Le ore dell’attesa
Sono giorni particolari quelli che sto vivendo; siamo vicini al Natale, si accavalla l’ultima domenica d’Avvento con la vigilia di Natale e lo spirito è quello dell’attesa. Ma sono anche i giorni dei ritorni, delle partenze, di chi è aspettato e allo stesso tempo aspetta.
Poche ore fa arrivavo alla stazione e sapevo che Salvatore mi aspettava. Nei pensieri mi dicevo “mio figlio viene a prendermi”, e scrutavo con lo sguardo attento tra le macchine nel traffico nella folla di un venerdì sera. E poi lo vedi, lui, grande ma piccolo ragazzo che arriva, e mi racconta delle sue giornate, del simpatico professore che imita con un sorriso di simpatia. E il tempo passato scompare, perché questo momento riempie il vuoto di ciò che non è stato.
Poi cambia il giorno e cambia la prospettiva. Adesso l’attesa è mia. Quasi un anno. Un tempo incalcolabile per un cuore di mamma e anche per un cuore di figlio.
Giro per casa scambiando gesti complici con un altro che è in fibrillazione quanto me.
Ci sono attese bellissime, perché sono dovute alla vita che scorre nel suo giusto corso, perché chi si ama sa aspettare e coltivare anche nelle assenze quel seme di amore che non può essere cancellato.
Io lo guardo il mio amore. Se mi fermo davanti ad uno specchio, cosa difficile per me, vedo i capelli grigi che non voglio cambiare, vedo le rughe che testimoniano il tempo che ho vissuto, ma vedo anche occhi da bambina: occhi che ridono da soli, occhi che immaginano la gioia che verrà, occhi trasparenti di un affetto sincero che ha voglia di essere donato.
Ma occhi che pure si interrogano: come e dove e quando, può cambiare un affetto così? Non ho la risposta, nemmeno con la mia fervida immaginazione, eppure succede. Ci sono cuori chiusi, imprigionati da qualcosa che non si può spiegare o comprendere, ma sono così. E ho un attimo di pena per quei macigni che battono in un petto che è prigione, e vorrei raccontare proprio a quei cuori quanto può essere bello riaprire una stanza, togliere il velo di polvere da quegli oggetti che non si usano da tanto, ma che hanno atteso di essere riabbracciati. Aprire armadi e cassetti e trovarvi un passato che sarà ancora futuro e non solo oblìo.
La nostra vita è un succedersi di avvenimenti, di conoscenze, di scoperte… passi. Tanti passi che segnano una strada che si intreccia con persone nuove, ma che per alcuni ha un unico punto di partenza. È quella pianta che genera rami e frutti. Quelli che hai voluto, che hai nutrito, che hai visto diventare abbastanza forti da generare a loro volta nuova vita. E come si fa a tranciare quei rami?
Non ci sarà un tempo in cui troverò questa risposta. Non ci saranno mai parole che potranno spiegarmi perché alcune cose accadono. Non mi basterà sapere che qualcuno mi ha amata senza che me lo abbia dimostrato. Saprò dell’amore che ho donato. Di quello gratuito, l’unico possibile e anche l’unico che conosco.
Come l’amore che ci ha donato quel Bambino in una fredda grotta migliaia di anni fa, con la sua Mamma bambina e il suo Papà presente e allo stesso tempo nell’ombra.
Aspettiamo insieme questa notte di gioia che segnerà ancora una volta un inizio nuovo.
Aspettiamo, sperando di essere pronti a vivere con cuori aperti e generosi.
Auguri a tutti coloro che hanno questa gioia nel cuore, e a chi ha bisogno di lavorare per farle spazio.
- Chi sono io?
- Arrivederci
Si, ci sono attese bellissime perché l’attesa di una cosa bella è bella. E ci sono rancori che nascono, si armano di scure e tranciano rami, gli stessi che hanno costruito e nutrito.
Ma appartengono ai cuori che non sanno amare, non davvero, non con tutta la sincerità e la purezza di cui ha bisogno l’amore. Natale ci ricorda proprio questo, cattolici o meno che siamo, di cogliere il messaggio d’amore proclamato da in uomo che ogni anno rinasce per annunciarlo. Ma rimane incompreso…
Arrivi, partenze, gioie e dolori, sentimenti che appartengono ai cuori che hanno deciso di vivere….