“All of me” Renata Fusco si racconta in musica
All’interno della manifestazione Pompei Lab, nell’omonima e famosa cittadina del napoletano, si è esibita, domenica 18 settembre, Renata Fusco con il suo “All of me”, una raccolta di brani che hanno segnato la sua lunga e splendida carriera.
Ma il tempo ha fatto i capricci e ci siamo ritrovati all’interno della Parrocchia di San Salvatore. Mentre aspetto l’inizio dello spettacolo, mi chiedo come sarebbe stato tutto questo all’aperto.
Lo scenario fuori era troppo incerto. No, non incerto: scuro.
Il paesaggio sembrava riportare l’effetto di un quadro con un fondo nero. Gli alberi in primo piano, così come le case e le persone, sembravano assumere contorni e colori ancora più vivi, come se fossero state aggiunte delle pennellate più forti, per farli risaltare su quel buio delle nuvole e del cielo, che rifletteva solo in lontananza uno squarcio improvviso di luce.
Contrasti forti, così come quelli che si intuiscono all’interno di questa sala, come una grande immagine di Papa Wojtyla che forse ha dovuto cedere il posto al palco e alle sedie.
Gli strumenti sul palco preannunciano cinque postazioni. Saranno quelle dei maestri Mimmo Napolitano al piano, Filippo D’Allio alle chitarre, Giuseppe di Colandrea al sax e clarinetti, Luigi Rigillo al basso e contrabasso e Gianluca Mirra alla batteria.
Poi l’ovvio microfono di Renata e una poltrona con su una tuba e sull’asta del leggio un altro cappello, un borsalino, visto da lontano.
La sala nel frattempo si è riempita. Conosco la profonda eleganza di Renata, la sua cura per i dettagli e immagino che un cielo stellato, un alito di vento avrebbero dato ulteriore valore al suo spettacolo. Ma so anche che, con la professionalità che la contraddistingue, saprà trasformare questa sala anonima, in uno scenario stupendo.
“All of me”: aspettiamo di ascoltare questo racconto in musica di una carriera splendida per ciò che ha già vissuto, ma che di sicuro ci riserverà ancora sorprese.
Buon ascolto a noi, buona lettura a voi.
E arriva. Nero totale, qualche accessorio a dare un tocco in più di luce oltre ai lucidi capelli neri:
“Sono il vostro intrattenitore…”
Io direi che sei la nostra macchina del tempo: come hai fatto a trasformare questa sala e a trasportare tutti noi in un elegante night club di una Parigi piovosa?
Presenti i tuoi compagni di viaggio non con i loro nomi, ma con i loro strumenti:
Pianoforte: romantico
Chitarra: stornellatrice nata
Il basso è caldo, avvolgente, sapiente
Batteria: un giovane aitante
Clarinetto: insinuante, maschio
Questi sono i tuoi aggettivi per loro; per me tu sei ironica, sensuale, eccellente. Ha un modo di interpretare la musica che appassiona. Le sue mani chiamano gli interventi dei vari strumenti, il suo corpo reagisce ai colpi di batteria. “Cabaret”… aprite le porte, questa voce ha bisogno di spazio.
Suspence: cosa viene fuori dal cappello? Ricordi? Come eravamo? E la luce della luna ci rende fragili. Memory.
Parte con un’interpretazione romantica, la voce ha un’altra vibrazione, i tasti del piano l’accompagnano come per una passeggiata tra amanti. Il flauto si unisce e anche chi non suona partecipa al viaggio verso quella luna lontana e sognata. Desiderata; fin quando entrano in gioco tutti, delicatamente, dolcemente.
Pezzi da musical, pezzi da Cats…
“Una donna non dovrebbe avere ricordi…” “Per me ricordare è anche coraggio”
E la voce diventa quella di una malandrina, parte il jazz, la musica che ruggisce, che graffia la vita.
Ma nel repertorio di Renata non può mancare Grease, i suoi anni di repliche, e quella ragazzina, Rizzo la ribelle, a cui ha dato voce e corpo. Ma oggi la canti con la consapevolezza della donna che sei diventata anche attraverso le ribellioni di un personaggio che ti ha fatta grande.
Ci racconta il suo sogno di essere ballerina da sempre, una vita sotto i riflettori, dove si raccolgono applausi e delusioni che spesso si sovrappongono e ai quali non sappiamo rinunciare, perché “…ci fanno sentire vivi in quest’unica cosa che sappiamo fare, cioè stare su un palco”
“Out here on my own”, e l’occhio diventa un po’ più lucido. I ricordi vengono fuori dappertutto, non solo nella voce. La mano che stringe il leggero soprabito, come a trattenere un po’ di più un momento dal passato. Vissuto. Intenso. Come sempre.
E poi è il momento dei sogni che si avverano. Dopo anni ad ammirare cartoni, arriva a regalare la sua voce ai personaggi della Walt Disney. La Sirenetta, Il Re Leone: i sogni son desideri. E avremmo maggiormente bisogno dei sogni dei bambini per vivere un mondo migliore. Qui viene fuori la piccola che è stata e che vediamo cantare a piena voce: i brividi che sento sono quelli della bambina che guarda il meraviglioso mondo delle favole, quello fatto di gioie, di sorprese, di lieto fine. E i bambini che arrivano sul palco e fanno il girotondo con lei, realizzano forse il loro personale sogno. “Supercalifragilistichespiralitoso” e il coinvolgimento è di tutti.
Quando poi si pensa ad un luogo di appartenenza, di autenticità, non può mancare Napoli, la città che meglio incarna queste caratteristiche: Serata napulitana. Dopo il francese, l’inglese, l’italiano, ecco la poesia napoletana e il suo canto. E lei diventa passionale, come vuole questa musica popolana, quella che viene dalla strada, passa dallo stomaco e quando arriva al cuore ha un sapore tutto nuovo. Racconta la vita. Quella dell’amore, dell’appartenenza, del tradimento, della sofferenza.
I cappelli sono appoggiati a terra. I ricordi ormai sono partiti, non devono più essere pescati. Il night ritorna, la voce riprende ad attraversare le note di tutti gli strumenti. Lascia solo soltanto il clarinetto, merita un attimo di libertà. Ma poi la richiedono e lei ritorna: profonda, totale. Un racconto che porta lontano “Every time we say goodbye”. Eleganza assoluta.
“La musica deve esprimere pensieri e idee del proprio popolo…” e se parliamo di America, non può mancare Gershwin. La batteria parte più prepotente, ma il sax, il piano, la chitarra e il basso si uniscono e i piedi si muovono seguendo quel ritmo che non ti permette di star fermo sulla sedia. Le scale sul pianoforte le saliamo anche noi, con quella voce che amalgama tutti gli strumenti e fa venir fuori un mix meraviglioso. Vera musica quella che raccoglie i sentimenti della strada, quelli che non tutti riescono a provare, a raccontare, ma che rappresentano l’essenza della vita.
“L’amore è cieco”. “Chi si prende cura di me? Ne ho bisogno”
Se chiudo gli occhi potrei immaginare una Rita Hayworth in una delle sue meravigliose interpretazioni. L’amore struggente che consuma il cuore, ma riscatta la voce.
E poi ancora musica da film famosi, quelli con Fred Astaire, Ginger Rogers e immagino che un corpo di ballo possa comparire a momenti: lei la star, loro le coreografie. Ma la grande cornice è sempre la musica.
“L’amore guardò il tempo e rise…”
Parte solo il pianoforte, quello romantico, perché a furia di chiedere può nascere una bella storia. Lui lascia andare le mani, lei aggiunge la voce e la magia può scoccare. Incontri, scoperte e nuovi orizzonti si scoprono: fortissima delicatezza.
Ma la ballerina che è in lei non ci sta a cedere il passo alla sola cantante. Il nuovo ritmo impone passeggiate anche per presentare gli assoli di questi splendidi musicisti che hanno contribuito alla perfetta riuscita della serata.
“All of me”, ma quello che ci hai raccontato non è certo tutto di te, anche se con quello che ci hai mostrato di sicuro abbiamo potuto, ancora una volta, capire di trovarci di fronte ad un’artista tra le più complete del panorama italiano.
I ringraziamenti di fine serata a Enrico Vicinanza, responsabile della Rassegna, a don Giuseppe Esposito che con la sua ospitalità ha permesso che non venisse annullato uno spettacolo di tale spessore, sono dovuti e davvero sentiti. L’impegno di chi lavora per la cultura va sempre premiato.
Ma il pubblico non è ancora soddisfatto e Renata chiude con un pezzo “pazzo”, un brano di Mozart dove si mescolano vari generi, dal jazz, al pop, ai film Disney…
Ha ragione, è proprio un pezzo pazzo assai: money, musica, Brasil, è come se avesse fatto un riassunto in grande di tutte le sue qualità canore e dove i musicisti hanno dato sfoggio, se ce ne fosse stato ancora bisogno, dell’immensa qualità della propria arte.
E se poi finisci con New York, mi chiudi tutto il cerchio.
Chapeau signora in nero. I tuoi cappelli sono stati ricchi di splendide conferme.
- La strada di Pasquale Di Domenico
- Con Antonello De Rosa lo stage sullo “Studio Cappelli… Le Visioni”