Una vita a foglietti

La magia di un violoncello e di un’arpa alle Corti dell’Arte

IMG_5322Da Vivimedia

Lunedì 21 Agosto, le porte di palazzo Talamo su Corso Umberto I, a Cava de’ Tirreni, si sono riaperte per le Corti dell’Arte, che già in passato l’ha accolta numerose volte. Confesso che quando sono entrata avevo scritto qualche pensiero sul luogo, ma a fine serata, mentre Felice Cavaliere, direttore artistico della Rassegna musicale, salutava la padrona di casa Nuvola Talamo Calenda, ne ha parlato come di un luogo dall’acustica straordinaria per la musica da camera. La capacità di far arrivare le note in maniera perfetta all’intero cortile e ben oltre, immagino io, è un pregio che a volte non si ritrova neanche nelle grandi sale appositamente predisposte. Felice Cavaliere ne ha parlato asciugandosi gli occhi, vittima forse di qualche granello di polvere portato dal vento, o dei numerosi ricordi legati a questo gioiello che sono le Corti dell’Arte e che, come continuiamo a dire senza volerci davvero credere, dopo trent’anni di splendenti e suggestive esecuzioni sembrano giunte  alle soglie della chiusura.

Lo diciamo dopo aver assistito ad un’altra magnifica esibizione, ancora con il cuore gonfio di ammirazione ed emozione per questi regali che rischiamo di dover abbandonare.

Al centro della Corte il palco è di assoluta proprietà di un’arpa magnifica che aspetta il suo maestro. Il legno lucido, le ombre che riflette, la rendono maestosa e imponente. Tanto quanto delicata saprà essere nel momento del suono!

Eufemia Filoselli prende il microfono e non sale neanche sul palco. Saluta con una commozione che sale di serata in serata, ricordando che in questo magnifico palazzo ha soggiornato anche la Regina Margherita, contribuendo a far nascere in tutti noi, un’attesa ancora maggiore per ciò che sarà da lì a breve.

La coppia che si esibirà è composta dai maestri Mattia Zappa e Alexander Boldachev. Enfant prodige li definisce la Filoselli e dalla brochure di sala ne scopriamo il perché, mentre la loro giovane età ce ne dà l’immediato riscontro. Sono musicisti compositori e contemporaneamente docenti dei corsi di perfezionamento dell’Accademia Jacopo Napoli, e questo spiega, oltre al numerosissimo pubblico che obbliga l’aggiunta di posti a sedere, la presenza di tantissimi giovani che li guardano già ammirati. Sanno bene cosa li aspetta.

Aggiungo qui un pensiero personale prima che tutto inizi, per evitare contaminazioni immeritate con l’arte. Ho detto di posti completamente esauriti, ma è la terza serata che alcune sedie continuano a rimanere vuote. Le Corti dell’Arte, Felice Cavaliere e i suoi collaboratori non hanno ancora meritato la presenza di un rappresentante delle istituzioni. Avevo detto che un “ad maiora semper” , scritto dal Sindaco sulla brochure, mi sembrava decisamente poco, ma che si potesse far peggio non me lo aspettavo. Meno male che ci saranno altre serate. Per noi che ne godremo il piacere dell’arte e per altri che potranno, eventualmente, riparare.

Comincia con un assolo il maestro Zappa al violoncello. Arriva in abito scuro, inizia subito e noi ne siamo immediatamente rapiti. Questo strumento fa uno strano effetto. La sua musica arriva forte, ti avvolge e quasi ti lascia incapace di provare qualcosa di personale, come se tutto quello che serve ci fosse già; il resto sarebbe superfluo. Sentirsi sazi senza aver mangiato, dissetati senza aver bevuto. Immaginate questa presenza forte in mezzo a centinaia di ospiti silenziosi e rapiti, mai distratti nemmeno dal vento che tenta di intrufolarsi tra le vecchie piante, rimaste a testimoniare la presenza di un giardino che fu.

Quando è il momento dell’assolo di Boldachev, sembra che stia arrivando un ragazzino. Anche lui vestito di nero, ma con la camicia e senza giacca, si avvicina al suo di strumento, lo regola e i primi tocchi ci fanno già grandi promesse. Che delizia. Le dita sembrano generare cristalli che parlano e raccontano storie con una delicatezza ammaliatrice. Lui è rapito, noi siamo prigionieri.

Che differenza di suoni e mi chiedo: come saranno insieme? Pochi minuti e siamo già senza parole.

Ora sono insieme sul palco. Alexander saluta in inglese e un giovane traduttore ci conferma i suoi saluti, brevi perché la musica aspetta. Si siede e accoglie di nuovo quell’immenso strumento che sembra una donna tra le sue braccia. Il violoncello ora è più dolce, l’arpa più delicata, hanno molte più pause.

L’effetto è un velo di pace che ricopre la Corte.

Quel violoncello che prima aveva avuto un atteggiamento da maschiaccio di cortile, ora è diventato giovane galante nel salone del ballo, alla presenza di una giovane donna da corteggiare. E noi, pubblico rispettoso o solo incantato, quando finisce il ballo, restiamo ancora un attimo con il fiato sospeso, come chi non vuole rovinare il momento dell’incontro.

Hanno suonato Bach, Arvo Part, poi arriva Vivaldi e con lui è sempre più facile pensare alla natura. Le note si fanno più estrose, hanno più ritmo, danzano con più allegria sulle corde degli strumenti e il vento cerca ancora di trovare un suo spazio, intrufolandosi con forza negli spartiti. Ma dura poco. Tutto si calma di nuovo. Dolcezza. Infinita dolcezza.

Applausi. Il tempo di togliere un po’ di umidità alle corde e si riprende con un pezzo più attuale “Mirror in the mirror”, specchio nello specchio. Il suono è talmente delicato che mi sembra di dover guardare attentamente il movimento delle dita sulle corde e sull’archetto per aver la certezza che stiano davvero suonando. Un ricamo che crea un’atmosfera incantata. Com’è cambiato il violoncello! Un docile strumento ora sembra. Rispettoso dell’altra dolcezza non ne invade mai il suono, né si sovrappone. Ascolto e rispetto. Un andare insieme, come l’immagine che segue il suo riflesso nello specchio.

L’applauso che meritano oltre ogni dire sembra però che non voglia partire, quasi per non rovinare l’incanto che hanno saputo creare. Quante trasformazioni ascoltiamo.

Ora è tornata la forza, una nuova consapevolezza. Un nuovo racconto di conoscenza stavolta, una storia certa, voluta. Qualcosa che esiste per davvero ha trovato il suo posto.

Alexander pronuncia due parole “Romantic music” uguale Schubert.

Una musica d’amore e il vento diventa forte, come un amante geloso disposto a rovinare la serata. Ma non ci riuscirà. Le note lo sovrastano, iniziano un ballo classico e indissolubile.

Riesco a staccare gli occhi dai questi due grandi artisti e faccio una panoramica sul pubblico. Volti assorti che, ad occhi chiusi, immaginano e seguono quelle note; altri rapiti e incollati all’esecuzione perfetta, quasi senza cercare il respiro vitale che potrebbe disturbare un così magico momento. E silenzio. E note che si rincorrono libere, ma in perfetta armonia.

Se esiste questa musica, se esiste questa esecuzione, non può esistere nulla di brutto al mondo.

“Welcome to XX secolo”: tango e la sua sensualità. L’arpa ora serve come base per il ritmo del tango. Il passo deciso, il sincronismo dei tangheri è identico a quello dei musicisti. L’archetto vibra in maniera impensabile. Movimenti continui decisi leggeri dominano la sala dove si balla questo tango che sarà meraviglioso, come la musica che lo accompagna.

E finisce. L’applauso non si interrompe, noi non vorremmo che fosse già passato il nostro tempo. Pochi pronunciano la parola “bis” ma tutti lo vorremmo. Se dovessi scegliere io chiederei senza dubbio l’ultimo pezzo. MERAVIGLIOSO.

Ma Eufemia, che trova le parole magiche “intenso struggente nuovo”, chiude la serata, perché i maestri sono davvero stanchi, visto che fanno lezione durante il giorno.

I due musicisti tornano per un nuovo scrosciante applauso e non posso non andare a complimentarmi con entrambi. E al mio apprezzamento per l’ultimo pezzo, Mattia mi dice “Abbiamo improvvisato”.

Io resto a bocca aperta e penso a quanto siamo stati fortunati a ricevere un così grande e spettacolare regalo.

 

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