A Sant’Anna per presentare “Terra natia” di Pasquale Di Domenico
Un panorama luccicante, tante piccole fiammelle che brillano come cuori pulsanti, come i cuori che illuminano.
Cuori pieni di orgoglio sono sicuramente quelli che battono alle mie spalle, tra tutte queste persone che occupano, numerose, l’atrio della scuola adiacente alla Chiesa di S. Anna; persone accorse per la presentazione, appena terminata, del libro Terra natia, scritto per raccontare di radici, di appartenenza, di legami forti.
Pasquale Di Domenico ne é l’autore, un uomo di queste terre, un uomo che parla con orgoglio delle sue origini, del lavoro nei campi, delle difficoltà che ha dovuto affrontare insieme a tutti i componenti della sua famiglia. Famiglia che si ritrova ancora adesso, presente, affettuosa, riconoscente verso il grande impegno sostenuto. Come sempre, da sempre.
Ma il regalo non è solo per la sua famiglia ma per l’intera comunità, da poco eletta a frazione, che ha contribuito con testimonianze fotografiche, interviste e viaggi nella memoria.
A sottolineare l’importanza del lavoro realizzato, la presenza di Monsignor Orazio Soricelli, del sindaco Vincenzo Servalli, dell’assessore Enzo Lamberti, della Dirigente Raffelina Trapanese, dell’editrice Gabriella Pastorino del soprano Margherita Amato accompagnata al piano da Sara Germanotta e ovviamente, del padrone di casa, don Alessandro Buono. A condurre la serata Franco Bruno Vitolo, non solo nelle vesti ufficiali, ma anche di “compagno” in questo lungo viaggio nel tempo, che ha cucito il passato col presente per dare continuità alla storia e alle storie che l’hanno generata.
Non ho ancora letto il libro, l’ho sfogliato. Ho guardato vecchie fotografie in bianco e nero, di quelle dove ci si metteva in posa con serietà, forse senza la consapevolezza di quanto sarebbero durate nel tempo e cosa avrebbero significato. Ho visto camminare le parole di don Carlo Papa, da poco scomparso, non prima di aver lasciato una testimonianza profonda in questa comunità. Ho scoperto delle interviste fatte non a giovani show girl, ma ad anziane signore, che avanzano verso i cento anni, che ancora conservano, insieme alle rughe e ai capelli bianchi, la fierezza di vite vissute in una sola direzione, con valori semplici ma determinanti, come la famiglia e il lavoro. Era presente anche lei qui in chiesa con noi. Non la conosco, ma ho sentito i saluti e i tanti grazie che le hanno rivolto. Con quel rispetto magnifico che si ha per coloro ai quali viene riconosciuto il grande dono della saggezza.
È bello e doloroso allo stesso tempo vivere tutto questo. Qui siamo in alto, qui si domina la valle. Qui le radici servono per non essere sbalzati via dalla realtà, dalla quotidianità. Qui, le persone che hanno spiccato il volo, lo hanno fatto lasciando un cordone ben ancorato al suolo. È il legame con la Terra simile a quello con la madre. Da lì si prende nutrimento e forza. Da lì tutto ha inizio.
Ringrazio sempre di essere invitata a questi incontri che mi regalano qualcosa che a volte mi sfugge e che mi rende un aquilone a cui si è strappato il filo e che deve sperare nelle correnti per poter atterrare. Ma è bello sapere che esistono invece fili lunghi e invisibili che impediscono gli schianti e la distruzione totale. C’è chi li riceve in eredità mentre a qualcuno vengono donati come arma di riserva, come concessione per la sopravvivenza.
Ringraziate voi che appartenete a qualcosa, che siete acqua di un fiume che sa mescolare le sue acque e può regalare e ricevere forza allo stesso tempo. Non come quei piccoli rivoli nati da una deviazione, da un intoppo nel cammino, che si ritrova solo a dover scavare il suo nuovo letto e sperare che acque giovani e nuove e forti, riescano a trasformarlo di nuovo in nuova forza ed esempio.
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