Una vita a foglietti

Cava e la sua immaginaria voglia di teatro

teatro cavaI Dire Straits in macchina non calmano i pensieri di una serata che è stata bellissima e piena di rabbia allo stesso tempo.

Veniamo da tre giorni di grandi soddisfazioni nell’ambito teatrale, da ogni punto di vista. Qualità di uno stage eccellente, pubblico delle grandi occasioni e sold out per due sere consecutive. Forse per questo un po’ di aspettative ne avevamo. Il pubblico era andato via davvero contento e quando una serata così ti arricchisce, forse ti aspetti che quella ricchezza offerta senza grandissimi sacrifici, possa essere colta da chi deve “solo guardare” e “prendere”.

Invece capita che ti ritrovi con lo spettacolo di una professionista come Gina Perna, che da 40 anni calca i più importanti palcoscenici nazionali in compagnia di mostri sacri come De Filippo, Scarpetta, Giuffrè, Lello Arena per citarne solo alcuni e il pubblico latita.

E allora qualche domanda te la poni!

Dove sono le istituzioni che solo poche ore fa incitavano a continuare su questa strada visto il successo e il grande spettacolo ammirato?

Dove sono i cittadini cavesi che, da poco usciti da campagna elettorale, hanno puntato il dito sul programma culturale? Dove sono quelle persone che si vantano di amare il teatro, ma solo se possono dire di essere andati a Napoli o a Roma? Cosa vanno ad ammirare, le strutture o gli spettacoli? Anche perché molte volte, gli stessi attori, sono tanti di quelli portati anche qui!

Dove sono finite le promesse di chi aveva destinato luoghi per altre compagnie (Santa Maria al Rifugio per la scuola della Santacroce) e che, notizia a volo di ieri sera, sono stati negati a pochi giorni dall’inizio degli spettacoli? (Ulteriori informazioni si accettano al riguardo)

DOVE SIETE?

Sempre tutti al mare, davanti al bar, a fare il giro in piazza? Molto bene, siamo in clima di apparente democrazia e quindi ognuno può fare ciò che meglio gli aggrada. Quello che mi domando è: come mai tanti parlano e chiedono cultura e spettacoli e poi non vanno mai a seguirli? A Cava di cose molto belle se ne fanno, oltre mangiare e ballare e sparare fuochi. Forse non si può andare tutte le sere, ma in fondo 10 € li spendono anche al bar o per una pizza. La differenza è solo nel piacere di farlo e non tutti siamo obbligati a farlo ovviamente. Però non siamo neanche tenuti a sbandierare un amore che viene tradito con tanta facilità. Quello che si fa, dà il peso della nostra presenza e del nostro valore. Pensiamoci.

Abbiamo una squadra di calcio per la quale si mobilitano folle e si raccolgono fondi e “non ci si tira indietro” per il cuore aquilotto. Quindi se il Cavese vuole, sa fare quadrato per un interesse vero o solo più comune.

Ma se neanche il 10% di quelle masse si possono muovere o alternarsi per riempire  almeno 30 – 40 sedie per una serata dello spessore che si è visto, a meno che non andiamo a guardare la sorella il figlio o il nipote, perché non potranno sempre esser loro a poter occupare un palco, allora non possiamo dire di essere una città che ha bisogno di un teatro. Questa è la frase che dovete conservare per le prossime campagne elettorali, se ancora qualcuno sarà disposto a darvi credito.

Anche perché poi quando ci ricordiamo di dover guardare i nostri parenti, vogliamo il posto in prima fila, scalzando chi in quelle sedie si siede sempre, soprattutto quando voi non ci siete. Provate a iniziare il cammino dall’ultima fila: arrivare al traguardo vi darà un sapore diverso, di conquista non di diritto.

Bisogna sapere cosa si vuole. Tanti forse non sanno, ma abbiamo strumenti che si mettono in moto quando si fanno certe iniziative, tipo Facebook, con gruppi dedicati a Cava e lì i “Mi piace” fioccano. Significa che vedete, ma non guardate, non leggete. Il click parte in automatico, come le frasi vuote che riempiono molte delle conversazioni che si fanno!

Ma sul vuoto si costruisce il nulla e almeno bisogna prenderne atto.

Fatto questo, ognuno potrà svolgere il proprio ruolo con molta più serenità e anche più sincerità. Soprattutto, chi si impegna da tanto tempo per soddisfare la grande “sete di cultura” della propria città, e parlo oggi nello specifico di Geltrude Barba, comincerebbe a misurare le proprie forze con tutto quello che “realmente” la circonda, non con un mare di promesse.

Le promesse volano via, il sudore di chi lavora per preparare quelle sedie che vengono lasciate vuote con tanta facilità e superficialità, è molto più vero e concreto.

5 thoughts on “Cava e la sua immaginaria voglia di teatro

    1. Paola La Valle Post author

      La pubblicità viene fatta attraverso tanti modi e stiamo parlando di una Rassegna che è quasi alla fine del suo svolgimento. E’da inizio luglio che si lavora a Casa Apicella. Se giornali, radio, internet e passaparola non bastano per far sapere cosa succede a Cava, dovremo cominciare a mandare i banditori per strada. Non crede che potrebbe essere anche questa un’idea carina? Grazie per l’attenzione comunque. Vedo che almeno adesso un pensiero ha attraversato le barriere d’omertà 🙂

    1. Paola La Valle Post author

      Esiste una pagina del Premio Li Curti, esistono condivisioni su Sei di cava se… come su altri gruppi dedicati. Sinceramente non credo che l’assenza sia dovuta principalmente ad un non sapere, e come dicevo nell’articolo, i “mi piace” che sono stati messi ai vari link, sarebbero già da pienone. Ma grazie del pensiero. Serve tutto.

  1. Pingback: Leggete e non lamentatevi più @Geltrude Barba

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