L’alba e le carezze
É stata un’alba lunga a venire questa. Una notte che sembrava volesse continuare a dormire, come se il tempo si fosse fermato.
Ma sono sensazioni, il tempo scorre sempre. Siamo noi che lo percepiamo in maniera diversa.
E a me sembrava immobile mentre continuavo ad accarezzare quel volto gelido, sperando che ritornasse normale. Capita così per i momenti di ipoglicemia, quel sudore freddo che rende tutto frenetico e che poi lascia sfiniti, fermi a riflettere, in quel tempo che passa e non lo vedi passare.
Però i miei pensieri correvano, quelli sì.
Loro hanno vita a sé, loro non seguono le mie regole, loro non mi ubbidiscono e se ne sono andati lontano, in posti che neanche conosco bene; piuttosto se ne sono andati da altre persone.
Perché quelle carezze che si dedicano normalmente a chi ti sta accanto, a chi vuoi bene, a chi te ne vuole, sono la vera forza, la vera ricchezza che possediamo.
E io ci penso a questi momenti, a questo bisogno che capita di avere nella vita e che qualcuno si è negato.
Come si vivono questi momenti di malattia solitudine e dolore?
Dove si rivolge lo sguardo quando una carezza la vorresti e non c’è nessuno a potertela fare?
Cosa prova il cuore quando annega in una solitudine forzata, creata e in fondo accettata?
Ma i miei pensieri non si sono fermati a questo. Sono andati oltre.
Sono arrivati in una Chiesa, in un giorno che arriverà. Quello però, sarà a casa mia, nella mia chiesa e dove potrò forse chiedere spazio per questi pensieri notturni, per queste riflessioni che penso da tanto. Mi piacerebbe parlarne in quella occasione e allora faccio una cosa: li trasferisco su un foglietto nuovo, limpido, candido, come dovrebbero essere le anime degli uomini che invece troppo spesso sono nere come la pece, e li lascio aspettare. Perché è vero che sono frenetici, ma una volta raccolti hanno pazienza, conosco il dono dell’attesa.
Io li accolgo questi pensieri e chissà, forse quelli, qualcuno, purtroppo per loro, non si dovranno scomodare a leggerli: glieli racconterò personalmente, a voce.
- Un altro dolore
- 25 Aprile, di Salvatore Capasso