Una vita a foglietti

Attenti al “Mi Piace”

È un foglietto un pò strano, è una via di mezzo, ma neanche tanto, tra un post e una sfilza di considerazioni. Alla fine sono le mie riflessioni, e arrivano tutte qui.

Ho da giorni cominciato ad avere un rapporto un pò più stretto con Facebook e osservo quindi con maggiore attenzione ciò che vi accade.

Per molti sarà la scoperta dell’acqua calda quella che sto per svelare, ma per me ha un significato diverso. Personale. E acquista un valore enorme.

Avete mai calcolato il tempo che passa tra una vostra pubblicazione e i primi “Mi Piace”, che arrivano? Dico i primi perché sono quelli che hanno un comportamento dimostrabile. Anche gli altri successivi potrebbero aver avuto le stesse modalità, ma non lo si può sapere.

Spiego meglio. Se pubblico un post con link allegato e testo che segue e quindi da leggere, con un tempo di attenzione di qualche minuto, come fanno a comparire quei pollicioni alzati nel giro di pochi secondi?

La spiegazione, troppo spesso, è che il consenso si regala a prescindere.

Concediamo la nostra approvazione per la persona che scrive, per il ruolo che occupa, per la visibilità che ha e a cui voglio accodarmi.

Ma perché non ci preoccupiamo di sapere cosa dicono quelle persone? Cosa pensano, cosa fanno? VERAMENTE.

Personalmente parlo di cose che spesso ho avuto già modo di vivere, di fare mie e che accompagnano già le mie scelte.

E il foglietto in corso, che aveva un inizio tanti righi fa, voleva appunto parlare di quanto ciò che penso, è anche quello che faccio, quindi che dico e che insegno.

La giornata è iniziata presto, avevo un appuntamento per un impegno “culturale” che mi permette di frequentare una delle persone a cui attribuisco maggior rispetto a livello intellettuale, caratteriale, comportamentale. Insomma una persona Vera, che stimo perché sa affrontare le tante questioni della vita con uno spirito invidiabile.

Ma stamattina nella sua voce c’era una nota di rabbia, o meglio di delusione. E l’argomento è “Il Relatore” all’Università. Mi ha parlato dell’esperienza allucinante di una delle tante persone che devono sottostare alle angherie dei Relatori nel momento della tesi. Follie e coltello nella piaga.

Ho un figlio laureando. Tanti progetti quest’anno, viaggio in Argentina, un anno per conseguire doppio titolo, laurea internazionale etc etc La pandemia ha stravolto, insieme a tante altre, anche la sua vita. Avendo finito gli esami, c’era da sistemare il pezzo mancante, mettere la parola FINE al suo cammino.

Non voglio raccontarvi i mesi di illusioni, di tensione per la continua promessa di poter comunque partire anche se per un periodo più breve, di tentativi di avere risposte e un po’ di concretezza a questo tempo che passava sprecandosi.

Nei primi giorni di settembre, quelli che erano la scadenza ultima che gli avevano fissato e che comunque non portavano cambiamenti, ho preteso un cambio di atteggiamento.

Dal piangersi addosso per la “sfortuna”, dall’attesa di risposte e attenzione che non arrivavano, ho spiegato a mio figlio, dopo che io lo avevo fatto nel mio lavoro e nel mio atteggiamento, che di fronte ad una situazione, non conta quello che fanno gli altri, ma come noi la vogliamo affrontare.

Mi direte che non si può, che non poteva lui cambiare la possibilità di partire, né darsi da solo delle risposte e io concordo con voi.

Ma poteva e doveva fare una cosa più importante: diventare protagonista in questo suo momento come in tutta la sua vita.

A cosa lo avrebbe portato continuare a pensare a ciò che non poteva più fare? A depressione e negatività

Quanto tempo avrebbe continuato a sprecare nell’attesa di attenzione da parte di Professori che non hanno a cuore le sue richieste perché non hanno compreso il loro lavoro? Troppo, ma quello è il SUO tempo, non quello degli altri. E gli altri, ricordatelo, non sono tutti uguali. Chi vuole, fa sempre la differenza.

E allora si prende atto di quella che è la propria situazione, si decide che la vita è di chi la vuole vivere e che il rispetto lo si chiede innanzitutto a se stessi.

Sono cambiati i toni delle mail, sono state date scadenze e comunicate decisioni che sarebbero succedute.

Sapete come è andata a finire?

Che mio figlio stamattina sorride di nuovo. Ha un progetto che è una sfida che gli è stata proposta e che ha accettato, e io non ne avevo dubbi, e che gli ha aperto una nuova strada; difficile, che pretenderà impegno, studio, scontri e certamente difficoltà, ma solo grazie a tutte queste cose lui conoscerà meglio se stesso, scoprirà le competenze che ancora gli mancano, ma anche, soprattutto, le sue potenzialità

Allora io cosa trovo in questa storia?

Trovo quelle verità che mi sono detta da tempo, che ho riscoperto e che ho riadottato.

La vita è mia e io le devo rispetto. Rispetto gli altri e allo stesso modo ne pretendo.

E piangermi addosso per le cose che dovevano succedere e non sono accadute, non mi smuoverà dal fosso in cui sono caduta; e nel frattempo sto di certo perdendo la possibilità di cogliere altre occasioni che mi sfiorano e che io non vedo perché accecata dai miei lamenti.

Questo per me significa vivere.

Questo avevo capito tanto tempo fa e ho voluto che nella mia strada ci fossero questi principi, anche se riconosco che non sempre gli ho dato la dovuta importanza, ma da quando ho preso la decisione di guidare il mio destino, queste saranno le uniche indicazioni che seguirò.

E se adesso vi ho raccontato di Salvatore, riparleremo anche di Camilla. Perché questa vita, queste scelte, queste sfide, sono di tutti noi.

E allora attenzione a mettere “Mi Piace” a questo post, potrei prendermi la briga di chiedere una vostra opinione in merito.

One thought on “Attenti al “Mi Piace”

  1. Teresa

    Mi piace. Anzi, no, ci sono delle precisazioni da fare, la prima è che ognuno ha i suoi tempi per risorgere, la seconda è che tutte le nostre certezze acquisite, tutta la nostra esperienza o il nostro sapere si devono comunque scontrare, confrontare, incontrare con quelle degli altri, quindi bisogna anche essere disposti all’ascolto. Certo, se parli con chi fa delle “parole” un fiato astratto, e dei “mi piace” un disegnino vuoto, allora l’arrabbiatura che leggo quando hai scritto questo post ci sta tutta.

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