Una vita a foglietti

Parentesi di vita

Cava, anno 2003

Mi guardo intorno, cerco di scoprire fuori di me qualcosa che mi faccia capire che oggi è un giorno speciale.

Ma tutto mi sembra sempre uguale, o quasi: è un giovedì e la mia famiglia è in casa e nessuno è al lavoro.

«Chi apre? Hanno bussato.»

«Io non posso andare, Nicola vai tu, sarà il fotografo»

Vado ad aprire, nonostante in questo giorno credo ci si dovrebbe sentire molto indaffarati; io non mi sento così, quasi mi accorgo di perdere tempo. Apro: è davvero il fotografo, ma dietro c’è anche il postino. Faccio accomodare il fotografo e i suoi aiutanti, firmo la ricevuta del telegramma e me lo infilo in tasca. Sembra che gli altri siano molto più agitati di me. Mi fanno mettere in posa, le stanze, la famiglia. Ho già contato trecento fotografie, o mi sono sembrate tante perché non ho nessuna voglia di farle? Ma perché mi sento così?

È arrivato questo giorno, come normale conseguenza di un fidanzamento di tanti anni. Se ne parlava già da un po’. Poi la casa da cercare, preparare tutto, i risparmi a disposizione da far bastare. Tutto nella regola. Arrivi a 30 anni, è quasi ora che ti sistemi. Ma perché tutto questo? Per caso il giorno del proprio matrimonio è come quei minuti prima di morire, in cui si dice che ti passa davanti tutta la tua vita? Non lo so, non sono mai stato molto bravo a pensare, non vedo perché dovrei cominciare proprio adesso. E in mezzo a tutti questi pensieri, non ne ho avuto nessuno per Amalia. Chissà cosa sta facendo. Sarà già pronta? Dovrei sentirmi emozionato, perché invece mi sembra di guardare qualcun altro?

«Nicola, ti ho detto che abbiamo finito, che dormi? Andiamo da Amalia. Comunque siamo in perfetto orario, non faremo molto tardi. Ci vediamo in chiesa. Ciao»

«Ciao, grazie. Scusami per prima, ero distratto. Salutami Amalia, dille… niente non importa»

«Non ti preoccupare, siete tutti così in questo giorno. Sembra che non capiate niente. Ciao»

Davvero ho dato questa impressione? A me sembra che questo non sia il mio matrimonio, e invece gli altri credono che sono così emozionato da non capire quanto sta succedendo. Mah!

«Nicola, papà è andato a vedere per la macchina. Se è arrivata dobbiamo andare via, sei pronto?»

«Certo che sono pronto, siete voi che sembrate aver perso la ragione all’ultimo momento».

«Possiamo andare, la macchina é già qui»

«Dobbiamo proprio?»

«Vedi tu, se vuoi rimanere a casa, potremo trovare qualche volontario che si sposi al tuo posto. E non credo che sarebbe una cosa molto difficile. Ancora mi chiedo come hai fatto a convincere Amalia a sposarti»

«Voi non conoscete le mie qualità, è tutto qui il segreto»

«Muoviti, se no ti lascio a piedi pagliaccio»

«Neanche il giorno del mio matrimonio posso scherzare? Mi dite sempre che sono troppo serio, ma che volete?»

«Si può sapere che ti ha preso? Hai parlato più in questi dieci minuti che nella settimana passata. È proprio vero che il matrimonio cambia la gente. Certo che per te è stato un record, non sei neanche entrato in chiesa. E se continui così non ci arriverai.»

«Ho capito, sto zitto. Ma non mi rivolgere la parola. Potrei sentirmi obbligato a risponderti, e non so se mi potrò controllare. Sono sotto l’effetto della malattia matrimonio»

Ma quello che vedeva e sentiva, lo riguardava così da vicino?

Aveva voglia di trovarsi in un altro posto. Era normale? Ma non credeva di potersi confidare con suo fratello, sembrava quasi arrabbiato con lui. Era anche la prima volta che faceva commenti su Amalia. Era carina, niente di particolare, ma da come ne aveva parlato, sembrava l’apprezzasse molto più di lui.

Quante scemenze si pensano. Meno male che dura solo un giorno, altrimenti si finirebbe al manicomio.

La chiesa era quasi deserta. Aspettano tutti l’ultimo momento, o era troppo presto? Guardò l’ora, mancavano ancora venti minuti.

Meglio sedersi, almeno aspettiamo al fresco.

Cercò il fazzoletto, era già molto sudato. In tasca c’era anche un pezzo di carta. Cosa aveva dimenticato?

Era il telegramma.

Lo guardò  un po’ prima di aprirlo. Eppure era un semplice telegramma.

Tagliò la busta con decisione. Forse lo sperava o lo temeva, ma quel nome lì in fondo era proprio il suo: Patrizia. Chiuse gli occhi. Perché aveva scritto? Si era ricordata che si sarebbe sposato quel giorno?

Gli tornarono in mente quei mesi passati insieme. Ma non poteva pensarci adesso. Stava per sposarsi. Fuori qualcuno lo chiamò.

«Nicola, arriva la sposa. Puntualissima»

«Figurati se tardava». Ma perché pensava queste cose? Mise in tasca la lettera e uscì.

Amalia stava uscendo in quel momento dalla macchina aiutata dal padre. Era davvero carina.

Le si avvicinò e glielo disse.

«Grazie, anche tu sei molto elegante»

Si avviarono insieme verso l’altare. La chiesa era ormai piena, non si era accorto nemmeno della gente che era entrata.

Il prete li aspettava e tutta la cerimonia andò avanti senza nessun altro intoppo. Il Vangelo, l’omelia, gli auguri, vi amerete per sempre, il rispetto, i figli, insieme finché morte non vi separi. Diceva sì a tutto. Ma non era convinto che sarebbe stato tutto così bello. Aveva creduto che in quel momento tutti i dubbi che ancora aveva sarebbero svaniti, ma non era così. Dio mio, era giusto quello che stava facendo? Ma a che serviva pensarci ora? Erano già marito e moglie, e così sarebbero rimasti per sempre.

Fuori gli auguri, i baci, il riso addosso, le solite battute, che lui stesso aveva ripetuto ad altri suoi amici. Sarebbe passato quel momento di tensione, ne era sicuro.

Durante quella giornata non poté quasi pensare a niente. C’era sempre qualcuno che veniva a parlare con loro, le foto da fare, la torta, le bomboniere; erano al centro dell’attenzione naturalmente, era il loro giorno. Ma finì.

Dopo gli ultimi abbracci con i genitori, andarono via.

Amalia era distrutta, ma sembrava davvero felice. Lei aveva coronato un sogno.

Era stata lei anche a fare il primo passo. L’aveva fermato una sera e gli aveva chiesto se potevano frequentarsi. Lui aveva detto sì, anche se in quel periodo chiunque sarebbe andata bene. Cercava soltanto il modo per non sentirsi solo, di dimenticare quanto aveva provato nei mesi precedenti. E da quella sera, erano sempre stati insieme, per pigrizia, amore, simpatia. Non si era mai fatto troppe domande. Stare con Amalia, lo metteva al sicuro. Aveva una ragazza, aveva normalizzato la sua situazione agli occhi di tutti. Ogni eventuale problema sarebbe rimasto solo a lui. In fondo non c’era nessuno con cui aveva mai parlato di quanto gli era successo. La sua non era stata una storia ufficiale.

«Nicola sei stanco? È stata una bella giornata, vero. Sono così contenta. A te è piaciuto?»

«Sì, tutto bello.» Non riusciva a trovare altre parole, ma Amalia continuava a guardarlo con l’aria di chi vuole sapere ben altro.

«Sei molto bella, hai preparato tutto molto bene come sempre»

«Hai visto quanti complimenti ci hanno fatto? Credo che si siano davvero divertiti tutti. Anche il pranzo, è piaciuto molto. Almeno i miei parenti hanno detto che era tutto buono. E i tuoi? Hai visto come erano eleganti?»

Per fortuna era lei a parlare tanto. Gli faceva continue domande, e non aspettava neanche la risposta.

Arrivarono intanto in albergo.

La camera era già pronta, Amalia sembrava non avere assolutamente timore. Non era la prima volta che stavano insieme, ma chissà perché aveva immaginato che la prima notte di nozze comportasse dei sentimenti diversi. Ma quel giorno era davvero diverso da quanto anche lui si era aspettato. Forse sono solo sciocchezze quelle che si raccontano in giro. Ma a lui, vedere sua moglie, sì era sua moglie quella donna, che girava in quella camera con l’aria di chi ha avuto tutto dalla vita, senza nessun pudore, lo infastidiva.

Si tolse la giacca e si ricordò del telegramma che non aveva neanche letto. Avrebbe voluto aprirlo, ma il pensiero che potesse essere visto lo terrorizzò. Aspettò che Amalia si chiudesse in bagno, poi si distese sul letto e lo riaprì.

“Auguri. Che questo sia l’inizio di tutto quello che vuoi”.

Tutto quello che vuoi.

“E cosa voglio?” si chiese. Non aveva mai avuto le idee molto chiare. Solo quando stava con lei aveva pensato di aver realizzato qualcosa che prima non conosceva, ma che gli si era schiarito nella mente come un sogno fatto tante volte e mai ricordato, come una foto mai messa a fuoco e che invece si rivela chiara e viva. Scomparsa lei era tutto ritornato sfocato, annebbiato, e si era lasciato guidare nella vita da altri. Tutto poteva stargli bene, una volta stabilito che Patrizia non avrebbe fatto mai parte della sua vita.

«Sei ancora vestito? Vuoi che ti spogli io?»

Amalia era sulla porta, si stava avvicinando, e lui aveva ancora in mano il telegramma.

«Avevo solo bisogno di stendermi un poco. Ci metto un attimo a fare una doccia e arrivo».

Si alzò di scatto, per nascondere quel pezzo di carta, e si infilò in bagno, ma Amalia lo stava rimproverando:

«Non fai nessun commento sul mio abbigliamento?»

Non ricordava neanche di averla vista, preoccupato com’era a nascondere il telegramma.

«Ora che torno, non posso mica dirtelo dal bagno»

«Hai ragione, sono io troppo impaziente. Fai presto»

Avrebbe pagato per non essere lì. Ed era il primo giorno della sua nuova vita. Ma aveva passato tanti anni con lei. Perché ora tutto diventava insopportabile, pesante?

Forse stava davvero esagerando. Lì fuori c’era una donna che lo amava, gli aveva dedicato tanti anni, ed era disposta a dargliene ancora tanti, perché doveva trattarla così? Si impose si darle l’attenzione che meritava.

Nella stanza Amalia stava in piedi vicino al balcone. Il buio della stanza e la luce della strada, rendevano trasparente la sua vestaglia. Indovinava il suo corpo che tante volte aveva avuto. Le arrivò alle spalle e l’abbracciò. Voleva scusarsi con lei, ma non ne ebbe il tempo. Lei aveva già le sue mani intorno al collo, sul suo corpo. Si ritrovarono sul letto, ma non riuscì a togliersi dalla mente il volto di Patrizia. Era il massimo della cattiveria che potesse commettere, ma se non avesse pensato a lei, desiderato di far l’amore con lei, sentiva che sarebbe scappato via da quella stanza.

Si ritrovò con Amalia distesa al suo fianco che dormiva. Era stata una grande notte.

Come può essere tutto strano. Lui aveva vissuto quel giorno pensando che tutte le attese del matrimonio erano state una truffa. Sua moglie probabilmente stava sognando che quella stupenda notte era dovuta al fatto che ora erano marito e moglie, e che ogni volta sarebbe stato così. C’era da ridere.

Si alzò ed accese una sigaretta fuori al balcone. C’era un grande silenzio. Chiuse gli occhi. Non sapeva se per dormire, o per poter dare il via a quei pensieri che dalla mattina stavano cercando un posticino per loro. Non sapeva se era proprio quello che voleva, ma doveva farlo, anche per se stesso. Non poteva vivere d’immaginazione. Era quello che aveva fatto i primi tempi che era rimasto da solo.

Erano passati ormai tanti anni, possibile che non riusciva ancora a dimenticare?

In realtà non lo voleva. Quello che aveva vissuto con Patrizia era stato così totale, sconvolgente, da spazzargli qualunque cosa avesse avuto in mente. Cancellare quel pezzo della sua vita sarebbe stato come togliere il meglio di sé, ma non poteva arrivare a tanto. Allora aveva vissuto solo per lei, per poterle parlare. Sì all’inizio era questo, parlare.

Non era mai stato un ragazzo molto brillante, certo con gli amici c’erano le partite di pallone, il calcio da seguire, le serate al pub. Ma tutto qui. E questo aveva sempre riempito la sua vita. Invece poi era venuta fuori lei: la politica, i diritti, i doveri, gli ideali. L’ascoltava per ore. A volte diceva tutto il contrario di lei solo per vederla arrabbiata. Sembrava impazzire, e a lui piaceva tanto.

Però quei discorsi lo rendevano diverso. Sua madre diceva che lo vedeva diventare uomo anche se non sapeva come mai avveniva quel cambiamento. Era una cosa solo sua. Sua sorella spesso lo prendeva in giro, ma niente lo turbava. Era contento, anche se tante cose non le capiva completamente, l’idea di far parte di quel mondo che apparteneva a lei, lo faceva sentire effettivamente grande.

E in quei mesi passati cosa era accaduto? Tutto e niente. All’inizio sentiva nascere dentro di sé un desiderio di cui quasi si vergognava. Come poteva pensare di interessare a quella donna che sembrava avere chiaro in mente ogni passo della sua vita, mentre lui non era assolutamente in grado di fare niente da solo? Per lui la vita cominciava e finiva dalle sue parole, dai racconti della sua vita. Quello che lei faceva bastava anche per lui. Cercava di rendersi carino, ma poi ritornava il solito bisbetico, aveva paura che lei capisse i suoi sentimenti e lo prendesse in giro.

Eppure un giorno era accaduto qualcosa.

Era a casa da solo. Ormai gli capitava spesso di non aver voglia di seguire la solita compagnia, la sentiva troppo lontana dai suoi pensieri. Pioveva pure, perché uscire?

Quando avevano bussato, una strana ansia l’aveva preso. Alla porta c’era lei. Era completamente fradicia, gli occhi rossi di chi ha pianto.

Era entrata senza dire niente, come se fosse normale che con tutte le persone che conosceva e che incontrava ogni sera, fosse andata a chiedere aiuto a lui. Perché aveva bisogno di aiuto, di qualcuno che l’ascoltasse. E chi meglio di Nicola, che passava ore a sentire la sua voce, i suoi progetti, le sue idee.

Gli aveva chiesto qualcosa per cambiarsi, e senza vergogna si era spogliata lì davanti a lui. I jeans erano sulla sedia e quel maglione le arrivava alle ginocchia. Era così piccola a guardarla bene.

Aveva anche cominciato a parlare, ma era difficile in quelle condizioni ascoltare le sue parole. Gli occhi non facevano altro che che andare su e giù per quel corpo. La sentiva ancora tremare e l’unica cosa che avrebbe fatto, sarebbe stata di prenderla tra le braccia e riscaldarla.

Ma lei gli chiedeva qualcosa da mangiare. Non aveva neanche cenato. L’accompagnò in cucina e da sola si servì qualcosa. Non si era posta nessun problema che in casa potesse esserci qualcuno o no. Aveva pensato di andare e questo le bastava. Se fosse arrivato qualcuno, avrebbe semplicemente ripetuto quello che aveva detto a lui sulla porta: aveva bisogno di parlargli. Questo suo modo di fare lo sconvolgeva in ogni senso. Era così abituato alle apparenze, a quello che dice la gente. Anche adesso lui si chiedeva se qualcuno l’avesse vista entrare, ma non osava chiederglielo. A Patrizia non si poteva parlare di questo. Lei non stava facendo niente di male, parlava con un amico.

Il tempo passava, e nessuno rientrava, il tempo doveva aver bloccato tutti in casa d’altri. Da quando era entrata, gli aveva concesso solo poche parole, in verità non ne avrebbe avute molte da dire. A lui stava bene solo averla lì. Era la prima sera che passavano insieme, se così si poteva definire quell’incontro.

All’improvviso come era arrivata, decise che doveva andare via. Voleva ritornare a casa.

A Nicola sembrò quasi un tradimento. Averla avuta così vicina a casa, loro due soli, cosa aveva immaginato che potesse succedere…

Così si offrì di accompagnarla, avrebbe preso la macchina della sorella. Lei accettò, con naturalezza, come se fosse stata davvero l’unica cosa possibile da farsi. Si rivestì, sempre senza nessun problema, anche se i suoi vestiti erano ancora bagnati, ma non voleva lasciarli lì. L’indomani le sarebbero serviti, non aveva un grande assortimento. Lui lasciò un biglietto per i suoi per avvisare che usciva e che stessero tranquilli.

Dopo un po’ arrivarono a casa. C’era una grande stanza che faceva da ingresso, salone, e una libreria piena di pupazzi separava quella che doveva essere la stanza da letto.

Quei pupazzi un po’ stonavano con l’idea che aveva di lei: razionale sulla vita, ma per i sentimenti? Si accorse che tante cose non sapeva, ma non importava.

Lo fece accomodare, offrendogli un caffè o qualcosa da bere, non c’era molta scelta. Ma Nicola continuava a guardarla. Si era infilata una camicia grandissima, quasi ci scompariva dentro. Si era asciugata un po’ i capelli e si era fatta una treccia. Aveva dei bei capelli lunghi, che spesso sistemava nei modi più diversi. Era capace da sola di farsi un’acconciatura che sembrava dovesse richiedere ore. A lei invece riusciva così, senza problemi. Si era accoccolata sul divano vicino a lui, e gli aveva confidato ancora qualcosa a proposito di ciò che le era successo prima; doveva essere il seguito di quello che aveva già detto, ma lui non ricordava assolutamente nulla. Continuava a guardarla e a fare sogni personali.

Ad un certo punto si alzò, Nicola temette che avesse capito tutto di ciò che pensava, e stava quasi chiedendo scusa, ma lei si era avvicinata allo stereo, e aveva messo su un disco. Era una musica molto dolce, lenta, e gli chiese di ballare.

Gli si strinse contro, e a Nicola sembrò di iniziare un sogno. Patrizia era lì, tra le sue braccia. Certo non significava quello che lui sperava, ma che importava? Era con lui, solo sua. La strinse un po’ di più. Era così magra che sembrava quasi sfuggirgli, ma lui non voleva assolutamente far sparire quel momento.

Continuarono a stare abbracciati a lungo, all’improvviso la musica finì, ma nessuno dei due si staccò dall’altro.

Nicola abbassò lo sguardo e la vide in attesa, come se in quel momento toccasse a lui fare qualcosa, qualunque cosa, bastava farla. E lui si chinò su di lei, le diede un piccolo bacio su una guancia, come per chiedere il permesso di poter andare oltre. E lei glielo concesse. Lo strinse forte, quasi si aggrappò a lui e lo baciò a lungo. Sembrava che qualcuno avesse riattaccato la musica, perché Nicola sentiva davvero qualcosa che cantava dentro di sè.

Non aveva mai avuto una ragazza tutta per lui, non aveva mai neanche fatto l’amore con nessuna e l’idea che potesse accadere proprio con quella donna gli dava una felicità immensa. La sollevò e la portò sul letto. Le si sistemò accanto e l’accarezzava. Non sapeva bene cosa fare, ma le sue mani si muovevano da sole. Desiderava conoscere quel corpo che, adesso si confessava, aveva tante volte desiderato. E fu così che passarono quella notte.

Si svegliò con lei ancora accanto. Aveva i lunghi capelli che riempivano tutto il cuscino. Glieli aveva slegati lui per poterli accarezzare. Come tutto di lei aveva preso e tutto di sé aveva dato. Era quella la felicità. Non si mosse per molto tempo, aveva paura che svegliandola sarebbe tutto svanito. Ma non era un sogno. Davvero avevano passato insieme tutta la notte.

Pensò a quello che avrebbero detto a casa sua, ma niente lo preoccupava. Adesso che Patrizia faceva parte della sua vita, avrebbe affrontato il mondo intero. Si sentiva pronto a combattere per averla sempre per sé.

Quando anche lei si svegliò, la strinse di nuovo a sé, come per confermare a se stesso che davvero era accaduto tutto e lei gli diede un grosso bacio che lo lasciò senza fiato. Gli preparò il caffè, ma poi gli ricordò che forse doveva tornare a casa. Aveva una famiglia che lo aspettava.

Si lasciarono in silenzio, con Patrizia che non volle accompagnarlo neanche alla porta. Diceva che i saluti la intristivano e non voleva sentirsi triste quel giorno.

Arrivò a casa con l’aria di chi ha toccato la luna, e quello sguardo non sfuggì a sua madre. Avevano una grande intesa e non ci fu bisogno di spiegare nulla. Si vestì per andare a lavoro, sapendo che lei avrebbe trovato una spiegazione per suo padre.

Passò la giornata sperando di sentirla, ma non lo chiamò.

Quando tornò a casa chiese se qualcuno l’avesse cercato, ma neanche lì c’era stata nessuna chiamata. Non sapeva cosa fare. Uscì e al primo telefono compose il suo numero. Non rispondeva nessuno. Non era la prima volta che andava via per diversi giorni, ma lo aveva sempre avvisato e quella volta credeva di avere maggiore diritto ad una spiegazione.

Girò a lungo a vuoto, non sapeva dove andare. Non voleva parlare con nessuno, non aveva parole per raccontare cosa sentiva, non era capace di confidarsi.

Tornò a casa con la speranza di trovare qualche novità, ma lo sguardo che rivolse a sua madre non ebbe nessun seguito.

A letto non riusciva a darsi una spiegazione per quanto gli stava succedendo. Dov’era finita Patrizia? Possibile che fosse stato tutto un gioco?

Si addormentò molto tardi, e al mattino non aveva nessuna voglia di alzarsi. Come si cambia. Il giorno prima, dopo aver vissuto la sua notte con Patrizia, aveva affrontato la giornata con la carica di chi sente di poter superare tutto, e ora il solo pensiero di non vederla gli aveva spento la luce della sua giornata.

Un rumore all’interno della camera gli ricordò che si trovava insieme a sua moglie. Si era agitata nel letto, e non avendolo sentito, si era svegliata.

«Nicola, dove sei?»

«Sono qui fuori, non preoccuparti»

Lo raggiunse fuori.

«Come mai sei sveglio? Hai qualcosa?»

«No, davvero. Avevo solo voglia di stare un po’ al fresco. Dentro si suda»

«È stato tutto davvero molto bello, come mai prima. Non credi che potremo riprovarci?»

Questo pensiero non allettava per niente Nicola. Ora che i ricordi di Patrizia avevano invaso il suo cuore, sentiva di non poter assolutamente passare il resto della notte con un’altra donna, neanche sua moglie.

«Non vorrei deluderti, ora sono davvero molto stanco. Vieni andiamo a dormire, abbiamo tutta la vita davanti»

Ma chissà perché, quella frase gli diede un brivido alla schiena.

A letto Amalia si era rifugiata tra le sua braccia, e ben presto si addormentò.

A lui rimasero ancora i ricordi…

Erano passati due lunghi giorni prima che avesse di nuovo notizie di lei. L’aveva aspettato fuori al lavoro, e con un bacio l’aveva salutato, come sempre. Lui era smarrito: come diavolo ci si comporta in queste situazioni? Doveva essere arrabbiato? Pretendere delle spiegazioni? In verità l’unica cosa che sentiva di voler fare era di prenderla tra le braccia, farla volare in alto, e dirle che l’amava pazzamente. Ma non era abituato a queste cose. Lui era stato un tipo sempre molto riservato, non sarebbe stato in grado di gesti simili in pubblico.

Si avviarono insieme verso casa. Arrivati lì, si misero vicini sul divano ad ascoltare musica.

«In questi due giorni ho evitato di vederti»

«Eri qui? Pensavo fossi andata via come fai spesso»

«No, sono sempre stata in casa»

«Ma ti ho telefonata, non rispondeva nessuno»

«Lo so, l’ho sentito quel suono.»

«Perché non mi volevi parlare? Cosa ti ho fatto?»

«Proprio niente. Ho voluto io farti qualcosa. Tu sei troppo giovane, vedi in me qualcosa di speciale, anche se non necessariamente c’è. Ma io non sono la ragazza adatta a te. E ho voluto farti capire subito che tra noi non sarà una storia normale»

«Perché credi che io voglia una storia normale? Non credi che potrebbe bastarmi stare insieme a te, senza fare troppi progetti?»

«Ti conosco da troppo tempo. Tu sei il ragazzo che si sposa, ha dei figli, ha una vita tranquilla. Con me non ci sarebbero queste cose. Sono troppo inquieta, ho troppe cose da fare ancora per me, per legarmi in questo modo ad un’altra persona»

«Mi sembra che stai correndo troppo. Non puoi smettere di parlare?»

L’aveva già tirata a sé, aveva voglia di lei. Ma riuscì ancora a dirgli:

«Non accusarmi domani di non averti avvisato.»

Ma già la sua bocca la faceva tacere. L’aveva stretta forte, sentiva di desiderarla in un modo quasi che lo spaventava. Ma lei gli permetteva tutto, erano solo loro, tutto il resto non aveva nessuna importanza.

Erano andati avanti così per mesi. Di giorno ognuno per conto proprio o quasi, e di sera sempre in quella casa. Avevano unito i loro corpi un numero esagerato di volte, ma sembrava che mai potesse bastare.

Ascoltavano anche molta musica, facevano discorsi su quanto accadeva nel mondo, Nicola si sentiva davvero felice. Anche se a volte sentiva che avrebbe voluto condividere con lei ancora più tempo della sua vita. Ma non si sentiva di chiederle niente. Aveva paura che ogni sua richiesta la potesse allontanare.

Ma col tempo le cose iniziarono a cambiare.

Patrizia era sempre molto nervosa, andava via sempre più spesso. Nicola non sapeva cosa fare. Non era abituato a prendere iniziative, e il timore di perderla non gli permetteva di fare domande.

Una sera lei gli disse che sarebbe partita. Non sapeva quanto sarebbe rimasta fuori. Nicola era senza parole. Come avrebbe vissuto senza di lei? Ma non credeva di poterla trattenere, e accettò quella sua decisione, come tutte quelle che aveva preso. Le chiese solo di farsi sentire.

Cominciò così un lungo periodo di solitudine. Niente gli dava gioia. Divenne quasi più silenzioso di prima, e tutti notarono quel suo cambiamento, anche se non gli chiedevano niente.

Dopo molti mesi, in cui non aveva più avuto notizie di lei, se la ritrovò una sera all’uscita dal lavoro.

Era molto dimagrita, sembrava molto triste, ma quando lo vide, un lampo passò nei suoi occhi. Gli chiese se voleva andare con lei, e per strada gli raccontò che aveva girato molto, aveva visto molti posti nuovi, conosciuto tanta gente. Nicola temeva che gli dicesse anche che avesse avuto nuove storie, ma non disse niente del genere. Comprarono qualcosa da mangiare e andarono  a casa. Ma una volta lì, non si fermarono a mangiare. Cominciò a baciarlo, accarezzarlo, come se non avesse aspettato e desiderato altro da tempo. Per lui era la stessa cosa, e ritrovarono tutta la complicità che per mesi li aveva uniti. Quando ebbero calmato il loro desiderio, Patrizia gli parlò.

«Sai che ti ho pensato tanto in questo periodo? Non credevo che mi avresti fatto questo effetto.»

«Non si direbbe visto che non mi hai mai chiamato»

«Credi che una telefonata possa cambiare quello che ti sto dicendo?»

«Non lo so, per quello che mi riguarda, io ti avrei chiamata, ma siamo sempre stati diversi, l’hai detto anche tu»

«Lo so bene che siamo diversi. E una sera ti ho anche parlato di questo, ma tu avevi detto che eri pronto ad accettare tutto. Oggi forse ti stai rendendo conto che non è sempre possibile dire sì alle cose senza conoscerle.»

«Ma io ti conosco e come. Sei la persona che mi ha insegnato più cose nell’arco di questo anno, che in tutta la mia vita, forse sei un  po’ troppo egoista per me. Non mi piace che tu possa decidere di esserci o no nella mia vita come e quando ti fa comodo.»

Patrizia lo aveva guardato e uno strano sorriso le aveva attraversato lo sguardo. Era lo stesso che aveva quando lui dimostrava di non aver capito assolutamente niente di quello che lei voleva. E questa volta sembrava molto più grave.

«Resterò qui ancora per un periodo. Mi hanno offerto un lavoro durante questo periodo in cui sono stata fuori, e ho deciso di accettare. Puoi decidere di vedermi ancora, o di lasciarmi adesso, visto che il mio egoismo, mi porterà ancora lontana da te, come vedi.»

Nicola si sentiva paralizzato. Ma perché lo torturava così? Non aveva capito, o lui non era riuscito a farle sentire quanto la amasse? Avrebbe dato la sua vita per lei, e si sentiva invece dire che sarebbe andata via.

«C’è ancora una piccola cosa che voglio dirti, dove vado, ci sarebbe un lavoro anche per te.»

E subito lo abbracciò, si gettò su di lui, come se il tempo in cui avevano parlato, fosse stato sprecato. Ma tutta quella foga presto si trasformò in una grande dolcezza. Lasciò che le sue mani lo accarezzassero per un tempo lunghissimo, come se quel loro incontro non dovesse mai finire, perché una volta lasciati, poteva diventare l’ultima volta.

Furono ore indimenticabili. Le loro carezze, i loro baci erano stati così profondi da lasciare un vero segno dentro i loro cuori. Ma come erano vicini nei momenti dell’amore, così si allontanarono con la ragione.

A Nicola tornò in mente che lei sarebbe andata via, e questa gli sembrò la notizia più cattiva che potesse dargli. La rabbia lo prese completamente, e senza darle neanche il tempo di dire qualcosa, si alzò per vestirsi ed andare via. Perché restare con una donna che ha già deciso di lasciarti?

Patrizia intanto lo guardava e lo lasciava fare. Stava decidendo cosa fare della sua vita, e lei sapeva che stava usando le ragioni sbagliate probabilmente, ma non poteva fare niente. Doveva lasciarlo anche sbagliare. Spiegargli adesso quello che lui aveva nella mente in maniera così confusa, non lo avrebbe aiutato. Solo il tempo forse, gli avrebbe insegnato a vedere le cose con occhi diversi. Lei aveva tentato di aprirgli la mente verso nuovi modi di ragionare, ma se questo aveva dato dei risultati per quanto riguardava il mondo esterno, aveva ancora troppa strada da fare dentro di sé. E se in quel momento aveva deciso di lasciarla, credendo il suo gesto solo un atto di egoismo, lei doveva lasciarlo andare. Avrebbe sofferto moltissimo, quel ragazzo aveva portato nella sua vita un entusiasmo, una gioia, che l’avevano ringiovanita. Ma gli anni di differenza erano venuti fuori. E se la sua partenza poteva servirgli a crescere, andava bene così. Avrebbe poi donato ad un’altra la sua maturità e le sue qualità.

Nicola intanto era già pronto ad andare via. Sulla porta la guardò quasi con odio.

«Mi hai usato come un cretino, ma almeno adesso l’ho capito, e non ti permetterò più di farlo.»

Era uscito sbattendo la porta, e lei se lo aspettava, ma quel rumore sordo, le rimase a lungo nella mente. Ma era andato tutto come aveva già previsto. Lo aveva conosciuto troppo bene per illudersi che riuscisse già  a vedere nelle sue parole un significato diverso da quello che lui aveva dato, era normale che non avesse capito la richiesta che lei gli aveva fatto. Era già tutto deciso.

 

Stava già schiarendo. Con la fine della notte, finiva anche per lui il tempo dei ricordi. Quella porta aveva chiuso dietro di sé tutte le cose più belle. Conoscere Patrizia era stato bello, amarla un sogno, lasciarla la disperazione.

Ed ora tutto quanto aveva vissuto con lei era tornato più vivo che mai. Come se quel matrimonio, quel mettere definitivamente un muro tra loro, lo avesse spinto a rivivere come una tortura tutta la loro storia. Per anni aveva sempre pensato che la sua era stata la decisione più giusta, che lei in fondo l’aveva avuto come un giocattolo con cui divertirsi. Eppure qualcosa lo spingeva verso un’altra spiegazione, ma non aveva mai ceduto a questa tentazione, come se scoprire di  non avere avuto ragione potesse distruggerlo.

 

«Nicola, buongiorno»

«Buongiorno a te.»

Amalia gli si strinse addosso. E quel corpo gli sembrò un peso.

«Dobbiamo prepararci, altrimenti rischiamo di far tardi all’aeroporto»

«Abbiamo ancora un po’ di tempo…»

Era un nuovo invito; non voleva, non poteva… ma non seppe trovare una scusa, e si ritrovò tra quelle braccia che sentiva di non desiderare affatto.

 

All’aeroporto era tutto un correre, ma Nicola ne era contento. Quanto più era impegnato, meno tempo dedicava a quel pensiero che ormai scavava nella sua mente e nel suo cuore come un male senza speranza.

La loro destinazione era Parigi.

Non lo aveva ricordato prima, ma Parigi era stata la città di cui Patrizia era innamorata. Aveva vissuto due anni lì, e aveva sempre rimpianto di essere ritornata in Italia.

Ed ora si sarebbe trovato in quella città dove anche lei era stata e vissuta: ma non era colpa sua, l’aveva scelta Amalia!

L’aereo fu annunciato con puntualità, e tra l’emozione del loro primo volo, e tutte le cose che Amalia raccontava di voler vedere e fare nella capitale francese, il tempo passò abbastanza in fretta.

Parigi.

Non aveva mai creduto a chi gli aveva raccontato che quella città è magica, e che quell’aria così particolare si respira immediatamente, appena messo piede a terra. Sarà la moltitudine di gente che ti ritrovi intorno, o chissà che altro, ma la sensazione è davvero avvolgente. Quella città cattura.

Era ancora abbastanza presto e dopo che un taxi li aveva accompagnati in albergo, ebbero il tempo di uscire.

La prima cosa che fecero naturalmente, fu di prendere una cartina della città; erano sistemati in un posto abbastanza centrale che a piedi gli permetteva di raggiungere l’Opera, dal lato opposto si arrivava a Pigalle, poche fermate ed erano al Louvre, e poi gli Champs Elysées.

Ci vollero pochi giorni per imparare a muoversi in quella città che nonostante fosse così grande, così frequentata, offriva facilmente tutte le soluzioni per farsi guardare.

Le loro giornate passavano così, a gironzolare per i musei, le strade, i negozi, e Nicola faceva di tutto per ritirarsi il più tardi possibile, quando, esausti dopo ore di cammino, spesso avevano solo la forza di mangiare e dormire. Amalia, non si lamentava di questo. Era contenta di dormire abbracciata a lui, come se ormai non  ci fosse nessuna fretta per niente. Si erano sposati, ed una vita intera, le avrebbe dato la possibilità di godersi per sempre quell’uomo che aveva fortemente voluto. D’altra parte non poteva immaginare che la mancanza di desiderio da parte del marito fosse dovuta a qualcosa di diverso dalla stanchezza, perché lei non sapeva dell’esistenza di Patrizia. Non avevano mai parlato delle loro esperienze personali prima di incontrarsi, e lei era convinta che non ci fossero state donne importanti nella vita di lui. Non c’erano testimonianze di amici o familiari riguardo ad una persona particolare e questo le aveva dato la convinzione che l’unico amore della sua vita era lei. E tutto questo bastava.

 

Quanto tempo era passato ormai?

Adesso era chiaro cosa aveva inteso dire Patrizia con quelle parole. Gli aveva chiesto una scelta, ma una scelta che lui non era ancora pronto per fare. Anche il momento era stato quello giusto.

 

Lei sapeva che non era ancora pronto e quale risposta avrebbe dato. Ma anche questo era previsto. La loro vita non poteva essere insieme. Avevano vissuto in maniera troppo diversa e le conclusioni a cui erano arrivate erano logicamente differenti.

Quando gli aveva detto che sarebbe andata via, non voleva certo lasciarlo. Anzi. Avrebbe voluto che lui la seguisse, per poter vivere insieme una vita fatta d’amore, di nuove conoscenze. Ma questa era decisione che doveva pendere lui. Era questo che non aveva capito! La sua immaturità gli aveva fatto scegliere la strada più semplice, più breve. Ed aveva anche avuto la possibilità di scaricare la colpa su di lei.

Ma la realtà era diversa. Dirle di sì, che accettava di vivere con lei, avrebbe significato fare una scelta. Prendersi delle responsabilità. Ed era questo che non aveva avuto la forza di fare. Ma in quel momento non lo poteva capire. Lei era tutta un’altra cosa rispetto alle sue abitudini. Non dubitava dei suoi sentimenti, ma a volte non bastano. E lei lo sapeva.

Non c’era in lui ancora la forza di vivere una vita diversa. Se quella storia fosse finita, e anche questo poteva capitare, non avrebbe avuto la forza di ricominciare da capo. Ci sono delle persone che non sanno gestire la propria vita, che non sanno o non hanno il coraggio di vivere fino in fondo. Non aggrapparsi agli altri per trovare la forza per andare avanti, ma trovarla dentro di sé. Era questo ciò che aveva voluto mostrargli. Lei era abbastanza cosciente di sé stessa per sapere dove e come trovare la strada per andare avanti. A lui tutto questo mancava. E con tutto l’affetto che poteva provare, non poteva vivere per lui, o guidare un’altra vita. Ma nelle condizioni in cui si trovavano, sarebbe andata proprio così.

E come al solito la considerazione era stata quella di sempre: non fare agli altri ciò che non vuoi essere fatto. E lei non avrebbe mai voluto qualcuno vicino a sé che le indicasse la strada, che le dicesse cosa fare, per questo non aveva voluto essere la più forte. Non era un pupazzo con cui avrebbe voluto condividere la sua vita, ma un uomo. E lui non era ancora pronto.

Era un’analisi così  limpida della situazione. Ci aveva impiegato solo troppo tempo per vederla chiaramente. E quanto male faceva. Cosa doveva fare adesso?

Da quando erano tornati a casa, gli sembrava di non vivere più. Amalia era molto contenta. Gli amici la sera a casa, i parenti, le notti in cui lo cercava, e le scuse che spesso non bastavano. Non avrebbe sopportato a lungo tutto questo.

Non aveva mai neppure immaginato che avrebbe trovato delle risposte a quelle domande che lo avevano logorato per tanto tempo, e che adesso come una beffa del destino, arrivavano con tanta naturalezza.

Cominciò a comprare dei libri. Lei leggeva tanto. Gli aveva parlato di tante di quelle cose che aveva trovato nelle pagine di un libro, che gli sembrò, con questo, di potersi riavvicinare un poco  a lei. Ma non sapeva neanche cosa scegliere. E tutto quello che cominciava a leggere, non lo prendeva per più di dieci pagine. E anche quella fu una sconfitta. Stava cercando di costruire intorno a sé la sua presenza, ma non era possibile. Lei semplicemente non c’era. E non sarebbe uscita fuori da nessuna pagina, neanche del libro più bello.

La vita sembrava fosse finita. Finita? Veramente ad essere sinceri la sua era durata solo il tempo della sua storia con Patrizia. Per il resto vuoto totale. E la cosa di cui più si accusava era di aver permesso ad altri di scegliere per lui. Non lo aveva permesso a lei, aveva fatto il duro, e poi aveva lasciato che altri scrivessero la sua storia. Perché? Perché? Perché?

Non riusciva a sopportarlo.

Ma ancora continuava la sua vita, quella finta, noiosa, ipocrita vita.

E un giorno accadde che si incontrarono.

Dove, come… nulla era importante: loro si erano visti.

Non sapeva se il suo cuore avrebbe potuto sopportare quell’onda di emozioni che gli si era scatenata dentro. Il timore che il suo viso, i suoi occhi potessero tradirlo era troppo grande, ma non le staccava gli occhi di dosso. Avrebbe voluto chiederle tutto, ma non una parola usciva dalle sue labbra.

Come al solito fu lei a tirarlo fuori dal baratro. Lei lo faceva precipitare e lei lo salvava.

«Devo ancora farti gli auguri personali per il tuo matrimonio! Come stai? Va tutto bene?»

«Certo, è tutto a posto. Dimmi tu piuttosto cosa fai? Sei tornata in città?»

«È da molto tempo che sono tornata, ancora prima del tuo matrimonio, per questo l’ho saputo, altrimenti sarebbe stato difficile, visto quanto ero andata lontano: non ci avevi pensato?»

Pensare! E come faceva? Lei era lì quando aveva combinato quel macello. Perché non l’aveva chiamato invece di mandare un telegramma, perché non si era fatta sentire anche prima, perché… quanti altri perché voleva elencare. Ma uno solo era forse valido. Perché lui non l’aveva cercata, visto, ora più che mai lo sapeva, che lei era tutto quanto potesse desiderare?

«Nicola, sto parlando con te, non mi senti?»

«Sì, scusami. No, non avevo capito che potessi essere qui, forse credevo che non saresti mai più tornata, e che non ti avrei mai più vista»

«Il mondo è più piccolo di quanto tu creda. Vogliamo andare a prendere un caffè? Mi puoi raccontare qualcosa della tua nuova vita.»

«Non c’è molto da raccontare, non è che sia cambiato molto»

«Non hai molte novità da raccontarmi? Vedi che sei tu che ti sei sposato, non io. Non ci credo che non ci sia niente da dire!»

Certo che c’era molto da dire, ma non quello che lei gli aveva chiesto. Come faceva a dirle che con il matrimonio era cominciato un periodo d’inferno dentro di lui, che l’angoscia di aver perso lei, così importante, così indispensabile non gli dava pace.

«Lo sai che non mi piace molto parlare di me, raccontami tu piuttosto, cosa hai fatto in tutto questo tempo?»

«Ma io voglio sapere di te! Possibile che per strapparti una parola dalla bocca ci vogliano le tenaglie? Ma come fa tua moglie, o con lei parli?»

Parlare con Amalia? E di cosa? Lei pensava alla casa, a cucinare per lui, non sollevava mai un’obiezione. Era troppo perfetta, non avevi mai niente da discutere con lei! Che differenza con quell’altra donna.

«Credimi non ho niente da raccontare, lo sai che non ho mai avuto molte aspirazioni, sono ancora più abituato a fare le stesse cose, la mia vita non cambierà mai!»

Quelle parole la zittirono. Lo guardava fisso negli occhi, e lui non riusciva a distogliere lo sguardo, anche se sapeva che lei era capace di leggergli dentro. Arrivava da lontano una canzone molto vecchia, sembrava che l’avessero messa apposta per farli ritornare indietro nel tempo. Cosa avevano combinato?

Patrizia allungò una mano per prendere una sigaretta, Nicola prese l’accendino per farla accendere: fu un attimo che permise alle loro mani di sfiorarsi. Non era possibile che quel semplice contatto provocasse quel macello di sensazioni, ma erano solo sue o anche lei sentiva ancora qualcosa?

«Credo che andrò via, non posso credere che tutto quello che è successo non ti abbia insegnato proprio niente, che tu oggi sia qui a dirmi che fai la vita di un vegetale e per che cosa? Ma vuoi svegliarti? Vuoi cominciare a sentire cosa vuoi veramente, quali sono i tuoi desideri, i tuoi sogni? Hai una donna al tuo fianco e non ti accorgi di tradirla ogni giorno, ogni momento con la tua poca voglia di vivere? Mandala via, dai almeno a lei una possibilità se tu hai già rinunciato alle tue.»

La sua voce si stava alzando. Le era tornata quella rabbia di tanti anni prima, ma ora c’era anche dolore  nelle sue parole.

«Lo sai perché tanti anni fa ti ho detto delle cose? Per farti fare una scelta. Ma non un ultimatum, semplicemente insegnarti, farti vivere una scelta, prendertene la responsabilità. Io ho rinunciato a te per darti questa opportunità, perché temevo che saresti diventato quello che sei oggi. Ma ho fallito comunque. Oggi sei anche triste, forse insieme avremmo avuto un po’ di gioia in più, ma io desideravo vederti diventare un uomo. E invece mi sembra che quello che fai non è vivere. Tu ti sei preso un modello di qualcuno che ti hanno detto che andava bene, come un vestito preso in prestito, te lo sei appiccicato addosso, e non sei mai andato a misurartene, o addirittura a sceglierne un altro. Ma non è così che va la vita. Ognuno ha il dovere di capire le sue verità, ha bisogno di percorrere le sue strade. Ti sei mai fermato un’ora, due senza fare nient’altro che ascoltare il silenzio? È da quel silenzio che arrivano le risposte. Ma tu vivi non nel silenzio, ma nell’isolamento. E mi correggo, non vivi.»

Aveva detto quasi tutto in fiato, come se interrompersi poteva significare smettere. Era stato tutto inutile.

Nicola si aspettava un’altra raffica di accuse, e sapeva che di cose da dire ne avrebbe avute ancora tante, invece niente. Silenzio.

«Scusami» disse dopo un po’ «Faccio sempre lo stesso errore, credo sempre che tutti possano o debbano vedere le cose come voglio io, ma non è affatto così. Probabilmente tu sei felice, la tua vita oggi ti dà quello che hai sempre voluto, delle certezze, una sicurezza. Avere oggi una compagna, domani dei figli, questa è la tua vita, chi sono io per dirti se è giusta o sbagliata?»

Aveva abbassato il capo, come se la sua fosse stata una vera sconfitta. Voleva dirle invece che aveva ragione, che stava davvero rovinando tutto, ma le sue parole dicevano un’altra cosa:

«È vero, vuoi sempre avere ragione, credi di sapere tutto, ma non è così. Come fai a giudicare la mia vita dopo dieci minuti che ci siamo visti?»

Eppure sapeva che  a lei bastava molto meno per capirlo.

«Io sono molto felice, quello che ho oggi è tutto quello che avevo sempre desiderato, e va bene così»

«Ti chiedo scusa per la mia invadenza, ma se sei davvero così felice come dici, io sono la persona più contenta del mondo.»

Lo stava guardando in un modo…

«Anch’io ho tentato di farti felice, e forse andando via ho fatto la mia parte»

Aveva pronunciato le ultime parole con un filo di voce, non aveva quasi capito all’inizio, ma il suono di quella frase gli era rimasta dentro e mentre lei si allontanava riuscì a comprendere…

Era già scomparsa tra la folla, ma lui non staccava gli occhi dal punto dove immaginava che fosse, aveva quel solito groviglio di cose in testa, nel cuore, alla gola, e mai che riuscisse a farlo venire fuori! Si odiava per quello che aveva detto, per come si era comportato, ma non era altro che la continuazione di quella storia infinita che era la sua vita. Era un immaturo, un egoista, perchè aveva coinvolto Amalia in quell’assurda storia che era la sua vita, era… quante cose poteva essere, che importava; lui voleva essere l’uomo di Patrizia: questa era l’unica cosa che desiderava da anni, ed era anche l’unica per cui non aveva lottato.

Questa era la sola conclusione. Cosa aveva veramente fatto per averla? Lei lo aveva scelto, lei lo aveva messo alla prova, lei gli aveva insegnato a guardare qualcosa che era un po’ più nascosto dentro di lui, ma lui cosa aveva dato a quella storia? Le sue urla, la sua rabbia, la sua testardaggine, il rancore per quello che aveva imparato con lei e che adesso, non avendola più, rinnegava. E alla fine un matrimonio con una donna che non amava assolutamente. Questa era ormai una cosa che doveva ammettere.

Cominciò a camminare. La strada sembrava l’unica cosa che potesse capirlo in quel momento. Lo portava lontano, non faceva domande, non lo ostacolava. Il vento sembrava anche volergli portare via i pensieri, e quest’idea lo fece sorridere. Poteva tentare, poteva lasciare libere quelle ossessionanti parole: anch’io andando via ho fatto la mia parte.

Lei aveva avuto la forza di rinunciare ad un amore, perché lo era stato, questo era chiaro, per permettergli di essere qualcosa di più di uno scarabocchio nella storia del mondo, e lui da vero stupido aveva saputo guardare solo davanti al suo naso.

Ma intorno a lui c’era vita, c’erano tante persone. Ognuna di loro nascondeva una storia, viveva delle passioni, ma lui non ci aveva mai pensato. Era veramente chiuso in quella che era la sua vita e non si era mai voluto preoccupare di qualcosa di più. A pensarsi così, diventava ancora più chiaro quanto fosse stato importante per lei. Stare con lui doveva esserle costato molto. Erano così diversi. Ma aveva creduto che l’amore potesse avvicinarli, potesse permettergli di crescere, ma lui non ce l’aveva fatta. Era questa la sua sconfitta. E cosa poteva e doveva fare ora?

Era arrivato il momento per lui di fare. Lo aveva rimandato per tutta la vita, ma ora era lì. A pensarci era una delle tante cose che gli aveva detto: – Viene per tutti il momento in cui ci si deve guardare dentro e affrontare quello che si è. La differenza tra le persone si vede in quei momenti. Se hai la forza di capirlo, lotterai per andare avanti e scoprire realmente ciò che sei, senza avere paura. Se non lo fai, sarai sempre uno come tanti, che ignorerà per sempre il vero senso della propria esistenza. –

Ogni cosa che lei aveva detto acquistava nel tempo un significato. Ora scopriva il senso di quelle parole che un tempo gli erano scivolate addosso senza trovare nessuna collocazione. E quante altre ancora ne avrebbe ricordate? Se lo augurò. In fondo quello che gli restava di lei erano tante parole, ed era l’unica cosa su cui poteva contare visto che ora non c’era più.

Ma davvero non c’era più? Sarebbe stata disposta ad ascoltarlo se glielo avesse chiesto? Sperava di sì, ma in fondo non sapeva se avrebbe trovato la forza per chiederglielo. La sua era una sconfitta? E poi come fare per trovarla?

Si faceva tante domande, ma anche quelle erano scuse. Non aveva appena capito che le decisioni ognuno le prende per sè? Era lui che doveva sapere se aveva voglia di chiedere aiuto, se lei poteva essere disponibile l’avrebbe deciso da sola, era in grado di farlo.

Si ritrovò sotto casa, senza neanche accorgersene. La sua monotonia era talmente avanzata che ormai anche senza comandi, le sue gambe lo riportavano sempre a casa, come un animale addomesticato. Che tristezza!

Per fortuna si ritrovò solo. Si accomodò sulla poltrona preferita e continuò a pensare. Ma la domanda era una sola: dove  e come trovare Patrizia. Le possibilità erano legate ai vecchi ricordi, ai posti che sapeva aver frequentato un tempo. Non era molto, ma era un inizio.

Ma anche un’altra cosa doveva decidere: la sua storia con Amalia. Aspettare di sapere cosa sarebbe successo con Patrizia, sarebbe stato troppo comodo, la giusta continuazione della sua vita ipocrita. No, doveva pensarci prima. Ora sapeva di voler andare fino in fondo. Quella che viveva con lei non era la storia che aveva sognato, e questo doveva bastare per parlarne con lei francamente, almeno avrebbe saputo con chi aveva deciso di vivere.

Guardò l’orologio calcolando quanto tempo mancava al suo possibile rientro: circa 10 minuti. Meglio così, non avrebbe avuto modo di cambiare idea.

Gli sembrarono comunque eterni. Ma alla fine la chiave si infilò nella serratura.

Amalia entrò sorridendo come al solito. Si stava già affrettando a mettere a posto le sue borse della spesa, quando si accorse che il televisore era spento. Lo guardò sorpresa:

«Hai mal di testa?»

«No, perché?»

«Sei seduto quasi al buio, senza neanche guardare la partita, come mai?»

La partita, e chi se ne era ricordato? Era forse la prima volta in vita sua che gli capitava.

«Non ho voglia di guardare niente, stavo pensando a noi»

«A noi? Vuoi farmi una sorpresa? Ho capito, vuoi avere un bambino. Lo sai che sarebbe un vero sogno per me, ti senti finalmente pronto anche tu?»

Aveva lasciato tutto in disordine e si stava avvicinando a lui con un sorriso che la illuminava tutta. Il solo pensiero di poter avere un figlio la scombussolava.

Se la ritrovò addosso, lo baciava dappertutto. Si sentiva confuso, perché le aveva dato modo di credere una cosa del genere? Come faceva adesso a spiegarle che invece stava pensando di mettere in discussione la loro storia?

Si alzò di scatto, voleva fuggire via da lei, dalle sue braccia, dalla sua voglia di essere madre.

La delusione sul suo volto lo colpì come uno schiaffo. La vide ricomporsi, avvicinarsi alle sue buste sparpagliate all’ingresso e avviarsi in cucina. Ma come faceva ad essere così! Avrebbe voluto una scenata, che gliela tirasse in faccia la spesa e non che si rintanasse in  cucina come se fosse lei la cattiva e l’unica colpevole di tutto. Si ritrovò a seguirla, ad abbracciarla, ad asciugarle le lacrime dal viso. Era quello che il vecchio Nicola credeva giusto fare: non ferirla, ma il nuovo Nicola gli gridava che tutto questo era sbagliato, che avrebbe comunque pianto un giorno per lui, perché rimandare un momento che ormai sapeva che sarebbe arrivato? Ma quelle grida non furono ascoltate, come sempre. La sua consapevolezza era troppo recente per metterla in pratica così in fretta. La stava prendendo in braccio, l’accompagnò sul letto. Si sentiva così in colpa verso di lei che avrebbe fatto di tutto per farsi perdonare. L’incontro che aveva avuto con Patrizia, i pensieri che ne erano nati, lo facevano sentire come uno che ha tradito la moglie e tornando a casa, per paura di essere scoperto, fa l’amore con lei come non mai. E fu così che accadde.

Non  sapeva più da quanto tempo erano in quel letto. Voleva annullare con quel fare l’amore tutto quello che era in lui. La paura aveva preso il sopravvento. Era contro di lei che stava lottando in maniera quasi feroce. Quella maledetta paura che lo aveva sempre accompagnato, e, quando credeva di averla scoperta e quindi di poterla battere, era ritornata più forte che mai.

Quando non aveva più energie neanche per pensare, quando il suo corpo e la sua mente sembravano completamente sconfitte si lasciò andare.

Amalia era rimasta travolta da quella che per lei era stata una grande prova d’amore, in quella sera era sicura che era stato concepito quel figlio che tanto voleva, perché la furia con cui era stata posseduta, non poteva significare che questo. E quel pensiero la coccolò facendola addormentare molto presto.

E Nicola? Anche lui voleva dormire, lo desiderava in maniera esagerata, ma più lo voleva, più la sua mente lo costringeva a pensare.

Si alzò. Doveva uscire. Se fosse rimasto in quel posto così come si sentiva, poteva commettere qualsiasi sciocchezza.

Si vestì in fretta e in silenzio.

Era buio, forse molto tardi, non aveva guardato l’orologio, ma che importanza poteva avere? Faceva freddo, ma non tentava di coprirsi, voleva avere delle sensazioni, che fossero di dolore, di piacere, purchè gli ricordassero che era vivo. Qualunque cosa avesse fatto, fosse successa, lui era vivo. E stranamente, sentiva di volerlo essere, come non mai.

Non voleva pensare, lasciava che i pensieri gli attraversassero la mente senza fermarsi, perchè quei momenti voleva che durassero a lungo. Aveva dentro una grande emozione, che sembrava gli dovesse riempire tutto il vuoto della sua vita, e non voleva perderla. Non era sicuro che, se fosse andata via, potesse essere poi capace di farla rinascere.

Si guardò intorno. Era arrivato sotto casa di Patrizia. Quella che almeno un tempo era stata la sua casa. Le finestre erano spente, ma chiunque poteva abitare lì adesso. Ma si appoggiò ad un muro e le fissò, e immaginava lei lì, in quella grande stanza, i lunghi capelli dorati abbandonati sul cuscino, come li aveva sistemati lui la loro prima notte insieme……

Sapeva come farsi male.

Una macchina ruppe il silenzio. Si avvicinava piano, senza fretta, come chi ha voglia di prolungare ancora per molto la sua serata. Non era un tipo curioso, ma quell’arrivo lo distrasse, permettendogli di tirare fuori il lungo coltello che aveva infilato nel suo cuore.

Era naturalmente una coppia.

E lei era Patrizia!!!

Ma perché era lì, perché non scappava via, perché voleva anche vederla felice con un altro?

Ma forse in quella sera doveva succedere tutto. E allora, che così sia.

La macchina era ferma da un po’ di tempo. Questo significava che lui non sarebbe salito, ma anche questo non risolveva il suo problema.

Ascoltò i suoi sentimenti. Non si sentiva geloso nel senso generico della parola. Non gli stavano togliendo Patrizia, era qualcosa di più. Stava perdendo se stesso, come se tutto quello che potesse fare fosse legato a quella donna.

Ma lui voleva davvero che fosse così?

Si staccò dal muro e si incamminò di nuovo. Restare poteva dargli la conferma che Patrizia avrebbe passato la notte con un altro, o anche da sola, ma in fondo non aveva più molta importanza. Quello che voleva scoprire era quanto fosse in grado di fare qualcosa di testa sua, senza Patrizia, senza Amalia, senza la famiglia, senza gli amici. Solo con Nicola.

In un solo giorno era stato vicino alla sua coscienza due volte, alla prima occasione aveva miseramente fallito, e ora?

Si sedette sopra una panchina, lontano dalle luci della strada.

Per quante volte in quella notte ripensò alla sua vita? Fu come una ninna nanna che lo fece addormentare proprio lì, come un barbone, un abbandonato: più o meno quello che aveva sempre pensato vedendo qualcuno da solo in quelle sue stesse condizioni. Ma adesso su quella panchina c’era lui. Aveva dormito per strada ma non era un barbone, né un abbandonato: era semplicemente lì. Come è strano stare dall’altra parte.

Quel pensiero lo fece sorridere. Gli uomini sono matti. Possono passare giornate intere a lavorare, a mangiare senza accorgersi di vivere, e poi magari passi una notte su una panchina e ti svegli ridendo…

Fu così che tornò a casa: ridendo.

Ma non fu così che trovò Amalia. Era seduta sul letto, gli occhi rossi per il pianto. Da quanto tempo stava lì non riusciva ad immaginarlo, probabilmente da tanto.

Gli tornò la voglia di prima di proteggerla, difenderla, ma si fermò. Cosa faceva, la difendeva e da chi? Il problema era lui, questo era certo.

Si sedette sulla sedia ai piedi del letto, la testa tra le mani. Solo pochi attimi prima rideva ed ora gli era tornato il peso delle sue responsabilità, anche se il vero problema era che non le sapeva ancora riconoscere fino in fondo ed affrontarle.

«Dove sei stato?»

«Un po’ in giro, ho anche dormito un po’ su una panchina»

«Con una casa e una moglie, dormi su una panchina?»

Era questo che non sopportava di lei, la razionalità.

«A volte non basta avere una casa e una moglie per decidere di dormire in un letto piuttosto che su una panchina. Ma non so se tu hai mai visto le cose da questo punto di vista. In realtà mi chiedo quale sia il tuo punto di vista delle cose. Non ti ho mai chiesto molto e neanche tu ti sei sprecata nelle spiegazioni.»

Non voleva darle nessuna colpa di quella situazione, ma non fu così che lei interpretò le sue parole.

«Puoi spiegarmi cosa vuoi dire? Poche ore fa in questo letto abbiamo fatto l’amore come mai, poi mi sveglio, non ci sei, torni in queste condizioni e vuoi conoscere il mio punto di vista delle cose? Non sono stata all’altezza delle tue aspettative? Anche se mi rifiuto di pensare che hai un’altra!»

«E perché no? Non potrebbe esserci un’altra donna nella mia vita?»

«Sì, forse nei tuoi pensieri. Ma se la tua vita è come un orologio da quando ti conosco, dove la vedresti la tua ipotetica amica?»

Neanche ad Amalia poteva riservare sorprese. Era proprio la fine.

«Hai ragione, non c’è nessuna donna, nessun amico, ci sono solo io. Se hai avuto sempre a che fare con un orologio, non devi esserti divertita molto neanche tu.»

«Io non volevo offenderti. Era solo per dirti che non ci credevo. Scusami»

Mamma mia, ma cosa doveva farle per scuoterla? Gli chiedeva scusa: lei. Era infuriato. La rabbia gli bolliva nello stomaco, in un attimo gli aveva invaso il cervello, e già stava gridando:

«Perché continui a chiedere scusa! Sono io che sto sbagliando, sono io che ti nascondo da anni qualcosa che mi sta rovinando, che sta rovinando anche te, ma l’unica cosa che vuoi fare è quella di dire sempre sì, evitare ogni discussione, anche le più normali che possono esserci tra marito e moglie. Non ho mai sentito la tua voce al di sopra del normale, non so neanche se sai gridare. Sai solo piangere. Perché non mi chiedi cos’è che mi ha portato fuori casa stanotte, cos’è che mi ha ridotto così, cos’é che mi tormenta? Dici che non è una donna, e questo salva tutto? Solo una donna potrebbe dispiacerti? E se io stessi male, se il mio cuore stesse male, tu cosa penseresti? Non è uno dei problemi che hai mai classificato?»

Amalia lo guardava con occhi strani. Poteva capirla. Quando mai le aveva parlato così? Ma lui stesso, quando si era detto quelle cose?

Si sentiva stanco. Sapeva che quel discorso era appena cominciato, ma non aveva la forza di continuare. Ma sapeva anche di non poter smettere.

«Devi aiutarmi. Ho bisogno di parlare, anche se non so da dove cominciare, so solo che devo farlo, per me e anche per te.

Per troppo tempo ti ho nascosto quello che avevo nel cuore, e questo è stato il tradimento più grande che potevo farti: non ammettere quello che ero, anche se è stato difficile anche per me scoprirlo. E la cosa per me più difficile è che non capisco il tuo posto in questo mio cammino. Ma ora non posso tornare indietro, non più.»

Era difficile dire tutto quanto. Soprattutto perché mancavano le parole che potessero dare un vero senso a ciò che provava. E su tutto c’era sempre quella paura che lo strangolava.

Amalia non parlava. Gli faceva rabbia e allo stesso tempo immaginava cosa potesse significare per lei ascoltare quelle cose. In quel momento sapeva che la stava distruggendo, ma sapeva che alla fine anche lei ne avrebbe tratto qualcosa di buono; ma questa parte sicuramente non la vedeva adesso!

«Vuoi chiedermi qualcosa per favore? Forse qualche domanda mi permetterà di spiegare meglio a te, ma anche a me, cosa sta succedendo.»

«Cosa devo dirti? È come se ti vedessi per la prima volta. Non conosco questo Nicola. Mi dici che da sempre mi hai detto delle bugie, ma io non me ne ero mai accorta, cosa devo fare?»

Piangeva.

Ma chi ha detto che la cosa migliore da fare è sempre quella di dire la verità? Aveva fatto scoppiare una bomba e non aveva previsto nessun riparo dal colpo. Si sentiva perso, in colpa, mio Dio cosa stava facendo?

«Può bastare dirti non è vero niente, fare finta che non sia mai iniziato questo discorso?»

«Cosa? Che cos’è stato uno scherzo?»

Sembrava volesse crederci, ma il colpo era stato grande.

«Cosa hai voluto fare, mettermi alla prova? Vuoi sapere se sono disposta ancora a stare con te nonostante tutto? Sì, lo voglio. L’ho promesso quando ci siamo sposati, ma l’ho sempre saputo, da quando ti ho conosciuto. Sei una persona troppo buona, non mi faresti mai il male di cui parlavi prima. Non ci crederò mai!»

Era ancora tutto così in alto mare.

Non era da Amalia che avrebbe attinto la forza per salvarsi. E la sua paura, era che non c’era in lui quella forza.

Si tolse le scarpe, si sdraiò sul letto. Amalia gli si avvicinò con dolcezza. Lo accarezzava senza parlare. Poteva continuare così per sempre. Forse l’unica cosa che doveva fare era solo chiudere quella porta da cui era entrato un freddo vento che aveva sì risvegliato tante sue emozioni, il suo cuore, ma che aveva anche spazzato via quello che aveva costruito. Non c’era voluto molto, forse la sua vita aveva fondamenta di sabbia. Ma poteva provare a riprendere quei pezzi e rimettere un po’ d’ordine. Amalia era lì per questo. Per aiutarlo a chiudere definitivamente quella porta e a far in modo che non si aprisse più. Sapeva che accettare tutto questo significava morire. Ma non c’era più in lui niente che lo spingesse ad agire diversamente. Si era arreso dopo aver sparato solo un piccolo colpo. Ed ora rinunciava alla guerra. La Paura di vivere era lì con lui. Era entrato definitivamente nella cerchia dei vegetali, di chi aspetta il giorno della morte per chiudere definitivamente quegli occhi che in realtà ha sempre avuto chiusi.

E in fondo se l’era sempre detto che non era una persona speciale.

2 thoughts on “Parentesi di vita

  1. Carmine

    Ce ne sono al mondo uomini (e donne) come Nicola. In fondo anche la loro è una scelta. La scelta della cosa più semplice, della certezza rispetto ad un grande punto interrogativo che gli si presenterebbe dopo. Ma in fondo, quale certezza possiamo mai avere della vita? Solo una, si sa, quella cui nessuno sfugge. E allora meglio viverla la vita, visto che ce ne hanno donata una sola.

    Mi vengono in mente tante cose, tanti esempi che sono legati a questo tuo post, sia di vita vissuta che di canzoni e pezzi di film.
    Visto che i primi non li potrei replicare qui, vi lascio almeno questi:

    Pink Floyd “Time”:
    http://www.youtube.com/watch?v=LWTLUmUjo8A

    “And then the one day you find
    Ten years have got behind you
    No one told you when to run
    You missed the starting gun”

    e una lezione di De Crescenzo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.