Giorni indimenticabili e non solo Friday for Future
Ci sono giorni che possono essere definiti così, “indimenticabili”.
Sono i giorni che il mondo ricorderà perché una piccola ragazzina, la Greta di tutti ormai, ha fatto qualcosa che ha richiamato l’attenzione planetaria. Non è la prima volta che accade. Già nel 1992, Sev Suzuki, a nome dell’E.C.O., un gruppo di giovanissimi tredicenni, si presentava all’ONU per difendere il loro futuro. E quel messaggio era ancora più forte. Il viaggio lo avevano fatto con i loro risparmi, non dopo una traversata di 15 giorni su una barca a vela accolta da TV e giornali, che non è una colpa, ma un segno di tempi che cambiano, non potevano contare sul web e non sapevano in quanti li avrebbero seguiti. E ricordati. Ma lo facevano perché il futuro arriva per tutti e qualcuno ci pensa in anticipo. Da allora, oltre alle belle parole, poco si è fatto. Si sapeva a cosa andavamo incontro e infatti oggi bruciamo la foresta Amazzonica, assistiamo allo scioglimento dei ghiacciai, respiriamo aria impura e devastiamo i terreni che dovremmo coltivare. Ma oggi Greta ci riprova, unisce i paesi, chiede ai giovani di pretendere rispetto e noi ci associamo a questo sogno.
Eppure, la lotta che Greta chiede, oltre a pretendere discese in massa nelle piazze, dovrebbe avere ben altri segnali.
Ne parlavo con Salvatore, lo avevamo accennato con Emma: come cambiare un mondo basato su un’economia che bada al consumismo? Ed è una realtà a cui questi stessi ragazzi sono abituati. Sono nati nell’era del boom economico che ha procurato maggiori consumi, maggiori incassi, maggiore benessere, ma come risvolto della medaglia ha causato inquinamento, sovrappopolazione, caccia all’avere e in questa corsa verso qualcosa che procurava apparente felicità, chiedeva un prezzo salatissimo da pagare. E il conto è arrivato. Oggi Greta e i suoi sostenitori chiedono di non dover pagare da soli, di non trovare un prezzo ancora più salato di quanto già non sia, perché si rischia di non avere più possibilità di saldare il debito che ci siamo permessi di contrarre. Non c’è leasing, non è un contratto rateale: è un debito quasi inestinguibile.
Mi chiedo: sarebbero disposti tutti questi ragazzini a rinunciare al cambio del guardaroba, al cellulare di ultima generazione, alle vacanze, ai viaggi, agli spostamenti veloci, alle connessioni ultra rapide? Potrebbe questa nostra società, civiltà, fare non un solo passo indietro, ma molto di più? Abbiamo inquinato i cieli con gli scarichi dannosi, abbiamo intasato i mari con rifiuti esagerati, abbiamo obbligato i terreni a culture ripetitive e fuori stagione, rendendoli aridi e quasi infruttuosi, abbiamo allevato tanti di quegli animali per sfamarci, da consumare molta più acqua di quanta ne avessimo a disposizione.
Abbiamo esagerato in tutto, anche se bastava, grazie alle nostre tecnologie, affacciarci un po’ più in là per vedere che a fronte della nostra ricchezza, c’erano zone del mondo che mostravano l’assoluta povertà. Loro senza acqua, senza case, senza lavoro ma con territori così ricchi che siamo andati a depredare. Imponendo la nostra forza e lasciandoli nella violenza, nella miseria. Dimenticando concetti di dignità, di visione del futuro. Perché anche quella ragazza di tanti anni fa invitava a riflettere, a non pensare solo ai guadagni dell’oggi, alla felicità apparente del breve periodo, ma a spostare lo sguardo più lontano, a prevedere la facile conclusione di una distruzione annunciata.
Ma non è semplice. Salvatore mi ha fatto un esempio: puoi chiedere ad un leone di diventare vegetariano? Il tempo necessario per permettere questa metamorfosi, non gli consentirebbe la sopravvivenza. E noi siamo così. Se vogliamo salvare la terra, forse siamo obbligati all’estinzione.
Ascolto come sempre le sue riflessioni che vanno lontano, che abbracciano territori più vasti, che usano lo sguardo aperto di una mente sveglia messa in piedi insieme ad un’anima che ha valori importanti che lo aiutano nelle riflessioni e soprattutto nei comportamenti.
Dopo queste lunghe riflessioni che nascono dall’ammirazione per chi prova a fare qualcosa e il timore per chi invece forse già sa che non si farà abbastanza per mettere un freno alla caduta libera che abbiamo intrapreso tanti anni fa, riporto tutti questi discorsi, tutta l’importanza di un Friday for future, alla quotidianità di vite che ricorderanno questo stesso giorno classificandolo come un indimenticabile per motivi ben diversi, ma per cause molto simili a quelle di cui sopra.
Cosa genera una vita senza amore? Dove porta un comportamento che non sa prevedere il futuro? Perché le persone che dovrebbero essere luce e fonte di gioia, diventano strumenti per ottenere vantaggi? E perché la volontà di comportarsi in tale maniera, deve essere coperta da maschere di disponibilità e di affetto? Ritrovo gli stessi sbagliati principi. Riconosco lo stesso modo di fare egoista, miserabile, di apparente rispetto delle regole, mentre quelle regole non sanno proprio rispettarle.
Non quelle della legge a cui ci si appella a proprio uso e consumo, ma le regole del vivere civile e affettivo. Un modo di vivere che dovrebbe partire da piccole basi su cui costruire tutto il resto. Se nel piccolo non sappiamo rispettare la famiglia, la persona che ci sta a fianco, come possiamo avere quella visione globale che dovrebbe culminare nel rispetto di ciò che non è solo nostro, non lo era e non lo sarà mai? Come puoi accettare di guardare ogni giorno l’essere più caro che si può avere al mondo e non vedere in lei una persona ma solo un oggetto da cui ottenere vantaggi? Come la si può ridurre al pari di un animale in gabbia? La realtà impone di risolvere la situazione seguendo la legge. Ma in che modo la legge mi cura lo strazio del cuore? In che modo mi protegge da quegli occhi, da quelle parole, da quegli abbracci che per anni ci sono stati negati? In che modo la legge prevede un risarcimento per quel buco nero, quel pozzo, quegli artigli che ogni volta ti afferrano, ti straziano, ti sbattono via, ti violentano e pretendono che tutto resti contenuto e compresso “in un comportamento civile” e sempre regolato dalle famose regole?
Ed è per questo che il piccolo ed il grande esempio si mescolano in questo giorno che sarà indimenticabile per il mondo, ma anche per noi piccoli numeri di una famiglia più grande. Non ci sono prospettive che possono dare speranze se il motore che spinge le nostre azioni è alimentato dall’egoismo, dall’avidità, dalla mancanza di un cuore. Sono anni che mi faccio sempre le stesse domande. Ogni volta che mi trovo davanti ad una realtà che in quel momento mi sembra la peggiore possibile, scopro che quel limite appena raggiunto è facilmente oltrepassabile. L’asticella, il traguardo dell’orrore si sposta sempre un passo più avanti, arriva in un territorio che non conosco e che tende trappole terribili, dentro le quali cadiamo senza difese. È questa la colpa e la condanna di chi non ha la capacità di prevedere la cattiveria che va “oltre”.
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