La stagione teatrale al tetro Piccolo di Cava, parte con “Un’eredità poco mancina”: sorrisi e riflessioni.
“Un’eredità poco mancina” è il primo spettacolo della stagione teatrale che vede insieme due compagnie. È giusto quindi che il saluto iniziale venga fatto da Luigi Sinacori in rappresentanza del gruppo Arcoscenico e da Mimmo Venditti, storico direttore del Piccolo Teatro al Borgo.
Arriviamo per la replica della domenica, dopo l’esordio del giorno precedente al Teatro Il Piccolo di Cava e, nell’accoglienza di Mimmo Venditti, si coglie subito la grande esperienza di una vita su di un palco; tra le tante cose dette, mi piace sottolineare l’invito al pubblico di “partecipare” allo svolgimento dello spettacolo, manifestando le istintive reazioni che esso provoca. Perché il pubblico è parte fondamentale di un lavoro. Un attore si rivolge al pubblico, lavora per lui: senza pubblico non c’è teatro.
In scena, oltre al direttore Luigi Sinacori, Licia Castellano, Mariano Mastuccino, Federico Santucci, Gianluca Pisapia, Anna Cortone, Anna D’Ascoli, Luca Ferrante e Pia Ronca.
Saranno loro, a comporre la famiglia Pesante – Chiappa, che già indica la direzione delle battute, oltre al giovane segretario di partito Brunello Vino e la vicina di casa Oliva Tarallo. Nomi che, intrecciati, daranno un’ulteriore occasione di ilarità al presenti.
La storia è quella di una famiglia fortemente legata alla vita politica del paese che si trova coinvolta in una giornata ricca di intrecci: una strana eredità, la notizia sconvolgente della gravidanza di una figlia minorenne, storie d’amore occasionali e altre forse più durature, ma soprattutto legami quotidiani che si scontrano con le scelte che la vita impone.
I signori Pesante, vivono la loro storia tra dispetti e sopportazioni; Domenico in funzione di un partito (comunista) a cui ha dedicato tutta la vita e Amalia, stanca di sopportare l’inoperosità del marito. Tra di loro la figlia Teresina, giovane e indolente, come spesso appaiono i ragazzi agli occhi dei genitori.
Antonio, portiere di un condominio in cui la “signorina” Oliva, brutta e pettegola in cerca di un fidanzato, dispensa attenzioni sgradite ad ogni uomo che trova in circolazione.
Brunello Vino, futuro candidato al ruolo di segretario del Partito, ma terrorizzato da tutto, indeciso e impacciato che finirà nelle grinfie di Oliva
Il notaio che compare in maniera agitata e irruenta a consegnare una notizia che sconvolgerà le vite dei presenti. Shakira, la donna tuttofare, che passa dall’attività di cartomante a quella di amante a pagamento e che ovviamente creerà equivoci per qualcuno e soddisfazioni per altri.
L’avversario politico, Matteo, con eloquente cravatta verde, che si intrufola nella famiglia avversaria per creare scompiglio, ma da cui viene prima abbindolato e che, solo in seguito, riceverà la sua piccola vendetta.
L’ultima scena ripresenta quella iniziale, Domenico Pesante mezzo addormentato sul divano di casa. Si sveglia di soprassalto e ci si domanda: ciò che abbiamo visto è stato il suo sogno o la realtà?
È il dubbio che l’autore, Luigi Sinacori gli ha voluto concedere e che ha lasciato a noi. La trama prevedeva un contrasto di ideologie, il rappresentante di sinistra integerrimo, quello di destra più volubile. Ma davvero la fede politica può essere così irreprensibile? In sala qualcuno chiede: “Solo in sogno destra e sinistra conviveranno?”
Perché oggi ci facciamo domande del genere? Crediamo davvero che gli schieramenti che si oppongono, difendano sane ideologie? E non, piuttosto, semplici, miseri, chiari, interessi economici di lobby ed egoistici?
Personalmente mi sento di allargare assolutamente questo confronto; l’uomo, indipendentemente dai suoi ideali o dalla sua fede, è davvero capace di resistere alle tentazioni? Dovrebbero essere le proprie convinzioni a tenere a freno la sete di potere e l’avidità nei confronti del denaro, ma non mi fermerei all’essere comunista o fascista per essere “catalogato” buono o cattivo. Sarebbe troppo facile e anche poco democratico un ragionamento del genere.
Credo, oggi più che mai, che l’uomo nasconda piuttosto la propria indole dietro maschere politiche, di fede, o dietro qualunque facciata che possa proteggere da una reale responsabilità. Ma le maschere cadono, che sia in sogno o nella realtà, tutto diventa chiaro prima o poi.
Come in questa piovosa domenica di novembre in cui ragazzi giovani e non solo, ci hanno regalato il loro evidente impegno, la loro passione e tanti sorrisi che hanno saputo alleggerire un quotidiano a volte pesante, ma ci hanno comunque lasciato domande, riflessioni, come è giusto che faccia ogni lavoro pensato.
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