Il dolore amico
Arrivano giorni così.
Arrivano e d’istinto vorresti solo scacciarli, ma non si può fare. Non si deve fare.
Questi giorni qui, quelli che tutti definirebbero “brutti”, sono i giorni della salvezza. Sono i giorni in cui la nostra anima grida, cerca spazio, cerca la sua dimensione, cerca di ricordarti che esiste.
Quel dolore che ti prende la bocca dello stomaco e il cuore, che ti toglie il respiro, che ti riempie gli occhi di lacrime e la gola di singhiozzi, quello stesso dolore che senti tremendo dentro di te, è il migliore amico che puoi avere.
È lui l’unico che ti dice la verità, che ancora alza la voce per raccontarti le cose come stanno, che pretende da te attenzione e che non ti permette di girare lo sguardo verso distrazioni che abbagliano, ma allo stesso tempo spengono il reale alito di vita che ci è stato donato e che rischiamo di sprecare.
Quando quel grido di dolore arriva alle mie orecchie, posso decidere di dare una mano per imbavagliarlo, o pretendere che sia liberato e che esploda con tutta la sua potenza.
Questo è il compito di chi ama: scegliere anche di far del male per arrivare a quel centro, a quell’essenza che giustifica la vita.
L’unica cosa per cui valga davvero la pena vivere: guardare, capire, conoscersi, accettarsi.
Ce ne sono tanti che accettano le scorciatoie, che decidono di seminare il cammino con finti successi che nascondono spesso ipocrisie e imbrogli, illudendosi che sia un modo di dimostrare di essere persone consapevoli e realizzate.
Mentono. Soprattutto a se stessi. E la menzogna gli mangerà quel dolore, lo annullerà, lo zittirà; e a quel punto saranno anime perse perché non avranno più voce.
In quest’ottica io dico: ben vengano le lacrime, la rabbia, il dolore e la delusione.
Se sapremo farle diventare l’ago della nostra bussola e non armi di distruzione, ben vengano.
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