Una vita a foglietti

Franco Di Mare a Cava per il suo libro “Il caffè dei miracoli”

Di MareEra il 25 Aprile e poteva sembrare di trovarsi al centro di una diretta per qualche programma Rai, in realtà Franco Di Mare è arrivato a Cava dei Tirreni quasi come un turista che imbocca la strada dei portici del Borgo, si ferma ad una dei primi ristoranti precisamente la Taverna Scacciaventi, e si trova “accerchiato” da una numerosa quantità di fan appassionati.

In una splendida mattina di sole dunque, Cava e Franco si sono conosciuti, anzi “riconosciuti”. In verità Cava lo conosceva già ovviamente. Stiamo parlando di Franco Di Mare, giornalista, inviato di guerra, scrittore e conduttore di uno dei programmi più seguiti della televisione di stato e questo ovviamente gli garantisce quella visibilità e quella fama che non gli permettono più di passare inosservato in nessun luogo. E qualche volta gli ha fatto pure comodo, ma questo appartiene già alla storia che verrà.

Organizzato da Editrice Gaia e dall’associazione Sei di Cava se…, l’incontro aveva come obiettivo la presentazione dell’ultimo libro del giornalista: “Il caffè dei miracoli”(Rizzoli).

Tutto, in quello che è stato organizzato, è nuovo e in questo credo che conti molto la presenza di Luca Badiali, tra l’altro presente anche in veste di moderatore insieme a Maria Silvestri e Francesco D’Amato. L’ora: le 11.30. La location: un borgo. Gli invitati: molti passanti e curiosi oltre gli appassionati che hanno occupato le sedie disponibili intorno al “tavolo” dei protagonisti.

Purtroppo la puntualità non è cosa che si rispetti mai in queste occasioni per vari motivi per cui ci siamo anche abbastanza abituati, ma l’eccessivo ritardo dovuto al microfono che non funzionava, è stato poco gradito da chi aspettava in piedi già da un po’, un po’ lontano e quindi con poche possibilità di apprezzare le sicuramente simpatiche battute che si scambiavano al tavolo dei famosi.

Ma devo dire che la capacità dialettica di Luca Badiali e del suo diretto interlocutore, hanno fatto dimenticare ben presto questi piccoli inconvenienti.

Franco Di Mare è persona che ha molto da raccontare, gli spunti di conversazione con lui non mancano e già assaporare l’accenno ad un libro che racconta la storia di un paese della Costiera Amalfitana, anche senza usare nessuno dei famosi nomi delle città “bomboniere” che vi si trovano, rende particolarmente interessante il suo discorso.

In realtà lui ci parla del suo libro, ma non troppo. Un suo amico, e lui tra gli amici annovera De Crescenzo, Fuksas, Beppe Fiorello e nomi del genere, gli ha consigliato tempo fa, “nun dic che succede, si no nisciuno se l’accatta.” Frase che con grande soddisfazione può pronunciare nel suo dialetto di nascita, perché qui lo si può capire. Il suo è un discorso che passa da un mondo ad un altro, con la semplicità di un’ape su un fiore. Non si chiede come andare da quello rosso a quello arancione, lo fa e basta, perché sa che comunque troverà qualcosa di buono. E lui infatti, in ogni argomento che tratta, si sente a casa.

Le donne e il loro Universo, le cattiverie che appartengono in un’altissima percentuale agli uomini piuttosto che alle donne, il loro essere forti, la loro capacità di cambiare e di accogliere.

La guerra, quella che lui è andata a vedere da vicino, che ha voluto raccontare guardandola negli occhi di chi la guerra la subisce, per vivere quei momenti che tirano fuori quello che di buono o di cattivo esiste realmente nell’animo umano.

Ma il libro affronta argomenti sociali e allora come non parlare di politica, degli amministratori della “cosa pubblica” che spesso non sanno neanche cos’è e dunque non sanno gestirla. Di come semplici ragionamenti e azioni lineari, che dovrebbero portare solo benefici alle comunità, vengono travisati e resi inutili per l’incompetenza di chi ha le redini del potere.

Ci racconta dell’incontro con Botero, avvenuto proprio grazie al suo essere “riconosciuto”, del piacere di aver potuto chiedere  a lui, inconsapevolmente presente nel libro con un’opera immaginaria, l’autorizzazione a citarlo.

Credo che con una persona così, le ore passerebbero in un baleno. Non è un caso che ci sia anche un certo tipo di pubblico, maturo, attento che gli rivolge domande che sono più che altro complimenti per quel lavoro del mattino, quella capacità di intrattenere un pubblico vario e numeroso.

E per il suo commiato, oltre al ringraziamento per la calda accoglienza ricevuta, per la riscoperta di una città che non immaginava potesse contenere così tante bellezze, ci lascia una frase o meglio, un invito, che non è la prima volta che sento ovviamente, ma che ben si ricollega all’idea della persona che deve essere:

fai il lavoro che ami e lavorerai molto poco e se ognuno piuttosto che lamentarsi di chi fa male le cose comincia a far bene la sua parte, forse, tutti insieme, miglioreremo questo paese.

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