Il tempo del silenzio
Sono diversi giorni che non scrivo, ma non per questo sono giorni senza emozioni. Anzi. Forse quello che è accaduto in questo periodo è la raccolta di una vita di esperienze, di scelte, di sofferenze. E soprattutto è un periodo di scoperte. Perché è bello scoprire che cosa significa essere un genitore, è bello sapere quanto costa una decisione, è bello rendersi conto di quanto ci sia bisogno della tua presenza. Tante cose sono belle, anche se tante volte si parla solo di brutte cose.
Per questo per un periodo ho preferito il silenzio. Ed avrei apprezzato che molte altre persone avessero preso questa decisione.
Se parliamo di politica, continuiamo ad ascoltare di promesse e tentativi di tappare buchi in una barca che però ti fanno sempre vedere pronta solo ad affondare; se parliamo di cronaca, non saprei da dove cominciare a elencare gli orrori e la follia di persone che compiono atti di inaudita e gratuita violenza e temere che, come spesso accade, la faranno franca.
Ne abbiamo parlato in altri momenti, ma il discorso si ripresenta uguale: ci sono generazioni di educatori che hanno completamente fallito il loro compito. Non c’è stata la capacità di far crescere dopo i grandi momenti storici di repressione, di sofferenze, di rinunce, dei nuovi giovani che sapessero imparare dal passato per costruire un futuro migliore. Abbiamo voluto che tutto diventasse possibile, abbiamo creato nelle loro teste sogni irrealizzabili, mostrando però scorciatoie per raggiungerli. Abbiamo fatto credere che il furbo prevale sull’onesto, che l’apparenza vale più dell’essenza, che le parole e non i fatti possono cambiare la realtà. Di fatto, abbiamo creato realtà parallele. C’è chi è dentro le cose del mondo e chi ne è completamente fuori: ma la cosa assurda è che oggi sono più dentro i “cattivi” che i “buoni”. Oggi si può affermare che in una rissa da stadio spari per difenderti, senza chiedersi perché vai allo stadio con la pistola. Si può dire ad un cronista che i depuratori non funzionano “oggi”, ma ieri erano a posto, a dispetto di mari inquinati e spiagge impraticabili. Puoi vedere la volante della polizia scappare a retromarcia di fronte ad un crimine verso l’ambiente, e poi ritrovarti ad essere messo in galera se ti prendi una mela per mangiare. Puoi essere ferito con rischio di perdere un occhio ed essere fermato dal vigile che guarda la scena per farti notare che puoi beneficiare del video delle telecamere di sorveglianza, ma non del suo intervento! Puoi sapere che tuo figlio ha quasi ammazzato un ragazzino colpevole di essere obeso e giustificarlo dicendo che era “uno scherzo senza malizia”, ma chissà cosa penseresti se la vittima dello scherzo fossi tu o “tuo” figlio. Puoi sapere che c’è una persona responsabile della morte di altri uomini, ma che viene reintegrato sul lavoro e invitato a presenziare lezioni universitarie (confesso di non sapere su quali materie!), come se lui potesse trasmettere esempi positivi ai giovani che l’ascoltano!
Ecco com’è il mondo capovolto. Noi sentiamo tanto, siamo ossessionati dalle notizie dall’esterno e poi non ci rendiamo conto che quel mondo che raccontano è il nostro mondo: perché noi lo riportiamo nelle nostre vite. Perché di fronte a quello che non ci piace, a quelli che vogliamo ritenere “colpevoli” di qualcosa nei nostri confronti o che semplicemente intralciano il nostro cammino, noi, in maniera troppo semplicistica, reagiamo con violenza. Quella che era la legge della giungla, quella che la civiltà avrebbe dovuto smantellare, cambiare, abolire, è ritornata di moda perché di fondo non è mai andata via dai nostri cuori. E la pianta del male risulta più difficile da sradicare. Ti chiede pazienza, impegno, costanza e noi di queste virtù, ne abbiamo ben poche.
Per questo a volte ci vorrebbe silenzio. Silenzio per ascoltare: non le parole, ma occhi che parlano; non le richieste, ma voglia di donare; non la rabbia che porta alla violenza, ma la certezza che le colpe di ognuno, saranno pagate in altra sede e non saremo noi a fare i giustizieri. Questo è il mondo che vorrei e so che vorrebbero tante altre persone: quelle che però hanno poca voce, quelle che restano sommerse da grida di violenza, di rabbia, di interessi.
Anche per questo dovremmo fare silenzio: per sentire quelle piccole preghiere quotidiane di chi vorrebbe vivere in pace, di chi vorrebbe mandare i figli in giro per il mondo senza temere che non facciano ritorno, di chi, semplicemente, vorrebbe vivere e non difendersi.
- Una sera da Lola
- Parole in libertà
Ciao Paola.. oggi questa sensazione l’ho avuta anch’io ,ascoltando il TG….ho voglia di silenzio……..molte parole vuote …….. troppi gesti violenti….Spero di incontrarci da Lolita domani per ascoltare i suoi silenzi…Ciao
Ci vedremo sicuramente stasera, in un posto dove parole e silenzio hanno lo stesso obiettivo