… e le notti?
E come sono le notti di quei giorni? Identiche, diversi, pesanti. Qualcuna inizia senza iniziare, solo come una continuazione di una giornata lunga. Ti ritrovi con un “passeggero” in più accanto, lo spazio diventa ristretto mentre aumentano pensieri e respiri. Fuori c’è il vento che vuole partecipare a quella festa di bisbigli a cui non è stato invitato, ma che gli appartiene di diritto. E lo senti parlare tra le foglie degli alberi che accarezzano le tue finestre, i tuoi balconi. Lo ascolti mentre ti racconta la vita nel buio, dove nuovi lampioni sono stati piantati per alleggerire un’oscurità che da sempre sembra voler solo ispirare cattivi pensieri. E mentre provi a chiudere gli occhi per ritrovare quel sonno necessario a riprendere le forze, ti accorgi che nuovi racconti si srotolano tra quelle lenzuola che da una parte ti mostrano un riparo sicuro, la barca nel porto, ma basta girare la testa sul cuscino e ti ritrovi in mare aperto. Le onde qui sono padrone, non c’è barca che resti tranquilla sotto i colpi che sferza in ogni direzione. Li sento questi tumulti, perfettamente sintonizzati come una radio e le sue canzoni, li sento si, anche se non emettono nemmeno un suono, non fanno rumore nelle orecchie. Ma le mie mani abbracciano quella montagna di palpitazioni che mi si è accoccolata addosso. Le accarezzo le mani, i capelli, la stringo e sempre in silenzio cerchiamo di raccontarci tutto quello che non si può dire in così poco tempo, nel breve tempo che ci resta. E aspetto che arrivi il sonno, a calmare il sali e scendi dalle montagne russe che ci hanno lasciate senza fiato per tanto di quel tempo che, mentre lei riposa sfinita ma tranquilla, per me significa solo che la notte è finita anche se sono solo le tre. Ma sono solo numeri sul display di un elettrodomestico, in realtà è l’inizio di un altro giorno che è già più lungo, ma anche più breve il tempo che manca…
E la notte dopo vado a dormire prima, per sentire poco dopo una lunga fila di amici che ammirano forse divertiti o inorriditi quella stanza che è il simbolo del cambiamento del momento, del trasloco imminente. E poi di nuovo insieme a letto, a farti raccontare di quello che ha fatto, di quello che ancora c’è da fare e il tempo che filtra in quella clessidra che qualcuno continua a girare, senza tregua.
Ed eccomi a questa nuova serata. Ho troppi pensieri. Quelli che si sono separati, quelli delle voci che mi arrivano da lontano e che dovrò riprendere da un’altra parte, perché hanno causato altre voragini e dovrò metterci dei “fogli”per evitare di caderci pericolosamente dentro. Ma anche quelli per quest’altro volto che continuo a guardare e che non mi piace, non vedo tranquillo, senza saperci parlare, senza saper trovare parole che a volte diventano pesanti e difficili. Il sonno arriva improvviso come sempre, e io lo accolgo come un’ancora di salvataggio. So che tra poco sarò di nuovo sveglia ad accompagnare almeno telefonicamente un altro spostamento. Ma è destino che “certe notti” non lo siano per davvero…
Arriva un messaggio e il mio telefono è stranamente sul comodino. Da lontano, a ricordare notti di poco tempo fa ma lontanissime allo stesso tempo. Contemporaneamente una porta che si chiude e una serata che inizia fuori casa. I messaggi allora si intrecciano, perché se è vero che da vicino sembriamo farci del male, non possiamo fare a meno di ricordarci chi siamo e che incomprensioni possono esserci, ma senza mai mettere in discussione l’amore che ci lega. E tra dichiarazioni d’amore, intrecci di letture e di scritti, finisce un’altra notte prima ancora di cominciare. E questo foglio mi serve per conservare e raccontare emozioni a chi non c’è ma è sempre qui, con me, dentro di me, a farmi compagnia, a darmi forza, a spingermi sempre avanti “perché indietro non si può”, come dice il mio adorato De Crescenzo.
Ora chiudo la pagina perché gli occhi non si chiudono, il sonno è passato improvvisamente, così come era arrivato, ma bruciano per una stanchezza che non si misura più. Il cuore era troppo pesante per sperare di rimanere immobili. Con pazienza prendo un mattoncino alla volta, svuoto il secchio sul cuore, rimetto in linea il respiro, riduco l’affanno e resto seduta affacciata sul mondo che arriva dal televisore.
Champion league, risultati strani, gol a valanga. Ci sarà di che avere compagnia tra piedi che si rincorrono, ace e lob a tennis e se sono fortunata un po’ di pallavolo, che mi accompagneranno alle prossime luci dell’alba.
Certe notti sono strane perché non sono notti, ma giorni senza interruzioni che minano le forze, ma rafforzano rapporti.
E noi, come ha detto la mia piccola, “ce la possiamo fare” mentre un altro messaggio mi svela che “..non mi ha voluta svegliare”. Insomma in questa notte in cui c’erano tante cose da dire e da fare, non si poteva di certo dormire.
- Giorni a raffica
- Voci da lontano