Giorgio Scianna e “La regola dei pesci” racconta ragazzi e genitori alla Primavera Einaudi
La Primavera Einaudi e le serate con gli autori. Terzo appuntamento al complesso di San Giovanni a Cava de’ Tirreni e stasera ci sarà Giorgio Scianna con La regola dei pesci.
Confesso che arrivo completamente impreparata perché non ho il piacere di conoscere l’autore e non ho neanche letto il suo libro. Ma capita che da serate così, che arrivano “al buio”, si può andar via con la borsa piena di pensieri.
Il saluto di benvenuto spetta come sempre a Claudio Bartiromo che ama sottolineare come la sinergia tra il Club dei Lettori di Cava e l’Associazione Fedora di Roccapiemonte, riesce a creare gruppi che fanno della lettura grande opportunità di crescita e confronto. Armando Lamberti, assessore alla Cultura porta il saluto dell’Amministrazione, che, forte del successo ottenuto con l’iniziativa in corso, ha in cantieri nuovi progetti per creare tavoli di discussioni su argomenti proposti dalla cittadinanza.
A presentare la serata, Gaetano Fimiani, presidente di Fedora, accompagnato alla lettura da Irene Fimiani, socia della stessa Associazione.
Dalla copertina del libro si coglie una piccola frase che non è un sottotitolo, ma sembra quasi un pensiero messo lì come spunto di riflessione “ogni generazione ha la sua linea d’ombra” ed Irene apre la serata con una lettura dal celebre romanzo di Conrad, “quel luogo dove tutti passiamo e dove molti altri sono già stati, ma che continua ad essere diverso per chiunque.”
Da qui comincia questa lunga chiacchierata che Gaetano saprà portare avanti con grande competenza, grande rispetto per l’autore e anche per noi ascoltatori.
Perché non si è accontentato di leggere il libro che presenta, ma ha cercato riferimenti anche con altre pubblicazioni, ha trovato i salmoni che risalgono il fiume e la musica come compagna di viaggio, perché quando si vuole fare un discorso serio sull’atteggiamento umano, non si può improvvisare. Non l’ha fatto Giorgio e non lo ha fatto Gaetano.
Forse voi adesso avete la stessa espressione che aveva Giorgio mentre guardava Gaetano ed Irene: un po’ sorpreso, un po’ incuriosito, un po’… in attesa di capire cosa avrebbe riservato anche a lui una serata iniziata con queste premesse.
Ma quando parte con il suo intervento, abbiamo da subito la percezione che abbia molte cose da dire:
“noi bombardiamo i giovani con frasi fatte… con innumerevoli negatività. La loro linea d’ombra è proprio l’incapacità di disegnarsi un futuro. Io immaginavo il mio futuro come una marcia trionfale, ma poi abbiamo avuto l’AIDS, le morti per droga, la violenza, dunque anche aspetti negativi oltre che positivi. Ma è stato comunque un futuro che abbiamo scoperto vivendo, mentre ai nuovi ragazzi l’abbiamo già dato come una condanna. Eppure non è detto che loro non sapranno indicare nuove strade per il lavoro, per la comunicazione. Se poi partiamo dall’incapacità di vedere un futuro vivibile, di cosa parleremo con i nostri figli? È questo l’argomento più importante che possiamo condividere con loro. I social sono un amplificatore di questa società, di questa realtà.”
Antipasto.
Poi Gaetano esamina il libro: 4 ragazzi che partono per una vacanza e un anno scolastico che inizia con 4 banchi vuoti, una sola voce e tante domande; e sottolinea la strana presenza della figura dei genitori, che esistono, ma non hanno neanche un nome.
È Giorgio a spiegare come il lettore avrà un ruolo privilegiato nella comprensione del libro rispetto ai protagonisti dello stesso, perché Lorenzo, uno dei quattro amici, svela solo a chi legge quanto è accaduto, mentre nella relazione adulti genitori, sembra che si ponga un vetro opaco tra loro, che impedisce un rapporto chiaro.
Ma che comportamenti hanno questi genitori? Sono davvero così imbranati?
Qui nasce d’improvviso un’altra serata. Non siamo più nella trama del libro, siamo in tutti quei posti dove ci comportiamo da genitori, dove guardiamo i nostri figli, dove i nostri figli parlano e si confrontano, in tutti i posti dove Giorgio ha trascorso ore con ragazzi, genitori, insegnanti, ascoltando molto e dove ha raccolto le tante impressioni che ora ci offre su un vassoio. E sembrano dolcetti duri da masticare, a qualcuno risultano addirittura indigesti: lo sapete che i ragazzi chiedono regole?
Comincio ad assorbire le riflessioni come una spugna. Lo so che da questi foglietti di appunti poi scaverò e scaverò fino a trovare il modo per riassumere ciò che per me è stata una rivelazione per certi versi e una conferma per altri.
Genitore: questo ruolo che tutti sembrano voler ricoprire come una gratificazione sociale, ma che poi candidamente evitiamo di adempiere “perché difficile”! C’è una contraddizione troppo forte in questo comportamento. Giorgio dice che i ragazzi che hanno letto il suo libro sono esplosi in mille riflessioni, i genitori invece hanno un punto di vista molto più chiuso ed alcuni si sono preoccupati perché “anche mio figlio parte per la Grecia”, come se quella meta causasse in automatico la sparizione dei ragazzi!
Quindi genitori presenti, ma allo stesso tempo assenti, eppure i ragazzi hanno bisogno di chiedere aiuto e devono sapere di poterlo fare senza essere giudicati o condannati. Spesso si vedono ragazzi che continuano a fare errori su errori, in un vortice inarrestabile, solo perché non si fidano di chi gli è vicino. Perché in certe situazioni si preferisce andare a sbattere piuttosto che fermarsi? La risposta a questa domanda troppe volte è “la vergogna”. È cambiato il concetto delle vecchie regole, dei vecchi modelli. Tutti hanno un impegno già dall’età di cinque anni, ma se decidono di smettere? tragedia! Il senso di colpa ha fatto disastri, ma il senso di vergogna? Come si affronta questa nuova situazione?
Genitori tirati in ballo; di genitori in sala ce ne sono tanti e molti si sentono tirati in ballo
C’è chi parla di genitori inadeguati che a volte sono più figli dei figli.
C’è chi dice che anche i grandi, se guardiamo al momento politico, amano seguire “un uomo in divisa” perché abbiamo la speranza che l’ordine che rappresenta, possa guidarci in un momento di confusione.
C’è chi sottolinea come i ragazzi spesso sono troppo soli e attraverso l’ansia con cui li trattiamo, cerchiamo di sopperire a questa solitudine.
Ma le problematiche, ogni generazione di adolescenti le ha vissute, solo che un tempo noi eravamo portati a farle nostre, a combatterle, ad affrontarle e questo ci costringeva a prendere una posizione, a fare delle scelte.
L’adolescenza ha delle regole universali, che si ripetono da sempre e che ritroveremo ancora, come lo scontro con chi li ha preceduti. Ma quello che hanno di diverso, secondo Giorgio che sottolinea quanto li abbia osservati, è che questi giovani di cui oggi si parla molto più che in passato, sono raccontati poco e male. Sono iperconnessi impegnatissimi pieni di energie che spesso però, usano male.
Si ritorna sul discorso delle regole e Giorgio ammette di essere rimasto davvero sorpreso nel percepire questo grande bisogno che i ragazzi hanno di essere guidati e indirizzati e a me viene da sorridere, pensando a quanto abbiamo lavorato in famiglia per poter dare regole senza che mai diventassero imposizioni e impedimenti. Ed è con questo stato d’animo che ascolto l’intervento che arriva dal pubblico. È una signora e ci tiene a sottolineare quanto lei sia distante da questo concetto. L’idea che un genitore possa permettersi di dare regole, vestirsi di autorità, in una società che vede tanti genitori leccarsi le ferite dei propri fallimenti, lei lo trova un controsenso. “Se noi, alla nostra età, non abbiamo capito ancora niente di quello che dobbiamo fare, come possiamo permetterci di segnare una strada, di dare un esempio?”.
Cerco di attirare l’attenzione di Gaetano perché ho delle parole che mi sfuggono dalle labbra, ma non mi vede e saluta tutti chiudendo la serata.
Non ci sto però a buttare via il mio punto di vista, mi presento a Giorgio e accenno qualcosa, ma c’è gente che aspetta una firma sul libro e non posso prendere troppo tempo. Ma ho la fortuna di potermi regalare un’appendice e la sfrutto.
Avrei voluto esporre alla signora un altro punto di vista: i genitori dovrebbero avere un po’ di consapevolezza del loro essere persona e di conseguenza del ruolo che hanno. Nessuno, a qualunque età, può dire di sapere tutto e di essere infallibile, ma chi ha deciso, un giorno, di mettere al mondo dei figli, deve riconoscere le sue responsabilità. I genitori, quando sono molto furbi, quando hanno voglia, quando si convincono ad ascoltare e guardare i propri figli, fin da piccolissimi, quando sono batuffoli alla conquista del mondo, scoprono che tante cose non le devono insegnare, piuttosto impararle. E da quell’insegnamento spesso ancora muto, fatto di gesti, di sguardi che cercano e raccontano, ci sono le radici di un rapporto che durerà tutta la vita e anche oltre.
A volte i rapporti possono cominciare tardi, come ha precisato la stessa Irene, ma in quel caso, lei ha capito che senza quelle famose regole non si va da nessuna parte. Io ammiro i genitori che adottano figli. Loro devono avere ancora più forza, più responsabilità, più coscienza perché decidono di prendersi cura di qualcuno che non è parte del loro sangue, ma a cui daranno di sicuro pezzi di cuore. Ma anche in quel caso, non bisogna mai cadere nella trappola dei sensi di colpa. Se ci si comporta in un certo modo, che sia di rimprovero o di gratificazione, si farà per una reale necessità e non per farsi dire “non sono figlio tuo”.
Sono concetti delicati, pieni di sfumature sicuramente, ma alla base io non posso non mettere la responsabilità del ruolo di un genitore. Non posso accettare il volersi mettere da parte, non posso credere che non si abbia desiderio di essere parte integrante della vita dei propri figli lasciandoli sempre liberi di crescere, di fare esperienza di vita, di sbagliare, di saper tornare indietro per poter spiccare poi il grande salto.
Ho affrontato questo discorso con mio figlio, per avere il suo parere e mi ha risposto più o meno così:
– Posso anche capire che un genitore non si senta in grado di dare indicazioni e regole, ma noi ne abbiamo bisogno e se non le troviamo in famiglia, le cercheremo da altri, nel mondo. Ma a quel punto, se ciò che trovo fuori non ti piace, non puoi dire niente; mi hai spinto tu a cercare altrove!
Il libro non c’è più stato nei nostri discorsi, ma sono andata a comprarlo, perché l’aspetto interessante di tutta questa serata è partito proprio da lì, da quel libro non letto, scritto da qualcuno che ha saputo ascoltare, guardare dietro le apparenze e ha lasciato un pensiero. Io sono curiosa, vivo cercando di imparare e ho desiderio di scoprire un nuovo punto di vista. Grazie
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