Ritagli
Avevo scritto delle parole una sera, poche sere fa, una volta… una delle tante volte. Erano rimaste sui fogli, quelli di carta che da un po’ hanno sostituito lo schermo ma poi dentro questo schermo ascolto musica, canzoni e parole che mi riportano ancora emozioni e allora, come se fossero pronte per la proiezione del film, vengono ad accomodarsi qui. Per restarci: Per sempre.
Quasi un mese di completo isolamento e di nuovo una serata.
Sembra tutto così strano. Un mondo che mi ha aperto tante porte ma dal quale mi sento sempre e comunque fuori. Strane cose accadono.
Mi viene riservato un posto, in genere in prima fila e quasi sempre è un posto unico. Sola. Ecco la condizione che ultimamente vivo, troppo spesso.
Una solitudine che quando sono in mezzo a tanta gente diventa ancora più forte, ancora più evidente.
Guardo le persone in sala, le sento parlare, ridere e non ho voglia di cogliere niente di quanto mi circonda; provo la fredda sensazione di una pellicola trasparente che mi avvolge, lasciando scivolare oltre la mia pelle tutto quanto mi sfiora senza poter mai oltrepassare il confine.
Sono dietro una porta trasparente: guardo ma non vedo chiaramente; sento, ma non ascolto. Ci sono ma sono assente.
Se alzo gli occhi colgo situazioni, conversazioni improvvisate tra sconosciuti e altre che si trascinano tra persone che sanno già tutto di quanto si stanno dicendo. E penso come sempre allo spreco di fiato, all’abuso del parlare e la poca conoscenza del silenzio.
Vorrei che il mormorio tacesse, che l’attenzione si concentrasse su qualcosa di più concreto. E forse sarà così. Tra poco.
- All’Associazione Cuba World, serata con Alberto De Marco con il libro che svela un nuovo Antonio De Curtis
- Ritagli (2)