Una vita a foglietti

Associazione Cuba World, oasi sociali di crescita

cubaDa Vivimedia

Cava 6/6/2016

Se dico ai miei figli che sono in una discoteca, mi fanno un amorevole sberleffo. Eppure ci sono. Non orario tipo, manca poco alle 19.00 e mi ritrovo a guardare delle prove. Prove di ballo cubano  dell’Associazione Culturale Cuba World che venerdì 10 Giugno, avrà il suo spettacolo proprio qui all’Officina.

Mentre Marisa Annunziata e Silvia Guarino mi elencano un po’ di nomi delle “colleghe” ballerine, io ne riconosco altre: Fabiola, Brunella, Annamaria. E un motivo c’è. Siamo tutte più o meno della stessa età, a salire e non sotto i cinquanta. In questo gruppo di donne vispe e colorate, spicca un uomo riccio, magro, cubano, alto e con un nome lunghissimo: Lazaro Antonio Leon Montesino. Il sorriso è di quelli calorosi di chi è nato con il sole e l’accento, nonostante i tanti anni in Europa, non ha perso la cadenza sudamericana. Meraviglioso. Mentre comincia a dare le prime indicazioni per le prove, Silvia mi si avvicina e mi racconta in pochi passaggi quella che deve essere una delle tante bellissime storie che meriterebbero di essere raccontate. Gli studi di danza classica, l’amore per il ballo, la tournee con il gruppo Tropicana, la sosta a Madrid e poi l’Italia.

Intanto si è pronti per il primo ballo. Le guardo mentre si sistemano sulla pista. La musica parte e i corpi seguono le note in un sincronismo invidiabile, con un impegno e un’attenzione tangibile.

Non posso non pensare al contrasto con questa società che oggi cerca di costruire grandi talenti praticamente in fasce e queste donne, come detto non più giovanissime, che hanno deciso di mettersi in gioco per qualcosa che non sarà il successo, non sarà il corpo statuario, non sarà la carriera all’Operà di Parigi. No. Ma forse è molto di più. Per queste donne la sfida è con se stesse, con quello che riescono ancora a raccogliere del loro tempo, della fiducia, della voglia di mettersi in gioco, dell’aggregazione con persone con le stesse affinità. Che affrontano in modo diverso visto come si scontrano su diversi punti di vista. Caratteri forti, decisi ma altrettanto pronti al confronto. Le guardo e sorrido. Non di loro, ma di quello che sono, di quello che mostrano. E non so se se ne rendono conto.

Si fanno i conti con le scarpe nuove che si sono dovute adattare al pavimento antiscivolo della discoteca, a differenza del parquet a cui sono abituate, ma non è un problema irrisolvibile.

Anche perché arriva Santana e al Corazon espinado live, non ci si può sottrarre. Adoro questa musica, questa canzone che mi ricorda un Venezuela lontano e queste signore che scelgono di ballarla a così tanti km di distanza, con un contorno così diverso, accomunate da una stessa passione, mi danno un leggero colpo al cuore. Lazaro detta i tempi e i passi. Il suo corpo sinuoso non cerca la musica, la tiene già dentro.

Destro, dietro, passo, cha cha cha, liscio, centro, cammino di profilo, giro, basta…

A guardarle ancora vedo solo che in alcune cambia la rapidità dell’esecuzione, non la capacità di farlo.

Quando si fermano chiedo a Lazaro quanto tempo ha impiegato per ottenere questi risultati e lui mi dice che almeno due mesi sono serviti per i passi base e poi un po’ di più per coordinare, ricordare.

Veniamo interrotti dalle prove con le gonne larghe del flamenco. Qualche signora interviene nella conversazione dicendo che lei lo segue dovunque fa lezione, che sia Salerno o Cava non importa, dove c’è Lazaro lei va. Fedelissima.

Partono le note del Flamenco: baciata, mezzo giro, andata e ritorno, lato, incrocio, dietro, passo, scivolata…

Una raccomandazione, prima di riprendere le prove: rispettate la formazione, non si può pretendere di essere visibile a tutti.

Di nuovo musica e le gonne che sventolano come a matare un toro. A lui, che la gonna non ce l’ha, svolazza lo stesso. L’arte della musica è dentro quel corpo che sembra un giunco flessuoso.

Non posso non fargli quell’ultima domanda: – Ma tu non balli mai da solo?

–          No, sono stanco dopo tanti anni.

Resto quasi delusa da questa risposta perché a me non sembra che sia così. La forza, la passione, il racconto che emana dai suoi movimenti mi sembrano ancora così vivi, scattanti che è quasi un peccato. Ma questo è il nostro primo incontro chissà il futuro cosa potrà regalare.

Cava 8/6/2016

Stavolta giocano in casa. La sede dell’Associazione Cuba World, in C.so Principe Amedeo, si presenta ricca di colori e di storia. Silvia fa gli onori di casa, questa creatura è una sua idea. Mi accoglie con il desiderio di raccontarmi la loro storia e ne vale la pena. Foto alle pareti raccontano di momenti catturati alle loro esibizioni, alle loro serate tutte organizzate con un filo conduttore importante: Cuba e Cava, personaggi italiani e cubani, tradizioni e storia intrecciate.

Garibaldi incontra Fidel, una frase ripetuta su due quadretti con poche foto, ma il racconto è molto più ampio. Garibaldi e Castro, due personaggi che la storia ancora non ha definitivamente inquadrato come eroi o come banditi; i loro sigari e la nostra Manifattura con il concittadino Peppe D’Amore che è tra i maggiori esperti di sigari al mondo, riconosciuto in ogni continente e, purtroppo, forse poco conosciuto qui nella nostra città. E poi i balli. Silvia continua il suo racconto fitto e veloce sulle origine del cha cha cha, della baciata, del flamenco. Ma le prove devono avere inizio e Lazaro, con il suo naturale sorriso, invita le signore a prendere posto.

Io mi accomodo sotto “l’altare” cubano, come lo ha definito Lazaro con occhietti maliziosi, e continuo a guardarmi intorno, un po’ confusa tra gonne sgargianti di colori rosso, nero, o bianco, calendari ricordo degli associati, di ninnoli di origine cubana. Mentre guardo e immagino, si avvicina di nuovo Silvia, un po’ affannata per il riscaldamento e con in mano un libro gigante: – Questo è un libro raro trovato per caso, guardalo.-

E corre via alle sue coreografie. Nel frattempo è ritornato Santana, quella musica che mi trapassa; apro il libro e ricevo il biglietto gratis per un viaggio irreale. Una Cuba a pezzi, primi piani fantastici di mani consumate dal lavoro, sorrisi di bambini che si lavano sotto un tubo rotto, piantagioni di banane, panorami incantati di un verde vivo, ballerine del Tropicana con i caratteristici costumi. E il tutto inframmezzato da frasi e citazioni di Neruda, Hemingway… Non so se sono lì o qui, solo i rumori dei piedi sul parquet mi riportano alla realtà. Quando mi giro le ritrovo tutte in rosso e nero: le gonne del flamenco. Lazaro ripete in pochi minuti tutti i passi che devono fare, come in un filmato accelerato o, come dice lui, “come un pazzo”.

Nel frattempo Silvia torna ancora. Il desiderio che ha di condividere i suoi pensieri è tangibile. Mi mostra una bambola sull’altarino. Ne avrò viste tante, ma mai avevo fatto caso che avessero, invece che un corpo completo, due teste, a ogni estremità: ma una bianca e una nera. Cuba è una razza bianca e nera, mi dice. Lì trovi i neri neri, i mulatti e quelli bianchi. Per questo anche i colori dell’Associazione sono il bianco e il nero. E di nuovo scappa via, per entrare nella file di amiche pronte a provare ancora una volta i balli per lo spettacolo.

Stavolta mi fermo a guardarli. Lazaro stasera è più lontano da me, lo vedo più di spalle. La differenza che c’è tra lui e le signore, non è solo quella, ovvia, del maestro con le alunne. No. È una questione di spazi, di come ti appropri dell’aria intorno a te. Le sue braccia si tendono per dominare quei movimenti che lo rendono padrone. Forse è proprio qui che trova spiegazione un altro pezzo della storia di Silvia. I balli nascono da una tradizione antica, il vecchio bisogno del popolo di trovare uno sfogo alle passioni proibite rinchiuse dentro i loro corpi di schiavi: proibiti ma necessari. Per continuare ad essere persone, per continuare a tramandare tradizioni, per poter lasciare un segno. E tutte queste tracce sono presenti nel DNA di questo popolo ed è quello che si vede nella differenza dei piccoli dettagli, del bacino, della gamba, del busto, di tutto un corpo che segue una musica che non arriva dalle orecchie, ma dalla profondità delle radici. Quello che fa la differenza tra i movimenti e le sensazioni, tra i muscoli che spingono e storia che ti guida.

Quando si fermano, sono stanca anch’io. Il mio viaggio andata e ritorno è stato breve ma intenso, eppure manca qualcosa e Silvia prontamente arriva, come se avesse capito che c’è un buco ancora da riempire in questi nostri due incontri. Come è nata Cuba World?

–          All’inizio del 2005, quando sono andata in pensione, cercavo qualcosa che potesse darmi un impegno fisico ma che non fosse allo stesso tempo una costrizione. Con mia cugina e un’amica, facemmo un po’ il giro di varie palestre,  alcune furono scartate perché non soddisfacevano le nostre esigenze e altre invece ci scartarono perché la nostra età ci rendeva, secondo loro, poco adatte. Ma dal continuo cercare venne fuori un’insegnante, straniera, che ci indicò un suo amico cubano, Lazaro ovviamente, con il quale iniziammo questo percorso di conoscenza del suo mondo e di un nostro nuovo modo di rapportarci a noi stesse. Il tutto fino ad arrivare ad oggi per poter dire con molta soddisfazione che è stato davvero un percorso gratificante perché ci ha permesso di ballare senza cadere nel ridicolo, e senza l’obbligo di un “compagno” che non sempre si ha voglia di cercare.

La lezione a questo punto è davvero finita. Silvia mi lascia, io rimetto a posto il quaderno dove ho preso pochi appunti, ma chiudo con assoluto rispetto il cassetto delle sensazioni che sono nate da questo posto, da questa musica, da queste foto, da questi libri, da tutte queste persone. Lazaro si riorganizza per il prossimo corso, e gli chiedo a volo: hai mai fatto teatro?

–          Solo poche volte per qualche ballo.

Bene è quello che penso che tu debba fare su un palco, raccontare la tua vita.

C’è chi lo fa con le parole, chi con le foto, chi con la recitazione, chi attraverso il canto e altri con il ballo, perché è proprio così che tracciamo il nostro cammino: con la nostra arte. Qualunque essa sia.

4 thoughts on “Associazione Cuba World, oasi sociali di crescita

  1. Silvia Guarino

    E un’emozionante cronaca dello spirito che ci anima. Nulla è superfluo e tutto è necessario nel racconto della breve esperienza condivisa. Grazie Paola per quanto hai compreso ed egregiamente tradotto in un linguaggio fatto di parole e sentimento. Bravissima! Cuba World ha trovato un’amica.Silvia Guarino

    1. Paola La Valle Post author

      Grazie a voi tutte e a te e Marisa in particolare, perché mi avete accolta e mi avete raccontato le vostre storie. Spero che non siano finite…

  2. Teresa d.

    Paola mi hai portato di peso nel sud America. Li una volta rimasi incantata da corpi sinuosi di tutte le età, che seguivano e animavano musica a ritmo di allegria contagiosa. E se volessi conoscere questa meravigliosa compagnia di ballo?

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