Una vita a foglietti

Gli occhi del cuore.

principeDedicato non solo a mia figlia, ma a tutti i suoi compagni d’avventura.

Avete mai provato la sensazione di scoprire quanto può essere bello guardare qualcosa che non state vedendo? Qualcosa che ti arriva prima dal cuore e poi prende forma, diventa immagine?

E’ stata una lunga telefonata ieri quella tra me e mia figlia. Come non succedeva da tempo. Ne conoscevo le preoccupazioni per altre conversazioni che aveva avuto con il papà, ma noi non ci eravamo ancora parlate. Non ero pronta. Ma il momento giusto arriva.

Come sempre mi racconta del suo studio, dei suoi lavori, del nuovo mondo che ha trovato e che la mette a volte in crisi. E io mi chiedo perché. E mentre lei parla di qualcosa che “sembra”  un problema, la interrompo: mi è venuto in mente il cappello del Principe. Lei sta guardando il cappello e si è dimenticata l’elefante! Non ci posso credere. Io lo cerco e lei si è distratta. Torno indietro, le chiedo di ripensarci, lei confessa che tra le tante cose che ha messo in valigia c’è per fortuna anche lui “Il Piccolo Principe”: e non è un caso. Le chiedo di rileggerlo, a distanza di quasi 20 anni dalla prima volta, sarà ancora lì che troverà delle risposte.

La chiacchierata con lei mi ha mostrato uno dei limiti della nostra scuola. Lei oggi ha difficoltà perché non le assegnano semplicemente un compito: traccia e svolgimento. Le chiedono di andare oltre, di interpretare ciò che vede. Studia la storia senza ripetere le battaglie ma parlando del perché. Guarda luoghi e le chiedono di scoprirne le ricchezze non solo i contorni. E i nostri ragazzi non sono abituati a tanta libertà.

E io penso al perché siamo pecore, perché si possono permettere di indirizzare i nostri pensieri e le nostre azioni. Noi, sia che critichiamo o che condividiamo, facciamo già parte di uno schema. Possiamo essere a destra, a sinistra o dovunque crediamo di voler andare, ma di fondo abbiamo sempre dei fili che ci muovono. Marionette non pensanti, o forse con finti pensieri.

L’ho pensato così, mentre lei mi parlava di quella libertà che l’ha spaventata e mentre io scoprivo quanto ci avessero tolto. Dalla scuola, dall’educazione, dalla cultura parte la nostra rivoluzione.

Più siamo in difficoltà, più restiamo imprigionati nel groviglio delle necessità. Noi non conosciamo il concetto di libertà perché non l’abbiamo vissuto. Anche nella nostra storia non sappiamo riconoscere la realtà. Noi etichettiamo il nostro passato: fascisti, partigiani, terroristi, vittime. Non guardiamo il perché di alcuni gesti, di alcune scelte. Studiamo libri che qualcuno ha scritto in un certo modo, dove le conclusioni sono sempre ovvie e ci si abitua a pascolare in un recinto di cui non ci fanno vedere lo steccato che lo limita. Ma c’è.

Ho chiesto a Camilla di non dimenticare la nostra telefonata, le ho chiesto di scriversi “un foglietto” perché ciò che a me era chiaro, per lei era ancora un panorama un po’ troppo lontano. Ma il suo sorrisetto, che ho visto senza vederla, il suo modo di ascoltarmi con quell’espressione che pure ho visto senza vedere, mi dimostra che abbiamo tolto un altro mattone dai suoi occhi. Un posticino da cui arriverà più luce, più chiarezza. E sono certa che ieri si è addormentata con il suo Principe, non azzurro, ma roseo. Come il futuro che mi auguro possa costruirsi. Non per il successo economico, ma per una libertà senza prezzo.

Riprendo la dedica iniziale… Quest’anno potrà segnare il vostro futuro se saprete coglierne tutte le ricchezze. Non sprecatelo. Voi tutti, Elena, Rita, Ludovica, Cristiano e tutti quelli che vorranno esserci. Trovatevi una sera, in una di quelle che passate insieme prima della partita, prima di uscire, dopo aver studiato e leggetevi queste righe e poi il Piccolo Principe. Fatevi un regalo, raccontatevi, abbiate cura di voi come fa lui con la sua rosa. Non si è mai soli quando si ha un cuore.

Giorni fa alcune parole mi avevano lusingata. Ieri la telefonata di  mia figlia mi ha resa felice.

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