Una vita a foglietti

Rita Francese – La madre di Ettore

ettArticolo pubblicato il 26/4/14

Quando Rita Francese, ricercatore di area informatica presso l’Università di Salerno, arriva al Rodaviva caffè per presentare il suo libro “La madre di Ettore”, la conosco già. L’ho già vista barricata in casa, l’ho vista percorrere strade che voleva la portassero nel posto giusto, l’ho vista aggrappata al collo di Ettore sperando di fermare i suoi momenti difficili, l’ho vista sentirsi quasi in vacanza con un piede rotto in ospedale, l’ho vista diventare madre mentre rischiava di essere solo una persona.

La storia di Ettore è il racconto dietro le quinte. E’ spiegare quello che non spieghi a chi ti accusa di avere un figlio scostumato. E’ la scoperta di un pezzo di vita che non tutti scoprono. E’ la tragedia della non assistenza. E’ la solitudine di qualcosa di devastante, ma solo per pochi. E’ la denuncia di un’apatia che sommerge la vita, soprattutto quella diversa. E’ un grido senza rumore.

Il libro racconta il cambiamento della vita che viviamo rinchiusi dentro schemi stabiliti e quella che invece all’improvviso nasconde l’avventura del giorno dopo giorno, momento dopo momento. La certezza che la tua condizione sociale ti permette di dare maggiore dignità a un ragazzo che potrebbe invece non averne. Il paragone con chi ha fede e chi non ne ha, di chi ha certezza di ciò che è cambiato nella propria vita dorata e di chi, anche il dolore, lo vive come un corso di vita.

Tante lezioni, molte di più di quelle dettate dietro una cattedra Universitaria.

L’uomo si è creato un’opportunità per superare il dolore: dimenticarlo, cancellarlo.

Ma una realtà come Ettore non te lo concede. Ogni momento della giornata, per ogni giorno della tua vita è lì a sottolineare la sofferenza e la gioia; il dolore della malattia e la gioia dell’essere figlio. Per questo gli altri fuggono, loro possono. Una famiglia no. Una famiglia con coscienza, con sentimenti, non può chiudere la porta e dire semplicemente basta.

La professoressa Mimma Virtuoso legge alcuni passi del libro che ci raccontano dettagli della storia di Ettore, ed Emma Fausto intervista l’autrice, ma più che farle domande, è come se raccontasse lei stessa una storia. Lei è membro dell’Associazione che ha organizzato l’incontro, “Il Grillo e la Coccinella” insieme all’associazione Koinè, ma la serata è particolare, diversa da una solita presentazione. La storia di Rita (vuole che le si dia del tu), diventa la storia di tutte. Tante mamme che annuiscono quando lei parla dei suoi scontri con le istituzioni, quando racconta delle corsie d’ospedale piene di soggetti abbandonati a se stessi, quando denuncia la mancanza di igiene e di dignità che vivono questi ragazzi, prede di un sistema che non ha conoscenza del loro problema e quindi non sa aiutarli.

C’è chi denuncia in maniera forte un ritardo e un’incompetenza nel nostro sistema medico sanitario, lontano anni luce da altri Stati che hanno invece permesso passi da gigante in merito all’autismo e che vedono queste opportunità ferme ad un valico di frontiera. Perché si chiedono qui non arrivano? perché qui non vogliono valutare il problema dell’autismo come un problema neurologico piuttosto che psichiatrico? Si arriva sempre allo stesso punto: chi decide, spesso non sa e chi sa non viene ascoltato.

E allora il libro di Rita diventa ancora più importante, più forte, perché muove e unisce quel gruppo di “isole” travolte dallo tsunami del quotidiano, dal difficile sopravvivere a qualcosa di immensamente grande, come un oceano. Ma qui, in questa sala sono diventate arcipelago, per resistere, combattere e sconfiggere il nemico che ami e che odi, per esaudire un piccolo semplice grande desiderio: incontrarsi un giorno di nuovo qui, al Rodaviva, tutti insieme, mamme e figli per mangiare un gelato e bere un caffè.

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