Le otto montagne – Paolo Cognetti
Bello. La prima cosa che ho pensato quando ho cominciato a leggerlo, è stato che davvero ogni vita merita di essere raccontata.
Perché la storia del chimico Giovanni Guasti, di sua moglie che fa l’assistente sociale e del figlio Pietro, inizia come una comune famiglia con comuni abitudini. Poi però piccoli dettagli, i viaggi in montagna, le scalate, la ricerca di un luogo dove trascorrere tutta l’estate, cominciano a delineare un cammino particolare, partendo da un punto che vuole essere comune. Giovanni conosce un solo modo per sentirsi felice: vivere in montagna, ma non può farlo sempre. La moglie lo asseconda ma porta con sé un carattere completamente opposto a quello del marito: chiuso lui, sempre alla ricerca di persone da aiutare lei.
Un libro che con le giuste parole ha saputo raccontare grandi silenzi, ha saputo scoprire gli innumerevoli dettagli che fanno parte di un mondo “che definiamo natura”, ma che ha tanti nomi diversi per definire i particolari che contiene.
Noi, “uomini di città”, siamo troppo frettolosi per dedicare tempo alle rarità che ci circondano. Noi crediamo di essere furbi generalizzando tutto, comprimendo le cose come le parole in maniera sempre più estrema, per accorgerci poi che tra tutti questi tagli, abbiamo perso la vera essenza di ciò che cerchiamo di raccontare, ma che non conosciamo più.
Bello il cammino di una vita che non è mai una vita sola. Anche gli uomini solitari hanno qualcosa che vogliono raccontare e non usano lo stesso modo per farlo. Non tutti sono capaci di urlare o di correre verso la propria meta; alcuni hanno bisogno di camminare, di pesare ogni passo e sapere che l’impronta che avranno lasciato sarà comunque una guida per chi verrà dopo.
Pietro e Bruno sembrano diversi; il primo viene dalla città e alla città in qualche modo ritorna, il secondo è un montanaro, appartiene alla montagna e lì resta. Ma c’è qualcosa che li rende molto simili. Se per uno la montagna è vita da sempre, per l’altro la montagna è la scoperta della vita, la storia con i genitori, con quel padre che non aveva saputo parlargli con semplici parole, ma che aveva trovato, in quelle cime su cui lo portava, lo strumento per raccontare la sua storia di uomo e di padre. Perché l’amore sa assumere tante forme, prende contorni nuovi e non è detto che chi non ti parla non ti stia comunque raccontando qualcosa.
Questa è stata la scoperta di Pietro: trovare nel silenzio della montagna le risposte che per anni aveva creduto che il padre gli dovesse. E non si era accorto che in realtà le scalate che facevano insieme erano i suoi discorsi più lunghi, le confessioni di un amore profondo, che aveva cercato in tutti modi di condividere con quell’unico figlio.
Ma l’amore, quello vero e sincero non è mai egoista e Giovanni Guasti, pur non sapendo dichiarare il suo amore di padre, ha saputo trovare un nuovo figlio, Bruno, perché diventasse per Pietro il fratello che non aveva mai avuto e che col tempo gli avrebbe aperto le porte del cuore di un uomo solitario ma profondamente vero.
Perché la storia che si tramanda in Nepal delle otto montagne, racconta quel legame forte tra la cima che mettono al centro della terra con le otto montagne che si ottengono dai suoi raggi. Un’unione profonda, indissolubile.
Ci si può staccare dalle persone, ma si può continuare ad appartenergli per sempre.
- L’amore eterno di una madre
- Un foglietto per te…