Con Antonello De Rosa lo stage sullo “Studio Cappelli… Le Visioni”
Sabato 1 ottobre, al Centro Sociale di Pastena, si è tenuto lo spettacolo conclusivo dello stage di Antonello De Rosa sullo “Studio Cappelli… Le Visoni”, dal testo di Annibale Ruccello.
La serata offriva anche un risvolto sociale, visto che l’incasso è stato totalmente destinato alle zone del Centro Italia che da poco hanno vissuto la tremenda esperienza del terremoto. Come ha sottolineato il Maestro De Rosa a fine serata, non possiamo assolutamente sottrarci a questo tipo di iniziative, perché abbiamo ancora sulla nostra pelle e sul nostro territorio i segni di tali sciagure. E il pubblico non ha deluso, visto che, scopro mentre scrivo, sono stati raccolti 1300 €.
Ancora di più dunque, questo pubblico così attento, meritava la soddisfazione di un ottimo lavoro, e quando c’è lo zampino di Antonello De Rosa, ne abbiamo praticamente la certezza!
Trenta ore di laboratorio, di cui almeno otto solo di teoria ed ecco a voi il risultato.
Il sipario si apre nel buio più totale. Su uno sgabello viene illuminata Teresa, “la signora Tavernini”, padrona di casa di Anna Cappelli, giovane ragazza trasferitasi a Latina per lavoro. L’impatto è sulla convivenza, difficile, tra persone con abitudini diverse. La prima Anna ad apparire è Maria. Si porta dietro la musica, quella Traviata che sarà la colonna sonora della sua difficile storia.
La sua personalità è contorta, ha un forte senso del possesso e il tutto viene amplificato dalla comparsa, dietro un mezzo sipario, di Mary, Lucia, Rosalba, Gina: ognuna è Anna, ognuna ha un motivo di disaccordo con la padrona di casa, ognuna si lamenta della puzza del cibo, dei gatti e del timore di perdere qualcosa che è “SUO”. E ognuna racconta con gesti ed espressioni tutto il disappunto verso la donna ottusa che la ospita.
Ma Anna, come abbiamo detto è nella cittadina laziale per lavoro e la seconda scena ci racconta questa nuova esperienza. Arriva il terzo personaggio della storia, il ragioniere Tonino Scala.
La scenografia è assolutamente ridotta all’essenziale. Prima c’era lo sgabello, ora c’è una grande scrivania. Due coppie, Caterina e Francesco e dall’altra parte Annalaura e Pasquale P. Cominciano i primi due, sempre con la musica che Anna si trascina ovunque, e le prime timide avances del ragioniere verso la giovane collega. Colpisce, nel frattempo, l’immobilità degli altri due. Sono lì, sono gli stessi personaggi, ma al momento non hanno linfa vitale. Fanno parte della scena ma solo con la loro fisicità, senza parola. Il dialogo tra i due colleghi termina sempre allo stesso modo, quella parola possessiva e ossessiva “MIO”. Francesco, Tonino, sottolinea con lo sguardo quanto sia forte quella frase di appartenenza, quella disperazione quasi che prende Caterina, Anna, mentre immagina di poter perdere ciò che considera SUO.
La musica spegne le prime figure e i riflettori illuminano gli altri due che, magicamente prendono vita, mentre ovviamente, gli altri due si immobilizzano. Il corteggiamento continua, l’idea che una storia importante possa nascere si impadronisce di Anna, che accetta l’invito di recarsi al cinema con il ragioniere. Riparte la musica, ognuno dei quattro in scena, con lentezza infinita raccoglie la propria roba, sedie comprese e si allontana.
Nella penombra, si vedono allinearsi sedie quasi al bordo del palco. Nasce la scena del cinema. Sul fondo cinque Anna, Franca, Lucia, Antonella, Maria e Laura si vestono e si preparano per recarsi all’appuntamento, mentre altrettanti Tonino, Giuseppe, Alessandro, Pasquale S., Marco e Gabriele, aspettano sulle sedie del cinema.
Il dialogo è solo da parte di Anna, Tonino non ha voce adesso, solo gesti. Lui desidera un approccio fisico con la sua bella ragazza, mentre all’altra sta a cuore, indovinate cosa? Un impegno formale, qualcosa che le permetta di pensare all’uomo con cui andrà a vivere e la casa in cui vivrà, come ad una sua proprietà. MIO. Solo la fine del film interromperà il ciarlare continuo e dispersivo delle donne che, ininterrottamente, continuano a sottolineare le loro ragioni.
Ma al cinema arrivano “le maschere” a verificare che tutto sia in ordine, mentre aiutanti liberano la sala dalle sedie, sostituendole con due sgabelli.
Dal fondo appare ancora Anna, ancora una volta sdoppiata, Teresa e Franca. Hanno in mano una valigia e ognuna la poggia sul proprio sgabello. Il dialogo ha un tono astioso. A turno una inveisce contro l’altra rivolgendosi in realtà a quella signora Tavernini che non è neanche in scena, ma alla quale vengono rinfacciati anni di sacrifici, la voglia di sentirsi libere e soprattutto la decisione di andare a convivere con il ragionier Tonino Scala. Perché Anna si sente una donna “emancipata” e non si preoccupa delle maldicenze. Lei ha raggiunto il suo scopo: entrare nella casa del ragioniere da padrona anche senza matrimonio, perché “Tonino è MIO”.
E mentre loro due preparano le proprie valigie, dalle quinte entrano ed escono tutti i ragazzi, ognuno con la propria, lentamente, sottolineando quel passaggio fondamentale che cambierà il destino dei due innamorati.
Nella scena successiva arrivano Mary e Gina. Sono in camicia da notte, l’atmosfera è quella intima della camera da letto e infatti, sempre dal mezzo sipario, spuntano tre coppie, Marco e Antonella, Laura e Pasquale S, Giuseppe e Rosalba con tanto di cuscino tra le braccia. È quello il momento più opportuno, secondo Anna, per fare una richiesta al suo amato: mandare via la cameriera anziana perché “la fa sentire un’estranea”. È il momento in cui viene fuori la parte cattiva di Anna. L’egoismo che dimostra verso una persona anziana solo per poter avere l’assoluto controllo della casa e di chi ci abita, è un’ulteriore avvisaglia della sua contorta personalità.
Ogni scena che nasce, racconta il passar del tempo: ore, mesi, poi anni, quello che dovrebbe rafforzare il loro rapporto, ma che in realtà lo sta solo logorando. E Tonino decide che andrà via. La notizia getta nella disperazione Anna. Annalaura e Caterina, arrivano sul palco distrutte. Le facce sorridenti dell’ufficio, lo chignon, le perle sono scomparse. Sono scalze, spettinate, abbracciate alla radio che racconta la solitudine e l’unico, apparente conforto.
Alle loro spalle Gabriele e Alessandro, pettinati casualmente allo stesso modo, compaiono ancora con una valigia in mano. Le loro voci sono fredde “come un registratore”, mentre le danno il benservito. La scena è bellissima. Le due ragazze raccontano lo stesso dolore, ancora una volta si evidenzia quella parte recitata senza parlare. La reazione è sincronizzata per tutte e due, che la battuta sia dell’una o dell’altra, la sofferenza è tangibile. Urla, disperazione, ma Tonino non cambia idea: la casa è in vendita e lui se ne andrà in Sicilia. Solo: perché “non l’ama più”.
Per Anna è la catastrofe. La sua vita sacrificata, il progetto di avere qualcosa e qualcuno totalmente SUO, è sfumato. Cosa le resta da fare? “Esco” “Torni? “Certo che torno”. E nella sua mente si delinea il piano.
Alessandro è andato via, sul palco resta solo Gabriele. I suoi movimenti lasciano intuire la paura, e la musica conferma che qualcosa di catastrofico sta per accadere. Il mezzo palco si alza e una banda di Anna, tutti con la stessa maschera sul volto, avanzano sul sottofondo pesante della musica che incute terrore. Alle loro spalle troneggia la gigantesca maschera di un toro. Ci sarà una vittima? Tonino scappa, cerca di scappare, ma la follia del gruppo lo raggiunge e quando si troverà disteso sul tavolo, Anna, non potrà far altro che infilzarlo con una spada.
Il pubblico a questo punto applaude, non so se per solo piacere o se per alleggerire la tensione che si era creata. Ma è un applauso che somiglia a quello degli spettatori di una partita di tennis quando credono che la pallina sia fuori e invece pizzica la riga, e bisogna continuare a giocare.
Perché la morte di Tonino non è la fine del disegno di Anna: ne è solo l‘inizio.
Anna ha necessità di possedere. Lo aveva pure avvisato Tonino, quando gli diceva che la casa, le mura, tutto ciò che conteneva, lui compreso, erano SUOI. Non poteva permettere che qualcun altro vivesse la SUA casa e toccasse il SUO uomo. E, seguendo questa folle idea, quale soluzione poteva trovare se non ucciderlo, mangiarlo e poi bruciare la casa dandosi a sua volta la morte?
La follia e la disperazione chiudono lo spettacolo. Sulle note altissime di “Io non vivo senza te” arrivano tutti strisciando invocando quel nome “Tonino”, mentre Caterina, sul tavolo, lancia ancora colpi sferzanti con la sua spada, urlando verso quel corpo senza vita, verso il suo passato, forse contro quella pazzia che non le ha permesso di vivere una vita normale.
Applausi a scena aperta per tutti. Bravi bravi bravi. Il Maestro condivide quegli applausi che sono per i suoi ragazzi ma ovviamente anche per lui. Il tempo che ha impiegato per costruire questa ennesima magia, è stato talmente poco, che il risultato sa veramente di incredibile.
Ma ancora una volta, la sua umanità prende il sopravvento. Dopo il ringraziamento per chi ha permesso la raccolta di solidarietà, un saluto speciale lo rivolge a Massimiliano. Ragazzo che ha lavorato l’anno scorso al suo laboratorio e che pochi giorni fa ha seguito un impulso insano che lo ha portato via da noi.
La mente umana è capace di grandissime cose, ma anche di atti estremi, proprio come Anna Cappelli. Lo studio per noi è stato lungo ed ha portato tante considerazioni. Saranno queste esperienze dietro le quinte ad essere protagoniste di un lavoro futuro, forse di un nuovo libro, perché nulla va disperso di ciò che, speriamo, ci potrà rendere migliori.
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