Il vuoto dei ricordi
Avete mai pensato quanto fa male non avere ricordi?
Per tutti arrivano i giorni dell’addio e io sono fra i tutti. Mi ritrovo in case che ospitano dolori, lacrime, ricordi, le stesse dove se ne creano di nuovi, di più freschi. Quelli che ti serviranno dopo, quando il chiacchiericcio sarà diminuito, le porte si richiuderanno e si resterà di nuovo in pochi. O forse soli.
In questi giorni mi sono cibata di queste scene. Ho guardato i ricordi che non dovranno essere i miei, ho raccolto gesti che non mi devono appartenere. Ma ne avevo bisogno. Perché nei ricordi ufficiali, quelli miei, personali, quelli che ti spettano di diritto, quelli che ti serviranno dopo, questi gesti non ci sono.
Non ho sentito quello strano rumore del trapano piccolo, che tenta di essere delicato senza poterci riuscire, mentre sigilla il coperchio di una bara. Non ho visto richiudere la fodera su un corpo immobile, non ho potuto lasciarci cadere dentro un oggetto che facesse compagnia nell’ultimo viaggio, non ho colto quel capo reclinato, forse stanco di fissare un soffitto che non aveva più colore.
Il nulla. In me, di quei momenti, c’è il vuoto. E non è un nastro cancellato, non è un rifiuto per non soffrire, no: semplicemente non è stata impressa nessuna pellicola. E so che ogni volta che mi troverò di fronte alla morte, quel buco nero mi avvolgerà di nuovo. Sempre, per sempre.
Non ci saranno racconti di altri che potranno scattare le foto che avrei fatto io. Non ci saranno emozioni che si potranno sostituire a un saluto che non è stato dato.
Ecco, se qualcuno vorrà sorridere di questa mia ulteriore ferita, potrà farlo liberamente. Gliela rendo, con la sincerità con cui la vivo, perché è la sola cosa che so fare, perché esiste e perché tante volte spero che parlare di quel buco nero mi farà illudere di poter vedere la luce. Ma non sarà così, non per quella parentesi di vita.
Una persona ci ha detto un giorno: “quello che vi è stato fatto non potrà essere ripagato dalla giustizia degli uomini”, ed io ne sono profondamente e amaramente convinta.
Nella vita costruiamo i nostri giorni aggiungendo pezzi su pezzi, come a definire il disegno migliore che possiamo concederci. Poi, quando inizia la discesa i pezzi si perdono e compaiono buchi che dovremmo sostituire con altre immagini. Se le abbiamo messe al posto giusto, possiamo sempre riaccarezzarle, ma se ci sono state strappate, è difficile rivedere un quadro finito: piuttosto diventa un labirinto dentro il quale perdersi.
E tutto questo diventa realtà e allo stesso tempo condanna.
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