle spalle. Di nuovo campagna, aria aperta, spazio, libertà… e di nuovo la fisarmonica; tutto, tutti di nuovo a raccontare soavità. Una nuova storia che ritrova un suo ritmo nuovo, sensuale, leggero, che sfuma dolcemente, come il sole che tramonta all’orizzonte… (L’ovvio e l’insondabile – A. Giraldi)
E ora? Come raccontarvi dove siamo con quest’altra meraviglia? Non basta un divano e una buona compagnia, non rende un piano bar e un buon bicchiere: a meno che non sia un Calvados… Sì, forse è proprio quell’albergo dove si vivono tante esistenze e nessuna: dove non basta una vita per raccontarle. Sono storie che spuntano intense, prepotenti da ogni strumento, per non dimenticare, per non essere dimenticate. Sono i passi nella notte piovosa e silenziosa, sono i fari delle poche macchine che illuminano uomini persi che cercano di arrivare a domani (Equilibrista – G. Sibaldi)
Il bis dopo il saluto, è dovuto. Aspettiamo solo che finiscano i fuochi d’artificio e il piano riprende. La viola è un respiro, si diffonde e penetra, poi si stacca per dare spazio agli altri. Ognuno si intreccia nelle note dell’altro: sono tutto, tutto quanto serve per viaggiare. Un bagaglio completo di cose indispensabili. Niente di superfluo, niente di inutile. Solo delicatezza, ancora una volta estrema leggerezza ed eleganza.
Lievitiamo un po’ sulle sedie, ma non andiamo via; non possiamo rinunciare a tanti cambiamenti di tonalità. Una giostra che ci porta su e giù, ci fa battere i cuore, ci calma e poi di nuovo giù in picchiata. Ma nel frattempo, lassù, abbiamo visto molto: cose lontane, paesaggi che meritano un po’ di tachicardia. E ne conserveremo il ricordo, come l’emozione del ballo con la persona amata, come la promessa di un mondo delicato, fantastico, puro.
Non c’è inganno in quest’arte.
Eufemia torna sulla scia di questo ulteriore lungo e meritato applauso. Torna e oltre a condividere i complimenti per la piacevole serata che ci hanno regalato, annuncia che il programma della Rassegna subirà un cambiamento. L’opera buffa di Donizetti in programma per giovedì primo settembre, non sembra troppo adatta in questi giorni che ancora ci parlano di troppo lutto e dolore. Ci vedremo lo stesso nella corte di San Giovanni, ma per ascoltare una serata di musica sacra. Ingresso libero, ma il salvadanaio della promessa sarà lì, a ricordarci che tutti possiamo fare qualcosa per non spezzare i sogni.
- Francesco Libetta alle Corti dell’Arte: un racconto in note
- Le Corti dell’Arte: con un concerto di musica lirica, chiudono anticipatamente la Rassegna