Roberto Ritondale, i suoi primi 50 anni e il suo ultimo libro – Sotto un cielo di carta
La giornata è stata di quelle tremende, la pioggia e il brutto tempo sembravano volersi intromettere nel programma della serata. Ma l’attesa per questo ritorno è stata troppo lunga per poter pensare di non esserci. Torna qui, nella sua terra, in quel profondo Sud che continua a regalare eccellenze al lontano Nord, il nostro amico Roberto. Roberto Ritondale per la cronaca, lui che con “cose di giornali” ha molto a che fare. L’occasione è doppia: compleanno e libro nuovo. 50 anni, lo possiamo dire Roberto? E il libro è l’ultima fatica “Sotto un cielo di carta” (Leone Editore)
L’abbraccio caloroso, dopo anni di conversazioni solo virtuali, dà il primo tocco umano, cordiale, il senso del ritorno indietro nel tempo. E allora non è casuale la scelta della musica in sottofondo: De Crescenzo. Punti acquisiti 10000 e poi jazz…
La sala di Villa Albani a Nocera Superiore è piena di gente. C’è un misto di tutto. Ci sono gli amici, i parenti che gli portano regali, e persone intervenute per la presentazione. E tutti, dico tutti, vogliono attenzione dal protagonista della serata. Difficile sottrarsi agli abbracci, alle foto, ai ricordi… Tutto contribuisce a raccontare di una festa. Attesa, gradita, condivisa.
Gli occhi di Roberto sono sempre gli stessi. Curiosi, come lo erano quasi 15 anni fa, quando ci siamo conosciuti, quando si parlava di un altro suo libro, quando il trasferimento al Nord non era ancora una decisione presa ma una forte tentazione; quando molti sogni ancora si dovevano vivere. Oggi alla curiosità hanno aggiunto la sicurezza e l’ironia che contraddistingue le persone intelligenti, che sanno cogliere le sfumature della vita.
Sarà un piacere ascoltarlo, sarà un piacere conoscere il suo libro, sarà una gioia raccontarlo. È il mio regalo per te.
E nel frattempo, nell’angolo spazio tempo, quello che ci porta agli anni lontani, compaiono strumenti veri: chitarra, tastiera e sax. Promessa di altre emozioni.
In una serata che è anche una presentazione, al tavolo si siedono le compagne di viaggio di Roberto, ancora assente, Nunzia Gargano e Raffaella Visconti. Non può mancare la lettura di qualche pagina e la prima parola che mi colpisce è “controllismo”. Sarà perché Roberto ha sempre avuto il piacere e l’abilità di giocare con i vocaboli, sarà perché incute paura. In un tempo in cui ci sentiamo “molto” osservati, può davvero minare alcune nostre certezze.
È adesso che il protagonista si avvicina al suo posto, e lo fa in silenzio ma raccontando già qualcosa: arriva con una valigia. Lui è uno scrittore ambulante, ed un po’ come per la valigia dell’attore, neanche lui può muoversi senza bagaglio.
Il primo ospite è Salvatore Campitiello, personaggio di importanza nazionale nel mondo della stampa essendo presidente dell’Associazione giornalisti Campania Valle del Sarno e Consigliere dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Da lui a sorpresa, anche un riconoscimento all’impegno, validissimo, di Roberto nel lavoro. ”La mia vera passione è fare il giornalista. Scrivere mi serve per festeggiare i compleanni”.
L’ospite successivo viene chiamato da Roberto stesso: Gaetano Califano. Questa volta la sorpresa è per l’ospite. Roberto svela, candidamente, che il protagonista del suo libro è lui. Proprio Gaetano.
È doveroso far notare che il libro vuole, non so in che modo, difendere il mondo della “carta”. Quella stampata, quella scritta a penna, quella che ha un odore. Per questo il signor Gaetano, con un sorriso che non riesce a nascondersi dietro il baffo folto, confessa di non saper neanche rispondere a telefono, di non avere internet e che vive accarezzando libri. Scoprire di essere protagonista di un libro che difende questo mondo, lo riempie di gioia. La stima tra i due è qualcosa di evidente, anche quando si sottolinea che sono stati lontani su posizioni politiche, ma questo non ha mai influito sul rispetto personale, che è cosa che esula da ideologie. Concetto che si ripete dopo l’intervento di Torquato Manlio, amico dai tempi del liceo. E che proprio in virtù delle vecchie frequentazioni, ha confessato di essere venuto anche per rivedere vecchi amici.
Roberto ringrazia molti, non personalmente perché dovrebbe fare l’appello, ma un pensiero per la cugina “quasi mamma” Ida, è doveroso. E tranquillizza la sala sulla durata degli interventi, in fondo siamo qui per la festa, non per il libro. Quello è un fatto quasi privato, come il ritrovarsi anche con la stessa relatrice, che è quella che lo segue sempre “perché mi tratta bene”, mentre a Napoli una volta gli è capitato di essere trattato “molto male”, per cui è meglio non rischiare.
Il libro racconta di un futuro, che forse è già passato, in cui gli uomini vengono controllati grazie alle tecnologie che riteniamo indispensabili e che registrano passo dopo passo tutte le nostre esperienze, le idee, le informazioni che ci riguardano. E Roberto svela di aver deciso di scrivere un libro su quest’argomento dopo aver visto una scena in treno; un bimbo che cercava di allargare la pagina di un giornale vero e dire al padre: “non funziona”! Forse quello è sembrato un limite, un momento di non ritorno per un mondo che sembra quasi stia perdendo il contatto con la realtà.
Si chiude con una lettura doppia. Salvatore Borriello affianca Cleo Lamberti ; saranno nonno e nipote del libro. Bella scena. E con l’ultimo omaggio alla carta: si apre la valigia di Roberto e si scopre tutto quello che può regalare. La carta può far circolare idee, eludere i controlli, può significare libertà.
L’ultimo pensiero di Roberto è per il suo lavoro, quel giornalismo che ha da sempre avuto il compito di mediare le informazioni, mentre oggi, sempre a causa delle nuove tecnologie, ognuno può far arrivare la notizia che vuole; basta che sappia gridare più di altri. E questo non significa sempre scoprire la verità.
“La carta, soltanto la carta, è la casa naturale delle parole scritte”
E dall’angolo spazio tempo arriva Pino Daniele, uno di quelli che il tempo lo ha superato, uno di quelli che ha segnato la generazione di Roberto come la mia, uno di quelli che cantava “Pass ‘o tiemp’ e che fa?…”
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