Una vita a foglietti

Arrivederci

un-abbraccio-e-il-piu-bell-abito-da-donare-la-taglia-e-unica-quindi-va-bene-a-tuttiQuando abbiamo cominciato a salutarci? Di sicuro quando ci siamo incontrate: un anno è lungo, troppo lungo per finire dentro i nostri corpi abbracciati.

Ma anche quando ti incontravo per strada, mentre condividevi quel tuo sorriso fisso, che non ti lasciava mai. Troppa era la gioia che provavi nel rivedere la tua città, i tuoi amici, il tuo passato. E ogni volta i tuoi occhi brillavano e la tua voce ripeteva quella parola “Mammo”, come a convincerti che davvero ci eravamo ritrovate.

E che dire dell’incontro in famiglia, quando i pezzi sono tornati ad essere quelli giusti, come quando, tornando a casa la notte di Natale, nel silenzio della notte buia ma che non nascondeva niente, in macchina c’erano di nuovo quattro respiri, quattro corpi, quattro anime che finalmente tornavano a casa insieme.

E arrivederci è stato anche quando ti sei infilata nel lettone la prima sera. Lo sapevo già. E ti avevo lasciato il posto libero. Lì non ci siamo dette quasi niente. Lì c’era già tutto.

E poi Natale, Nocera, e ancora baci e abbracci e sorrisi. Chi non ti ha abbracciata, chi non ti ha sorriso, chi non ti ha baciata, non lo sa cosa si è perso. Non ha visto i tuoi occhi, non ha sentito battere il tuo cuore: non ha accettato l’amore.

L’amore, qui c’è bisogno di una parentesi: la Messa di Natale insieme. Nei banchi, mentre si festeggia la nascita del piccolo grande Gesù, mentre si parla della decisione di Maria e Giuseppe di accettare un dono immenso, impensabile quasi per noi piccoli esseri umani, riflettevo su come a volte abbiamo bisogno di soffrire grandissimi dolori per scoprire fino in fondo cosa c’è nel nostro cuore. Questo è stato il destino della famiglia di Betlemme. Maria e Giuseppe che sacrificano tutta la loro vita affidandosi alla scelta di Dio e lo stesso Gesù che comprende quale sarà il destino a cui il Padre lo sottoporrà, ma lo accetta per un bene superiore. E allora, inginocchiata in quel banco, mentre cerco come sempre una spiegazione per tentare di scoprire il senso della nostra esistenza, mi accorgo che anche a noi è stato spezzato il cuore in maniera violenta. E se a prima vista è stato solo dolore, poi non posso negare che è stata occasione di nuovi orizzonti. In quel cuore spezzato ho trovato i semi di giovani amori, la forza per difenderli e soprattutto la grande capacità di riconoscerli e di scoprire che tanta sofferenza è ben giustificata se poi ti rende così ricca. Ora io so ancora di più cosa significa essere madre, l’ho capito meglio quando qualcuno mi ha mostrato l’altro volto di questo ruolo. Se conosci l’abbandono e hai pagato così tanto, non potrai mai, volontariamente, restituire tanto dolore.

E ricomincio a vivere i nostri giorni, fatti di piccoli grandi passi verso quel saluto che arriverà, ma che facciamo finta di tenere da parte.

Ci concediamo una mattina al mare. Entrambe non lo vediamo da un po’. Anche qui sei solo sorrisi e valanghe di parole che raccontano i tuoi sogni, i progetti che ti tengono compagnia mentre vivi in una lontanissima città che con il sole ha così poca confidenza. Una città che ti ha tolto i colori, che ti ha resa pallida come le sue stesse giornate, ma che ti permette appunto di sognare. E di un sogno, di un’opportunità si ringrazia sempre! Il mare si agita, le sue onde vengono a salutare le impronte che lasciamo sul bagnasciuga, supera gli scogli e si infrange ai nostri piedi con la sua schiuma bianca, che rende benissimo il mio stato d’animo: tutto bellissimo, tutto improvviso, tutto così tremendamente breve.

Ma al mare si prende il gelato, per forza. Non importa che sia dicembre, non importa il freddo, ci vuole.

Ridi mentre confessi che quasi non sai più mangiarlo mentre ti sporchi come la bambina che sei stata e che ancora sei rimasta. Guardarti adesso mi fa tornare in mente le foto con patacche di cioccolato sulle labbra e penso che da questo punto di vista non crescerai mai. Per fortuna.

Scatti foto, rubi momenti… saranno pezzi di momenti tristi e felici che andrai a rivivere quando sarai di nuovo sola. Ma perché pensarci adesso che ancora stiamo dicendoci arrivederci?

A casa ritorniamo le solite vecchie pazze. Ci concediamo vergognosi karaoke con tanto di registrazione, per non dimenticare. Te ne farai di risate a risentirci. E forse proprio questo sei venuta a fare. Riempire un nuovo cesto, non di regali, ma di pezzettini di vita. Piccoli cartoncini di un puzzle che è in costruzione, che non ci ha detto di quanti pezzi è composto e non ci aiuta con l’immagine finale da ricostruire. È ancora solo fantasia e lavoro e pretende la collaborazione di tutti.

Ma un regalo me lo hai portato. Un quaderno. Mi hai restituito un oggetto che tu stessa avevi avuto sei anni fa e come allora, colui che regala, si appropria delle prime pagine. Perché un quaderno non è un insieme di fogli di carta: un quaderno e i suoi “foglietti” sono una cassaforte dove custodire tesori incalcolabili. I nostri pensieri. E tu mi hai chiesto in maniera specifica di scriverti quello che non ti dico, perché tu lo sai che ci diciamo tanto, ma che lasciamo spesso da parte i nostri dubbi, i nostri timori, le nostre paure: per non pesare l’una sull’altra. Ma questi dubbi, timori, paure, esistono e meritano di essere ricordati allo stesso modo delle gioie. “Voglio regalarti del tempo che non possiamo avere di persona… ma che puoi usare per raccontarmi tutto, come facevi quando ero piccola, e io lo leggerò…”

E capisco quanto vi ho “infettati” con il bisogno delle parole, di quella necessità di rendere chiari i pensieri che spesso sembrano difficili e incomprensibili se restano prigionieri della mente. E vi confesso che ne vado particolarmente fiera.

Ma nei nostri giorni non poteva mancare il litigio. Lo sapevo, lo aspettavo. Questa volta sembrava improbabile perché tutto era praticamente perfetto, ma siamo riuscite a non farcelo mancare. Punti di vista diversi che avremmo ripreso in un altro momento. Ma quanto una mamma può essere arrabbiata con un figlio? Il tempo stesso del litigio. Perché gli occhi si cercano e il tempo ti mostra quanto sia stupido sprecare momenti che non ritorneranno.

E tu cerchi l’alleato Salvatore, il tuo giovane vecchio compagno di giochi. Vi ritrovo nel tuo lettino, accoccolati vicini, come quando eravate minuscoli esserini e decidevate che sareste diventai l’uno il migliore amico dell’altro. Ricchezza infinita. Eredità impagabile.

E poi all’improvviso finisce. Ti confesso che non volevo accompagnarti. Odio le partenze, ma ti ho sentita mentre dicevi “non far tornare papà da solo”, che è un altro modo di chiedermi di venire senza chiederlo per davvero.

E ci mettiamo in macchina. La giornata diventa sempre più grigia. Solo uno squarcio di sole illumina un pezzo di montagna come se un riflettore vi fosse stato puntato sopra. Occasioni per distrarsi. Cominci a pensare a cosa farai la sera, come dovrai ricominciare ad organizzare serate senza la moltitudine di gente che ti ha circondata in questi giorni. Hai ritrovato tantissimi amici, hai fatto altre nuove conoscenze, hai illuminato tanti momenti e hai sentito anche tu l’assurdo peso di assenze ingiustificate.

La strada corre troppo veloce sotto le ruote dell’auto. Cartelloni pubblicitari con volti “falso sorridenti”, cercano di catturare voti per improbabili serie promesse elettorali.

Poco più di mezz’ora e siamo già con la valigia in mano.

Non volevo venire, ma ora che ci sono non ti lascio andare da sola.

Il primo abbraccio è per papo. Vi sento mentre in silenzio vi raccontate le ultime belle parole d’amore. Vi vedo mentre tentate di fare i forti e di cancellare quel luccichio dagli occhi. Vi guardo e un macigno mi cade sul cuore.

Sono tristi gli addii. Ci abbracciamo anche noi all’ingresso dell’aeroporto. MI accorgo che piangiamo davanti a persone che sono felici perché vanno in vacanza, e penso a come gli stessi attimi vengono vissuti in maniere così diverse.

Iniziamo un discorso che dovrebbe essere serio, qualcosa che tocca il motivo del nostro litigio e mi dici con uno sguardo strano “Che fa? Io lo so che deve andare così”. L’espressione dei tuoi occhi mi si fotografa nell’anima. Perché sei così abituata a lasciare ed essere lasciata? Perché decidi di essere così forte ora che sei ancora così piccola? E perché piangi insieme a me come non abbiamo mai fatto nelle tante volte che ci siamo date le spalle mentre una di noi aveva una valigia in mano?

Forse perché ogni volta siamo delle persone diverse. Ogni volta c’è un nuovo pezzo di quel puzzle che mostra una parte sconosciuta. Sarà questo il compito di chi si ama? Costruire storie improvvisando, cadendo, sbagliando, perdendo pezzi e cercare di comprarne di nuovi?

Si. È questo. La vita è una sorpresa.

–          Tornerò ricca

–          Non sei mai stata povera. Guarda me. Non ho niente e non mi sono mai sentita così felice.

Ora mi giro e vado via. La porta scorrevole non cerca di fermarmi, anzi, mi asseconda. Mi ritrovo tra due fuochi: tu alle mie spalle e Felice di fronte.

A nessuno dei due nascondo nulla, perché ognuno di noi sa perfettamente cosa c’è nei nostri cuori. Questa parte del puzzle l’abbiamo già composta.

Arrivederci piccola…

4 thoughts on “Arrivederci

  1. casasenatore

    Ecco, l’importante è che sia sempre un arrivederci. Una parola che racchiude un desiderio, una promessa, un’intenzione, un dopo, una continuazione…, una parola che non mette fine, che non stronca, che non taglia, che non chiude, che non smette, che alimenta i vostri cuori fino al giorno di un ancora. E sarà di nuovo insieme. Altri sorrisi, altri racconti, altri gelati, altre foto, altre canzoni…
    Scusa se mi intrometto tra voi due, ma siete come “noi sei”, e vi capisco fino in fondo.

    1. Paola La Valle Post author

      Figurati se penso che ti intrometti, anzi… è bello sapere che ciò che scrivo è così ben “compreso” 🙂

  2. Vale

    Sai quanto ho impiegato a leggere questo “foglietto”???? Più di un’ora…leggevo e crollavo…allora mi dicevo :”Ci riprovo tra poco, che forse avrò più coraggio”, ma poi quando ricominciavo a leggere crollavo nuovamente…questa scena si è ripetuta parecchie volte fino a quando non ho preso fiato e ho letto tutto d’un botto!
    Grazie per le emozioni che trasmetti quando scrivi, e per le lacrime che mi fai.versare😉!!!
    La tua ‘bambina’ sarà sicuramente orgogliosa di avere una mamma come te.
    💕

    1. Paola La Valle Post author

      Non vorrei farti piangere 🙂 ma chi ha un cuore di “mamma”, credo che capisca profondamente ciò che racconto.
      La cosa bella con i figli è ritrovare in loro ciò che appartiene anche a te, perché dimostra che gli anni insieme sono serviti per conoscersi e non solo per sopravvivere <3

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