Una vita a foglietti

Yoshi

Sai che non so neanche se si scrive così il tuo nome?

Mica mi sono fatta la domanda nei tanti/pochi anni in cui ti chiamavo mentre ci rincorrevi, ci salutavi, ci giocavi tra i piedi…

No, non me lo sono chiesta mai.

Bussavo al cancello e sapevo che c’eri. Me ne andavo e mi accompagnavi. Io c’ero. Tu eri lì.

Poi le cose cambiano.

Arrivano i giorni in cui le tue zampe sotto il cancello non le vedo più. Quando arrivo non ci sono rumori, la tua coda non mi lascia lividi sulle gambe e non mi porti il pezzo di legno pronto a giocare. Il giardino è silenzioso. Il terrazzo non ha le ciotole per la tua acqua e nella cuccia il tappeto non c’è più. La cuccia stessa non è rimasta a lungo.

È triste vederla vuota. È triste non vederti correre fino al recinto ad abbaiare agli animali che sentivi passare solo tu. È triste non dover aprire con attenzione il cancello perché potresti oltrepassarlo e perderti.

È triste anche pensare che non ci saranno più quei giorni in cui siamo stati obbligati a trovare una soluzione “alternativa” per farti mangiare, quando avevo il tuo pensiero più fisso nella testa di quello dei miei figli, perché loro potevano chiamarmi per chiedermi qualcosa, tu no. Tu potevi solo aspettare che noi arrivassimo, che il cibo ti bastasse, che l’acqua non si rovesciasse. Le notti in cui vedevo i temporali e non dormivo mentre mi chiedevo se tu stavi bene o avevi paura.

Ho sofferto per te Yoshi, che non so come si scrive, ma che so bene come sei.

Non voglio pensare a quanto manchi a chi aveva cura di te tutti i giorni e a cui tu, tutti i giorni, regalavi la tua presenza.

Tu eri un cane, un animale, ma anche noi lo siamo, animali strani. Abbiamo tante possibilità e non ne sfruttiamo quasi nessuna; tu hai dato fondo a tutte quelle che avevi per raccontarci chi eri, quanto fossi felice della tua cuccia, della tua acqua e delle nostre carezze. Cose indispensabili e semplici, che cambiano la qualità della vita di chi sa praticarle.

Peccato che non hai saputo raccontare quel tuo dolore improvviso che ti ha fatto allontanare così in fretta, così presto, così… senza possibilità.

È passato troppo tempo da quel giorno, ma non è abbastanza presto per dimenticarti, per lasciare che la memoria perda la tua immagine, le tue corse, i tuoi occhi dolci.

Ciao Yoshi di cui non so scrivere il nome, ma che tu hai saputo incidere così bene nel mio cuore.

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