Rassegna Li Curti – Sola come un cane con Carolina Damiani
La recensione della bella serata su Vivimedia
Lunghi applausi, grande pubblico, grande attesa: Cava non si è risparmiata per questa serata della Rassegna inverale Li Curti. Sarà che in scena c’era una sua concittadina, Carolina Damiani per cui molti conoscevano già la sua bravura e non si sono voluti perdere questa prima: Sola come un cane, anche se sola, decisamente, non lo è stata!
Una serata che comincio a raccontare dalla fine, perché tante cose che sono state preparate nel corso dello spettacolo, sono emerse alla grande dopo, nelle parole di Carolina Damiani a Carmela Novaldi, nelle vesti di ridente presentatrice “inquisitrice”, ma soprattutto di Antonello De Rosa, autore e regista dello spettacolo. Nelle tante sere in cui ci siamo incontrati, non avevo mai sentito da parte sua tanta loquacità. Ma le parole che ha riservato al pubblico credo gli siano pesate, prima di tutto perché credo che sia una persona tendenzialmente positiva e quindi sa guardare il bello delle cose, ma perché ha dovuto ammettere che, anche in una serata il cui tema portante era la solitudine, qualcuno, piuttosto che apprezzare, sentire e capire le varie sfumature che possono derivarne, ha preferito fare la solita ginnastica con le dita sulla tastiera. Ginnastica che non sempre ci migliora, anzi. Peccato per loro!
La sala ci accoglie con nuova prospettiva: grande spazio al centro, sedie sui lati, lenzuola e biancheria dappertutto, su corde ad asciugare, nei cesti da piegare, e una radio che regala le sue note con generoso volume. Una donna emerge in mezzo a tutto quel bucato e tra una nota, un raggio di sole e una chiacchiera con una suora decisamente sorda, scopriamo di trovarci sul terrazzo di un convento.
Una sola persona ad occupare tanto spazio non è cosa facile da realizzare; Antonello ha osato e Carolina è stata coraggiosa nell’accettare di poter avere sulle sue spalle, negli occhi, nella voce, il peso di un personaggio così complesso. La persona che abbiamo conosciuto era nostalgica, ottimista, sincera, desiderosa di vivere e soprattutto sognatrice, di quei sogni che appartengono a una profonda interiorità.
Mentre dalla solita radio arrivano le parole di una vecchia canzone “…la mia solitudine sei tu, la mia rabbia vera sei sempre tu…”, la vedo scattare e mi chiedo cosa dà una carica così forte. La donna che abbiamo di fronte vive una realtà che non è reale, immagina una vita che non è stata vissuta, parla con personaggi che non esistono. Tutto è concentrato dentro la sua mente, una mente che si è formata senza basi, senza certezze, senza amore, che l’ha portata a percorrere un labirinto dentro il quale si è completamente persa, ma dove spiccano sentimenti che non sono poi così folli. La voglia di realizzarsi, il desiderio di essere madre, la sconfitta di un rapporto di cui si ricorda il dolore e la tristezza, la speranza di amare ed essere amata anche se “non per tutta la vita”, ma anche solo per il tempo di essere davvero accarezzata dall’amore. Perché “toccare” il corpo di una donna è cosa che tutti gli uomini possono fare, toccarne l’anima è prerogativa di pochi.
E c’è quell’anima che vaga attraverso le stoffe che richiamano alla realtà con le loro macchie di piccoli peccati di gola, di corpi che non rispondono più ai naturali comandi, imprevisti di vite che vivono per davvero!
Rumori dalla strada invitano a curiosare in quel mondo che viene guardato e non vissuto, musiche che regalano momenti di profondo raccoglimento ma bruscamente interrotti dal procedere profano dei colloqui inventati. E le poche certezze che ci impongono: la felicità esiste solo in televisione!
Ma la nostra “folle” Carolina, nei suoi tentativi di raccogliere brandelli di quella vita immaginata, apre scenari profondi; lei è sola. Nella sua vita non ci sono né figlie, né marito, né amante. È lei che dà un colore, un’idea, un soffio di vita a quello che la circonda. Per questo le statuette che riporta ai suoi piedi ricevono un bacio: sono la testimonianza di quegli affetti cercati e mai trovati veramente nella realtà, ma che nel suo cuore colmo di affetto hanno un ruolo preciso, dettagliato.
La solitudine è una condizione strana. Antonello addirittura fa una relazione con l’autismo, per quella voglia di portare dentro un mondo particolare, quante più cose possibili. Un tempo la solitudine era più “normale”. C’erano tempi e spazi che ti consentivano di viverla senza accusarne la presenza, ma come passaggio per capire e crescere. Oggi la solitudine ci accompagna troppo spesso e ancora più spesso quando siamo in mezzo agli altri, che sono solo altri, non altra parte di noi.
Il tema è di grande attualità, soprattutto è di ampio respiro. Il richiamo fatto a fine serata ma evidenziato all’inizio dell’articolo, forse ora assume un significato diverso. Quella solitudine da tastiera è forse quella che viviamo in tanti, è quella difficile da riconoscere perché diventa quotidianità. È quel modo di sentirsi parte di tante vite, ma in realtà non riusciamo ad entrare in quella di nessuno, tanto meno la nostra. Sarebbe bello ritornare a “toccare” l’anima e i cuori degli altri, per poter trovare le chiavi dei nostri stessi cori, delle nostre stesse anime e poter liberare quei tesori che vi sono contenuti e che spesso rischiamo di sprecare chiusi dentro schemi e mode che non ci rappresentano.
Spettacolo appagante, che ha avuto un crescendo di situazioni, che ha preteso la nostra attenzione e che poi ci ha regalato la grande dolcezza e le forti emozioni che una prima regala per forza. “Work in progress” l’hanno definito sia Carolina che Antonello e noi ci crediamo. Questo può essere un personaggio che potrà sicuramente trovare nuovi risvolti, altre sfumature, altri ritocchi e che lei farà sicuramente più suo e che Antonello arricchirà della sua esperienza e della sua innata sensibilità.
Per questa serata poi, un saluto particolare lo lascio a Geltrude Barba, direttrice artistica della Rassegna. A volte la vita ti chiede di essere presente anche quando non vorresti, ma lei ha ancora una volta scoperto che è la stessa vita che non la lascia mai da sola, anche quando potrebbe succedere!
- Serata con Giorgio Fontana grazie alle Associazioni Fedora e Rosa Aliberti
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