Una vita a foglietti

Nostro fratello Giuda

denMai come ieri ho desiderato avere una memoria eccezionale, un registratore forse, per riportare le parole dell’omelia che parte con la figura di Giuda. Giuda, il cattivo, l’idea nei secoli del traditore, quello che nemmeno i bambini vogliono interpretare nelle recite.

Ma oggi, quanti Giuda ci sono? In questo mondo che ci parla troppo spesso di corruzione e soldi, quanti “trenta denari” sono stati investiti nella nostra perdizione? Siamo riusciti a dare un prezzo a qualunque cosa, non c’è nulla che non possa essere comprato. E proprio in base a questo principio, sembra strano che ci siano dei sentimenti che qualcuno cerca di tutelare.

Ma c’è altro che nei secoli è stato tramandato, solo che per una forma di comunicazione, come dire, portata più al male che al bene, ha avuto meno pubblicità: il pentimento di Giuda. Il tentativo di restituire qualcosa che non aveva più senso: quei trenta denari che non potevano valere una vita, quella vita. Ma il danno era stato già procurato e solo la morte ha forse messo fine a una vergogna che avrebbe macchiato la vita di tutti noi. Eppure anche quel Giuda, quel nostro fratello Giuda ha provato a sanare un dolore provocato forse senza avere la visione del baratro che avrebbe aperto.

Il baratro, il buco nero in cui si precipita quando il terreno sotto i piedi non c’è più, quando all’improvviso il mondo si capovolge e ti sembra di non sapere più cosa è giusto o sbagliato. Ma non bisogna cadere. Mi furono dette tempo fa, più o meno queste parole: “quando cadi nel vortice del male, non opporre resistenza, lascia che sfoghi la sua cattiveria e ne uscirai vincitore”.

Forse per difendersi è l’unica strada; allontanarsi dal ciglio del burrone, percorrere terreni più sicuri e continuare il proprio cammino. Per chi invece ha fatto danno, un bel passo indietro, un bagno di umiltà, non farebbe male.

Ma riconoscere i propri peccati è quasi più difficile che confessarli, non è vero caro fratello Giuda?

 

 

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